Finanziamenti ingombranti
Le proteste contro Israele alla Columbia non si fermano nonostante l'ultimatum
L’accampamento si è trasformato in una occupazione: gli studenti in kefiah chiedono di tagliare ogni legame finanziario con le aziende che traggono beneficio dall’occupazione israeliana a Gaza. E i soldi da Doha e Riad?
Nel 2007 l’allora presidente dell’Iran Mahmoud Ahmadinejad fu invitato a parlare alla Columbia University di New York. Disse che l’Olocausto dovrebbe esser visto come una teoria, non come un evento storico. Qualche tempo dopo si scoprì che una fondazione che illegalmente comprava proprietà immobiliari negli Stati Uniti per conto dell’Iran aveva fatto diverse donazioni alla Columbia. Il presidente dell’università negò ogni legame tra i due eventi.
Quando Ahmadinejad visitò la Columbia 17 anni fa, centinaia di persone protestarono contro di lui. Negli stessi luoghi oggi ci sono le bandiere palestinesi e il “Gaza Solidarity Encampment”. Le proteste contro Israele alla Columbia University vanno avanti da settimane, così come nei campus di mezza America (fino a Parigi, a Sciences Po). Dopo l’ultimatum della presidente dell’università Minouche Shafik – o sgombrate o vi espelliamo – l’accampamento si è trasformato in una occupazione. Decine di manifestanti sono entrati in un edificio di Manhattan, barricandosi dentro e sventolando la bandiera della Palestina dalla finestra. Oltre il tanto utopistico cessate il fuoco, condito ogni tanto da qualche attacco antisemita – “tornate in Polonia!” – gli studenti in kefiah chiedono una cosa: tagliare ogni legame finanziario tra l’università e “le aziende e i privati che traggono beneficio dall’occupazione israeliana a Gaza”.
Ma lo sanno questi studenti che la stessa Columbia potrebbe aver ricevuto diversi milioni di dollari da parte di paesi stranieri non proprio liberali o democratici, come il Qatar? Lo stesso Qatar che, da quando Hamas ha preso il controllo della Striscia di Gaza, sarebbe tra i principali finanziatori del gruppo terroristico responsabile della strage del 7 ottobre, con oltre 1,8 miliardi di dollari inviati negli ultimi anni. Solo nel 2018 sarebbero arrivate valigette degli emiri piene di contanti per 15 milioni ai terroristi palestinesi. Il Qatar poi è stato un porto sicuro dove rifugiarsi, nel lusso, per i leader di Hamas.
La Columbia avrebbe anche ricevuto diversi fondi da parte dell’Arabia Saudita. Una commissione del Congresso americano ha chiesto all’università di rilasciare i documenti per capire quanti soldi sono arrivati dalle dittature mediorientali, visto che, per esempio nel caso del Qatar, i fondi erogati passano tramite una fondazione che non ha un obbligo di trasparenza.
La Columbia non è l’unica tra i college d’élite d’America ad aver ricevuto fondi dagli emiri. Il Qatar risulta il più grande donatore straniero alle università americane con oltre 5 miliardi di dollari dal 1986, con una notevole concentrazione di “regali” nell’ultimo decennio. Negli ultimi anni la Cornell ha ricevuto 1 miliardo e mezzo, la Carnegie Mellon 301 milioni, la Virginia Commonwealth University 125, Georgetown 210. Harvard, dove la presidente si è dimessa proprio per il clima antisemita, dal 2020 ha ricevuto dal Qatar oltre 8 milioni. In certi casi i soldi sono stati in parte spesi per costruire succursali nel Golfo persico. La Texas A&M a febbraio ha deciso di chiudere il proprio campus satellite a Doha, per motivi di “instabilità regionale”.
Il piccolo Qatar, terza riserva di gas naturale del mondo, è diventato un alleato importante degli Stati Uniti dopo una forte campagna di lobbismo da parte della famiglia al Thani. In cambio dei dollari, gli sceicchi hanno cercato di dotarsi di un apparato di scolarizzazione superiore per elevarsi – così come fanno con i musei, comprando il brand Louvre – ma secondo alcuni, dietro ai soldi c’è anche il tentativo di influenzare gli studenti per far cambiare atteggiamento, verso di loro e verso Israele. Secondo uno studio di due anni fa l’Institute for the Study of Global Antisemitism and Policy ha registrato che nelle università dove erano avvenute donazioni da parte di paesi musulmani la retorica antisemita, in classe e fuori, è aumentata. In alcuni dipartimenti sarebbero state fatte delle pressioni per silenziare alcuni accademici, per portare a una progressiva “erosione dei valori democratici”. Alcuni dicono che alla Columbia il Centro di studi mediorientali sia da anni radicalizzato.
L’assenza di presa di distanza degli studenti da nazioni che finanziano i terroristi, oltre a un misto tra naïveté e modaiola presa di posizione antisraeliana, secondo alcuni è il frutto di questa influenza. Il posizionamento sui fondi di molti dei manifestanti che oggi occupano la Columbia spiega quali siano le priorità di questa minoranza rumorosa: democrazie laiche no, dittature con la sharia sì.