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editoriali

Le mani di Mosca su Erevan e Tbilisi

Le proteste in Armenia e Georgia sono diverse, ma è lì che Putin vuole arrivare

Durante il programma “Domenica sera con Vladimir Solovev”, che prende il nome dal presentatore e propagandista russo che fa da padrone di casa, la scorsa settimana si discuteva di confini e problemi legati alla gestione dei rapporti con i paesi che hanno fatto parte dell’Unione sovietica, in particolare con l’Armenia, che ha smesso di finanziare la Csto, l’Organizzazione del trattato collettivo che funziona come un’alleanza militare di cui la Russia è l’alleato di maggioranza. Solovev ha detto che se nel 2008 Mosca avesse risolto i suoi problemi con la Georgia, quindi se avesse portato a termine l’invasione e occupato tutto il territorio georgiano, non avrebbe più un ostacolo terrestre con l’Armenia. In studio era presente Margarita Simonyan, direttrice della testata di propaganda russa Rt, che è intervenuta per precisare: “Non avremmo proprio un confine né con la Georgia né con l’Armenia, è così che dovrebbe essere”.

Sono settimane che la Georgia protesta contro la volontà del governo di introdurre “la legge russa”, una norma con cui le ong che ricevono più del 20 per cento di finanziamenti stranieri devono registrarsi come “agenti stranieri” e mira a reprimere l’opposizione. Il governo della Georgia si è ispirato a una legge che esiste già in Russia.

 

In Armenia invece sono iniziate le proteste contro il premier Nikol Pashinyan e contro un accordo di pace con l’Azerbaigian. In strada sono scesi vari partiti politici, il primo a chiedere le dimissioni è stato l’arcivescovo Bagrat Galstanyan, ma alle sue spalle ci sono anche formazioni vicine alla Russia. Pashinyan questa settimana era a Mosca,  e nel frattempo  sta cercando degli alleati con cui sostituire il Cremlino e che badino alla sicurezza di Erevan. Nonostante i russi abbiano ritirato le loro truppe in missione di peacekeeping in Nagorno Karabakh non ha intenzione di rinunciare all’Armenia. Al caos risponde con il caos, le sue truppe sono in Ucraina, ma questo non vuol dire che  non cerchi il modo di influenzare il Caucaso.

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