intimidazioni e minacce

Così Pechino cerca di silenziare il “maestro Li”. L'intelligence cinese agisce anche in Italia

Giulia Pompili

La repressione transnazionale del Dragone è arrivata a Milano. I dettagli per la prima volta rivelati dal diretto interessato

Dopo un’intervista con il Foglio del giugno del 2023, nella quale il “maestro Li” aveva denunciato alcune modalità con cui qualcuno cercava di risalire al suo indirizzo di casa, le forze dell’ordine italiane, preoccupate per la sua sicurezza, lo avevano invitato a un incontro. Pseudonimo online del pittore Li Ying, cittadino cinese che vive a Milano, il maestro Li è conosciuto su X come @whyyoutouzhele, un profilo da quasi un milione e mezzo di follower diventato molto importante e popolare perché da qualche anno è una delle pochissime fonti d’informazione indipendente dalla Cina. A quell’incontro con la polizia Li era andato insieme a Laura Harth della ong spagnola Safeguard Defenders e a un conoscente, che qualche mese dopo, tornato in Cina per una visita ai familiari, è stato arrestato dal ministero della Sicurezza cinese per venti giorni: gli interrogatori a cui è stato sottoposto riguardavano le attività di Li a Milano e i funzionari cinesi hanno fatto intendere di sapere tutto dell’appuntamento con le forze dell’ordine italiane, comprese le generalità dei presenti e i temi di discussione.

A raccontare questa storia per la prima volta è lo stesso Li Ying, che ieri ha deciso di “rivelare in tutti i dettagli la repressione transnazionale esercitata dalle autorità della Repubblica popolare cinese e dai loro delegati in Italia contro di me”, ha scritto su X. Repressioni e intimidazioni che riguardano non solo lui ma anche i suoi genitori in Cina: quasi ogni giorno ricevono la visita a sorpresa delle autorità di sicurezza cinesi, che minacciano di bloccargli le pensioni se il loro figlio che vive a Milano non chiude i suoi account online. “Adesso hanno iniziato anche a diffondere immagini pornografiche false dei miei genitori”. Gli attacchi sono continui, ma la repressione cinese non è solo online. Nel suo messaggio pubblicato sul sito di Safeguard Defenders, il maestro Li dice che “questo è il prezzo inevitabile dell’essere un dissidente cinese che lotta per la libertà di parola e di stampa del popolo cinese”, e di voler essere d’esempio per tutti quei cittadini cinesi che vorrebbero parlare, ma che hanno paura.

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  • Giulia Pompili
  • È nata il 4 luglio. Giornalista del Foglio da più di un decennio, scrive soprattutto di Asia orientale, di Giappone e Coree, di Cina e dei suoi rapporti con il resto del mondo, ma anche di sicurezza, Difesa e politica internazionale. È autrice della newsletter settimanale Katane, la prima in italiano sull’area dell’Indo-Pacifico, e ha scritto tre libri: "Sotto lo stesso cielo. Giappone, Taiwan e Corea, i rivali di Pechino che stanno facendo grande l'Asia", “Al cuore dell’Italia. Come Russia e Cina stanno cercando di conquistare il paese” con Valerio Valentini (entrambi per Mondadori), e “Belli da morire. Il lato oscuro del K-pop” (Rizzoli Lizard). È terzo dan di kendo.