In Europa
Von der Leyen lascia cadere il veto agli antieuropei: sì all'Ecr
La presidente della Commissione europea ha aperto alla collaborazione con i sovranisti, violando la promessa di lavorare solo con chi è pro Ucraina, pro democrazia e pro Europa. Una sbandata a destra che ora potrebbe costarle il suo secondo mandato
Bruxelles. Il primo dibattito tra Spitzenkandidat in vista delle elezioni europee del 6-9 giugno si è fatto notare soprattutto per la noia e il poco interesse suscitato, tranne per alcuni secondi, quando Ursula von der Leyen, candidata del Partito popolare europeo per un secondo mandato come presidente della Commissione, si è lasciata sfuggire quella che può trasformarsi in una bomba politica per lei e per l’Unione europea. Messa sotto pressione, per la prima volta dall’inizio della campagna elettorale, von der Leyen ha aperto le porte a una cooperazione con il gruppo sovranista dei Conservatori e riformisti europei (Ecr), non solo le sue componenti considerate più pragmatiche come Fratelli d’Italia, ma anche i partiti dell’estrema destra nazionalista infrequentabili. “È pronta a collaborare con gli spagnoli di Vox, i francesi di Reconquete! e i polacchi del PiS?”, ha chiesto il candidato dei Verdi, Bas Eickhout. Von der Leyen ha cercato di parlare d’altro. Poi la moderatrice ha insistito: “La domanda è se è aperta alla cooperazione con l’Ecr nella prossima legislatura”. “Dipende molto da come è la composizione del Parlamento e da chi è in quale gruppo”, ha risposto von der Leyen. Gelo nella sala. La presidente della Commissione ha rotto il cordone sanitario che da sempre circonda le destre estreme nell’Ue. Ha anche violato la promessa di lavorare solo con chi è pro Ucraina, pro democrazia e pro Europa. Il leader di Vox, Sebastian Abascal, è un nostalgico franchista. Quello di Reconquete!, Eric Zemmour, è un ammiratore di Vladimir Putin. Il governo del PiS è stato sanzionato dalla Commissione per le violazioni sistemiche dello stato di diritto. La sbandata a destra di von der Leyen e del suo Ppe potrebbe costarle il posto.
Von der Leyen aveva sempre escluso di cooperare con l’estrema destra del gruppo Identità e democrazia, di cui fanno parte la Lega, il Rassemblement National e Alternativa per la Germania. Ma, fino a lunedì, von der Leyen aveva anche lasciato intendere che non sarebbe entrata in una coalizione con il gruppo Ecr, salvo alcuni partiti (o leader) nazionali. L’espediente del “Meloni ‘sì’, gli altri dell’Ecr ‘no’”, tutto sommato, è accettabile per socialisti e liberali, gli altri gruppi che hanno formato la “coalizione Ursula” in questa legislatura. Era già accaduto nel 2019, quando von der Leyen ottenne la fiducia al Parlamento europeo grazie ai voti del PiS polacco, allora al governo a Varsavia. Allargare la maggioranza all’Ecr o cooperare con i sovranisti è una “linea rossa” per i liberali di Renew, ha avvertito alcune settimane fa la loro presidente, Valérie Hayer. “Chiaramente questa non è la strada”, ha reagito ieri la capogruppo dei socialisti, Iratxe Garcia Perez: “L’Europa deve fermare coloro che vogliono distruggere le nostre democrazie. Non fare patti coi loro!”.
Per il resto, gli otto candidati sul palco di un’università a Maastricht non hanno attirato le folle. Nemmeno su YouTube, dove il picco di ascolto in diretta è stato di meno di tremila utenti. Co-organizzato da Politico.eu, il dibattito non ha sfondato nemmeno nella “bolla” dell’Ue. Il processo degli Spitzenkandidat è una farsa, abbandonata dopo il primo esperimento nel 2014 con Jean-Claude Juncker. Il candidato dei socialisti, il commissario lussemburghese Nicola Schmit, è stato politicamente assente. Il vincitore finale è stato Eickhout, lo Spitzenkandidat dei Verdi, che giocava in casa nei suoi Paesi Bassi, ha avuto le simpatie del giovane pubblico e si è dimostrato pungente ed efficace nel criticare l’estrema destra e von der Leyen. Vestita d’oro, la candidata del Ppe si è trovata più volte in difficoltà, soprattutto quando è stata costretta a uscire dai “bullet point” con le frasi chiave che usa regolarmente nei suoi discorsi. Il merito del dibattito di Maastricht è stato di far emergere la vera von der Leyen: una centrista per opportunismo nel primo mandato, che non è in grado di difendere il suo bilancio, perché ha deciso di virare improvvisamente molto a destra.