Il 2 maggio
Il grande test elettorale inglese, cosa serve guardare
Londra si è svegliata con un attacco con una spada e ha risentito la paura. Le elezioni nella capitale, i due sindaci che i Tory sperano di tenere e il numero 500 che fa tremare il premier Sunak, in modalità "governare i danni". Il laburista Keir Starmer vuole tutto, tranne essere "l'inevitabile"
Londra si è svegliata ieri mattina con un attacco fuori dalla stazione della metropolitana di Hainault, nel nord-est della capitale britannica: un uomo con una felpa gialla si aggirava con una spada in mano, accoltellando chi gli capitava a tiro: ha ucciso un ragazzo di 14 anni, ci sono altri quattro feriti di cui due poliziotti in gravi condizioni. Nessun movente terroristico, hanno detto le autorità, ma una grande tragedia.
L’attacco ha risvegliato antiche paure alla vigilia delle elezioni locali che si terranno il 2 maggio, il primo enorme test del nuovo che arriva, come si dice: il Labour di Keir Starmer.
Il sindaco di Londra, il laburista Sadiq Khan, è dato per vincitore nei sondaggi, anche se la sua popolarità personale non è alta e i suoi otto anni di mandato si sono via via stropicciati soprattutto per quel che riguarda la gigantesca zona a pedaggio che ha voluto per migliorare l’ambiente della capitale: la sua sfidante, Sarah Hall, è stata poco incisiva (eufemismo) ed è riuscita a fare una rissa tra donne con l’ex premier conservatrice Theresa May che voleva aiutarla nella campagna elettorale. Ha però dalla sua lo scontento nei confronti di Khan e, se dovesse fare l’impensabile, cioè battere l’attuale sindaco, si trasformerebbe da opaca candidata in àncora di salvezza del Partito conservatore e del premier, Rishi Sunak. Il quale da mesi fa calcoli alla rovescia: non dove i Tory possono vincere, ma dove possono cercare di non perdere.
I suoi obiettivi sono altre due elezioni per il sindaco, nella Tees Valley (nord-est dell’Inghilterra) e nelle West Midlands, che sono la seconda circoscrizione più popolosa dopo Londra: i due attuali sindaci conservatori, Ben Houchen e Andy Street, sono tallonati dagli sfidanti laburisti, che se dovessero farcela segnalerebbero uno spostamento di voti da destra a sinistra di quelli di cui si discute per mesi – in generale confermerebbero che questo è l’anno del Labour. Ai Tory basterebbe tenerne uno su due per scongiurare il disastro, e così negli ultimi giorni gli istituti di sondaggi si sono divertiti a torturare Sunak, con oscillazioni di voto che un momento lo fanno gioire e quello dopo disperare.
Gioire forse è un termine esagerato: il premier è in versione “governare i danni”. Lo sono anche molti candidati Tory nelle tantissime elezioni previste – tra sindaci, consigli comunali e altre cariche elettive, i conservatori devono difendere 899 incarichi, il Labour 933 e i Libdem 405 – che hanno deciso di fare campagna senza mai citare il premier. In alcuni casi, come quello del sindaco Street, la dichiarazione: se perdo, la responsabilità non sarà di Sunak, può suonare per il governo come un sollievo. Ma vale ovviamente anche il contrario, nel caso Street rimanesse al suo posto. Le prese di distanze esistono, così come le solite voci di trame pronte ai danni di Sunak: il numero stabilito è 500. Se i Tory perdono questo numero di incarichi che hanno oggi, sarà la catastrofe e la mozione di sfiducia è già pronta: i “cospirazionisti” punterebbero su Penny Mordaunt, che già si era candidata alla leadership dei Tory, ma che cerca di allontanare queste voci di ribellione perché il suo seggio parlamentare sarà in bilico alle elezioni generali, e pensa che partecipare a un altro scontro interno ai Tory non sarebbe per lei un vantaggio. Perché appunto le elezioni locali sono l’assaggio del piatto forte dell’anno: la data delle elezioni nazionali non è ancora stata decisa, Sunak aspetta di vedere cosa accade il 2 maggio, le alternative sono correre alle urne e levarsi il pensiero a luglio oppure aspettare l’autunno (tra ottobre e novembre). Anche questo tatticismo è oggetto di molte critiche, ma di nuovo: il premier deve fare calcoli alla rovescia.
Il Labour intanto si gode il momento, senza esagerare: si sa che le cosiddette vittorie “inevitabili” possono risultare disgraziate – Hillary Clinton ce la ricordiamo tutti. Starmer gioca al centro, dice di aver ricostruito un nuovo Labour, non ha paura di essere d’accordo con il governo dove serve – sulla difesa dell’Ucraina, per esempio, c’è la corsa a chi manda più armi e sostegno, in questo il Regno Unito è davvero fuori dall’Europa – e di contrastarlo in modo duro tutto il resto del tempo, proponendo una nuova visione moderata e progressista per il suo partito. Gli basta star fermo, insomma, fingendo di non essere l’inevitabile.