paradosso in Africa
In Niger russi e americani costretti nella stessa base, da nemici
A Niamey la Base 101 ospita sia i consulenti militari di Mosca sia i soldati degli Stati Uniti. La giunta militare intanto tratta con l'Iran per vendere centinaia di tonnellate di uranio
C’è un luogo in Africa in cui soldati americani e russi convivono sotto lo stesso tetto, da nemici si intende. Questo luogo è la Base 101 di Niamey, in Niger, che insieme alla base 201 di Agadez è stata per anni il punto di partenza delle missioni congiunte condotte da americani e nigerini contro i terroristi islamici. Un’alleanza che è durata fino a quando la giunta golpista, due mesi fa, non ha chiesto agli Stati Uniti di lasciare il paese. Al loro posto i nigerini hanno detto di preferire i russi, che infatti sono arrivati nelle scorse settimane a Niamey e hanno installato il proprio quartier generale proprio nella Base 101, la stessa che ospita ancora quasi un migliaio di soldati americani. Per Washington, la questione non è solamente di imbarazzo, considerato lo scenario mondiale che vede Stati Uniti e Russia contrapposte dall’Ucraina all’Africa. C’è anche un problema tattico, perché secondo una fonte anonima sentita da Reuters non è chiaro quali armi e mezzi militari americani siano ancora nella base di Niamey, sotto gli occhi degli istruttori russi.
Lloyd Austin, segretario alla Difesa di Washington, ha tentato di ridimensionare i fatti, ricordando che “i russi alloggiano in un hangar separato e non hanno accesso al nostro personale e ai nostri equipaggiamenti. Non vedo un problema in merito alla protezione delle nostre forze”. Il problema invece forse c’è, dato che le immagini satellitari mostrano come la distanza fra un hangar e un altro alla Base 101, che si trova a ridosso dell’aeroporto internazionale Diori Hamani, è di appena qualche decina di metri. Gli americani sono presenti con il 323esimo Squadrone di riconoscimento aereo, che schiera soprattutto droni MQ-9 Reapers, usati per coadiuvare le forze armate nigerine contro lo Stato islamico e Jama’at Nusrat al Islam wal Muslimeen, affiliata di al Qaida. Per tentare di porre fine a una situazione che ha del paradossale, sempre secondo Reuters, in questi giorni il Pentagono avrebbe inviato un generale a Niamey con il compito di organizzare una ritirata ordinata e soprattutto rapida.
La rottura delle relazioni fra americani e giunta golpista nigerina è arrivata lo scorso marzo, dopo una riunione a Niamey in cui gli Stati Uniti avevano tentato di convincere i loro partner a mantenere le distanze dai russi. Solo che i precedenti del Mali, del Burkina Faso e adesso anche quello del Ciad – da dove gli americani hanno ritirato tre giorni fa un centinaio di soldati su richiesta del governo locale – dimostrano che le nuove autorità golpiste accettano mal volentieri gli ultimatum degli occidentali. Oggi sono russi e iraniani a essere riusciti a fare breccia fra le nuove élite che hanno preso il potere nella regione.
In ballo non ci sono solo questioni militari e di controterrorismo, ma anche economiche. Il 17 marzo scorso, subito dopo il vertice fallimentare fra americani e golpisti nigerini che prefigurò la rottura della cooperazione militare, il Wall Street Journal pubblicò uno scoop in cui rivelava come alla base della crisi non ci fosse solamente il corteggiamento di Mosca, ma anche la decisione del Niger di vendere una ricca partita di uranio all’Iran. La trattativa segreta sarebbe iniziata a gennaio, con una visita fatta a Teheran dal premier nigerino Ali Mahaman Lamine Zeine, che aveva incontrato il presidente iraniano Ebrahim Raisi. Due giorni fa, Africa Intelligence ha rivelato nuovi dettagli dell’accordo, che prevede uno scambio di 300 tonnellate di uranio concentrato in cambio di droni e piccole armi anti aeree. Il Niger è il sesto produttore al mondo di uranio e si stima che nelle miniere di Arlit, oltre mille chilometri a nord della capitale, si trovino ancora circa 700 tonnellate di riserve. Da parte sua, l’Iran è interessato all’uranio per il suo programma nucleare. Anche così si spiega la politica di avvicinamento di Teheran al continente africano, da dove importa soprattutto fosfati usati proprio per estrarre il metallo.
Nel caso nigerino, l’unico ostacolo per concludere la transazione sarebbe di natura logistica, perché trasportare 300 tonnellate di uranio non è semplice. Secondo l’intelligence americana, Teheran dovrebbe avvalersi di un ponte aereo, ma nel frattempo sta cercando in extremis di fare fallire la trattativa con l’Iran. Secondo Africa Intelligence, Washington si sarebbe persino offerta di trovare un compratore alternativo – il Canada – a cui offrire le riserve di uranio, ma per ora Niamey sembra resistere alle controfferte di Washington che ora si prepara al ritiro delle ultime centinaia di soldati dal paese, finito nelle mani dell’asse russo-iraniano.