le storie
Come se non ci fosse domani. Ecco com'è la vita in Ucraina durante la guerra di Putin
Un gruppo di giornalisti ucraini ci ha raccontato alcuni frammenti della quotidianità in questi anni di guerra. Le canzoni d’amore, il potere di una manicure, un biglietto aereo e il momento in cui fare tutto
Un gruppo di giornalisti ucraini è venuto a trovarci al Foglio. Abbiamo chiacchierato, raccontato quel che facciamo e alla fine gli abbiamo chiesto di raccontarci la loro vita quotidiana in Ucraina. Hanno risposto subito, contenti – e li ringraziamo molto per questo: ecco gli articoli che ci hanno mandato.
I biglietti per il teatro
La guerra con la Russia, che dura da dieci anni, ha cambiato radicalmente la mentalità degli ucraini, sia a livello personale sia come società. Dopo l’invasione su larga scala nel febbraio del 2022, questo processo si è accelerato ancora di più. Siamo diventati più empatici e attenti gli uni agli altri, molto più uniti come nazione. Abbiamo imparato a vivere, veloci e brillanti, come se non ci fosse un domani. Purtroppo non è un’esagerazione. Perché domani la tua casa può essere distrutta dai russi, puoi perdere i tuoi cari o i tuoi amici. Così, abbiamo fretta di vivere l’oggi come se fosse il nostro ultimo giorno. Compriamo i biglietti per il teatro con qualche mese di anticipo – tante sentono il bisogno di provare emozioni dal vivo. E prima dell’inizio dello spettacolo controlliamo dove si trova il rifugio antiaereo più vicino. Ascoltiamo un sacco di cantanti nuovi, appena spuntati, che cantano l’amore e non soltanto la guerra. I cinema sono pieni di persone che pregano che il film finisca prima che partano le sirene. I nostri figli non giocano più ai giochi di guerra – c’è già abbastanza guerra nella loro vita reale.
Ma se succede qualcosa, siamo di nuovo diversi. Prima controlliamo come stanno i nostri parenti e amici, poi cerchiamo di aiutare chi ha subìto un bombardamento. Se nel tuo quartiere viene distrutta una caffetteria, sono in molti a dare subito una mano. E quando il negozio viene riaperto, molte persone, anche dalle zone più remote della città, vengono a trovarci non tanto per il caffè, quanto per sostenere finanziariamente un’attività così coraggiosa. E infine, ma non per questo meno importante: nelle chat le persone discutono su cosa indossare prima di andare a letto, forse invece del pigiama sarebbe meglio indossare dei bei vestiti? Perché se succede qualcosa, vogliono che i soccorritori li vedano in ordine e carini. Mi piacerebbe che una cosa del genere fosse solo uno scherzo. Ahimè, è la nostra amara realtà. Ma con compatrioti così grandemente spirituali non c’è possibilità di non vincere questa guerra crudele.
Anatoliy Yerema
Le poesie nel rifugio e i libri ucraini
Da quando l’Ucraina ha ripristinato l’indipendenza nel 1991, la Russia ha largamente dominato il mercato dei libri, utilizzando gli ucraini come pubblico per vendere la propria letteratura (nel 2017, il mercato totale dei libri russi ha raggiunto il 75 per cento). Tuttavia, dopo la Rivoluzione della dignità, un numero maggiore di ucraini ha iniziato a esplorare la propria identità e a mostrare interesse per la letteratura ucraina. Questa tendenza si è intensificata dopo l’invasione su larga scala. Nonostante l’esercito russo abbia distrutto 131 biblioteche pubbliche in Ucraina, ne abbia danneggiate quasi 750 e abbia bruciato o distrutto quasi tutte le loro collezioni, gli ucraini continuano non soltanto a preservare ma anche a sviluppare il mercato dei libri e la scena letteraria. Soltanto a Kyiv l’anno scorso ci sono stati due nuovi festival letterari e sono state aperte 13 librerie. Si stanno aprendo librerie in città che subiscono orribili bombardamenti: a Kharkiv, Dnipro e Irpin si organizzano letture di poesie nei rifugi. Per la prima volta dopo anni di indipendenza, gli ucraini acquistano il maggior numero di libri di autori ucraini. Il 2023 è diventato un anno record per il numero di traduzioni di libri ucraini pubblicati all’estero. In particolare, in Italia sono stati tradotti il romanzo “La città” del classico del modernismo Valerian Pidmohylny e “Canto della foresta” di Lesja Ukrainka; “Ucraina. Alle radici della guerra” di Giovanni Catelli è stato pubblicato di recente. Tuttavia, poiché numerosi scrittori sono stati costretti a difendere le loro case e le loro famiglie, non hanno potuto scrivere i loro nuovi, importanti romanzi. Altri si sono trovati nell’impossibilità di scrivere narrativa letteraria in tempo di guerra. Tragicamente, scrittori eccezionali come Victoria Amelina, Maksym Kryvtsov e Volodymyr Vakulenko sono stati uccisi dai russi: le loro voci sono state messe a tacere per sempre.
Oksana Khmelyovska
I gioielli per andare a dormire
Le donne ucraine discutono tra loro su come vestirsi prima di andare a letto. Perché se ci sarà un bombardamento notturno e di conseguenza ci si ritroverà sotto le macerie, è bene essere vestite con qualcosa di caldo e comodo che aiuti a non morire congelate mentre si aspetta la squadra di soccorso. E si mettono anche gioielli che siano facilmente riconoscibili.
Oleksandra Horchynska
L’aeroporto più lontano
A Kyiv ci sono due aeroporti. Uno si trova quasi nel centro della città, si chiama Zhuliany. L’altro, Boryspil, si trova fuori città, a circa un’ora di treno. Quando compravo dei biglietti prima dell’invasione su larga scala, e l’unica opzione era l’aeroporto più lontano, mi sentivo piuttosto frustrata: allora pensavo che il tragitto verso l’aeroporto non potesse richiedere più tempo del volo stesso. Dopo il 24 febbraio 2022, ci metto almeno 18 ore per raggiungere l’aeroporto più vicino. Devo prendere un treno o un autobus e passare diverse ore, nella migliore delle ipotesi, al confine. A causa dei missili russi, lo spazio aereo in Ucraina è chiuso.
Una mattina l’Ucraina vincerà, lo spazio aereo sarà aperto e io mi sveglierò felice di avere la possibilità di volare da Boryspil.
Alina Poliakova
Le decisioni rimandate
Finché non finisce la guerra, siamo fuori dal futuro. Ogni volta che cerco di pensare a cosa farò tra cinque anni, è come se inciampassi contro un muro di vetro. Non siamo in grado di prevedere cosa succederà tra una settimana, quindi bisogna rimandare le proprie decisioni di vita. Avere un figlio? Comprare un appartamento? Avviare un’attività in proprio? No, è solo la sopravvivenza quotidiana che siamo in grado di pianificare. I media ucraini sono pieni di storie di persone che hanno perso i loro cari, le loro case o le loro proprietà in una sola notte. La notte in cui, seduti in cantina, ascoltavano gli spari della difesa aerea, i missili o i droni colpiti a poca distanza. E durante queste notti, come ce ne sono tante, si capisce non solo quanto sia fragile la propria vita, ma anche cosa si è perso dopo l’invasione russa su larga scala. E’ la certezza che manca a tutti noi.
Michail Shtekel
L’acqua un giorno soltanto
Di recente ho incontrato per un caffè un collega, un fotografo di guerra rumeno, che non vedevo da oltre un anno. Avevamo appena ordinato in un bar del centro di Kyiv. “Ora ci troviamo nel posto più sicuro dell’Ucraina”, ha detto il mio collega. Io abito molto vicino al centro, ma non sono pronta a riportare mio figlio di quattro anni dall’estero, gli ho detto. Mi ha risposto che qui difficilmente può succedere qualcosa. In quel momento c’è stata un’esplosione, poi un sistema di difesa aerea si è alzato in volo e ha lasciato due strisce bianche nel cielo. Poi è partita la sirena del raid aereo. La vetrina della caffetteria è stata chiusa immediatamente. “Forse il caffè lo prendete la prossima volta?”, ci ha gridato il barista mentre correva verso il rifugio antiaereo. Siamo rimasti per un attimo in strada, perché avevamo capito che il bombardamento di razzi era già avvenuto. In pochi minuti al mio collega è arrivata la notizia che un missile aveva colpito la scuola d’Arte di Kyiv.
Durante l’inverno, sono stata in missione a Kostiantynivka. Questa città si trova a trenta chilometri dalla linea di contatto. Vivevamo in una casa privata e a volte andavamo a raccontare il fronte stando in trincea. Durante gli otto giorni in cui siamo rimasti in quella casa, il riscaldamento e l’elettricità hanno funzionato per quattro giorni e l’acqua per un solo giorno. Abbiamo raccolto la neve fuori in un secchio per lavarci in bagno. Ma la neve non si scioglieva in casa. Così abbiamo dovuto versare la neve nel bagno.
Inna Varenytsia
Partorire a Kyiv
Il 28 marzo alle 19.42 la mia amica Liza, violinista di talento e professionista, ha dato alla luce il suo secondo figlio in un ospedale di Kyiv. Il parto è andato bene ed è nata una bambina di nome Kira. Poi Liza e sua figlia sono state sistemate in una stanza al quinto piano. Alle 2 del mattino, a Kyiv ha iniziato a suonare un allarme aereo. Tutte le madri con bambini sono scese nel rifugio nel seminterrato – a piedi, perché l’ascensore, secondo le regole di questo ospedale, non poteva essere usato durante un raid aereo. Liza ha portato in braccio la sua bambina, che aveva solo poche ore, ha sceso le scale dal quinto piano al seminterrato. Lì è rimasta seduta su una sedia con la bambina in braccio fino alle 6 del mattino, quando l’allarme aereo è finito. A quel punto sono tornate nella loro stanza.
La mattina dopo sono andata da loro con dei fiori. Fuori splendeva il sole, i caffè erano aperti, la gente andava al lavoro. Liza mi ha raccontato del raid aereo e della sua notte insonne. Ho scherzato sul fatto che la bambina avrebbe potuto chiamarsi Sirena invece che Kira. Ma era uno scherzo, naturalmente, e la guerra non lo è. Purtroppo fa parte della nostra vita quotidiana.
Kristina Berdynskykh
I volontari della bellezza
Durante un blackout, visito il salone situato nel seminterrato, che è anche un rifugio improvvisato per gli eventuali bombardamenti. Qui la manicure viene terminata a lume di candela, le clienti parlano con le estetiste dei razzi che hanno visto volare durante i bombardamenti del mattino. Dopo l’invasione su larga scala, la beauty routine è diventata qualcosa di più di un semplice rituale. E’ un modo per controllare almeno lo stato delle unghie nel caos della guerra.
A Kyiv ho incontrato una squadra di volontari della bellezza – questo è il nome di un gruppo di maestri dell’industria della bellezza che si sono uniti per un obiettivo apparentemente non ovvio. Forniscono servizi gratuiti ai residenti delle regioni sopravvissute all’occupazione russa. Nelle città e nei villaggi bombardati, fanno massaggi, manicure, trucco, e altro. L’idea è venuta a Olga Belytska, capo truccatrice del marchio francese Guerlain, madre in congedo di maternità, donna energica con un modo di parlare e di agire rapido. Dice: “Volevo aiutare le persone sopravvissute all’occupazione. Ma come? So fare delle belle sopracciglia. Ho chiesto alle mie colleghe che fanno tagli di capelli e manicure se erano pronte a partecipare. All’inizio mi vergognavo di postare la mia idea sui social network, avevo paura di una reazione ostile: le persone non hanno una casa, hanno seppellito i loro parenti, e tu vai a fargli le sopracciglia. Dopo i primi viaggi, tornavamo stremati dal dolore umano. E’ importante ascoltare e consolare. Molte di queste persone non andranno mai da uno psicologo, noi siamo i loro psicologi. Questa è una specie di terapia: alleviare l’ansia sia attraverso le procedure sia attraverso la comunicazione con il maestro”. La cura di sé aiuta i sopravvissuti a riprendersi.
Yaroslava Tymoshchuk
“Non è questo il momento”
Che cosa vuol dire “non è questo il momento” durante una guerra? E’ una domanda che mi pongo ogni mattina quando penso a ciò che dovrei fare immediatamente, perché potrebbe essere annunciato un allarme aereo o potrebbe iniziare un attacco, a ciò che può aspettare fino al prossimo allarme e a ciò che è del tutto inappropriato fare ora. Per questo ho chiesto a Bohdan Zhuk, cofondatore e direttore del Sunny Bunny Queer Film Festival, se sia opportuno organizzare un festival del genere durante la guerra. “Certo, ‘non è il momento’. E’ la prima cosa che si sente dire da molte persone: non è il momento per gli eventi culturali, non è il momento per qualsiasi tipo di celebrazione, figuriamoci per il cinema Lgbtq”, dice Bohdan ridendo. Aggiunge poi serio: “Il festival è puntuale perché i diritti umani sono sempre puntuali, soprattutto durante una guerra su larga scala, quando i nostri diritti sono in qualche modo limitati. I diritti delle persone Lgbtq+ per i quali stiamo lottando, e per i quali stiamo organizzando il festival, non sono diritti speciali. Se queste persone non hanno pari diritti, tutte le persone del paese non hanno pari diritti”. Bohdan Zhuk aveva progettato di organizzare il Sunny Bunny Queer Film Festival prima della guerra, ma la pandemia glielo aveva impedito. Dopo l’inizio dell’invasione su larga scala, Bohdan, ripresosi ddal primo choc, ha deciso: lo organizzeremo nonostante qualsiasi ostacolo o difficoltà. Il festival del cinema queer con un programma internazionale e film Lgbtq+ ucraini (realizzati durante la grande guerra!) si è finalmente svolto a Kyiv nell’aprile del 2024. Sul sito del festival, nella sezione delle notizie, tra gli annunci di proiezioni di film e incontri con i registi, c’è il seguente annuncio: “Cari spettatori di Sunny Bunny, vorremmo attirare la vostra attenzione sui cambiamenti nel programma del festival a causa della minaccia di bombardamenti il 25 maggio. La proiezione del film Root of Evil è ripresa dopo l’allerta”. Nel frattempo, nella Russia che lancia missili contro l’Ucraina e cerca di impedire agli ucraini di realizzare i loro sogni, i diritti Lgbtq e in generale i diritti umani sono passati di moda. Putin ha firmato una legge che vieta la “propaganda Lgbt” su Internet, media, letteratura, film e pubblicità nel dicembre 2022.
Natalia Sokolenko
In corridoio
Per i primi sei mesi dopo l’invasione su larga scala, ho vissuto nel corridoio del mio appartamento. Non ci sono finestre. Per questo era il posto più sicuro quando le truppe russe erano vicine a Kyiv. Cinque metri quadrati sono sufficienti per vivere. Erano sufficienti per dormire, cucinare o leggere un libro mentre la città era sotto i bombardamenti. La guerra ha cambiato molte cose. Le cose materiali sono passate in secondo piano.
Serhii Barbu
La persecuzione in Crimea
All’indomani dell’annessione illegale della Crimea da parte della Russia nel 2014, un decennio fa, la situazione nella regione ha continuato la sua spirale negativa. Le misure repressive contro i cittadini ucraini e la popolazione autoctona dei tatari di Crimea si sono intensificate ogni anno che passa. La situazione si è drammaticamente aggravata dopo l’invasione su larga scala dell’Ucraina da parte della Russia, il 24 febbraio 2022. Oggi gli abitanti della Crimea rischiano multe e persino il carcere per aver semplicemente ascoltato musica ucraina, condiviso i loro brani preferiti sui social media o eseguito melodie ucraine in occasione di eventi pubblici. Nemmeno opere acclamate come la canzone “Stefania”, eseguita dalla Kalush Orchestra ucraina e vincitrice dell’Eurovision Song Contest del 2022, sono sfuggite al divieto. Inoltre, sono stati messi a repentaglio gli sforzi artistici della famosa cantante tatara di Crimea Jamala. Jamala, la cui struggente canzone sulla deportazione dei tatari di Crimea da parte di Stalin nel 1944 ha conquistato il titolo dell’Eurovision nel 2016, ha pubblicato nel 2023 un album intitolato “Qirim” (Crimea), con 14 canzoni popolari tradizionali tatare di Crimea. Tuttavia, in Crimea, l’accesso al suo album è bloccato e persino l’ascolto delle melodie tatare di Crimea tratte dall’albume “Qirim” (Crimea) rappresenta un rischio significativo per i suoi connazionali. La situazione dei tatari di Crimea e degli ucraini sottolinea l’urgente necessità di un’attenzione globale alla situazione in Crimea, dove la cultura è diventata l’ennesima vittima della repressione politica.
Elmaz Asan