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Israele nel guado

"Tornare al passato non è realistico". Israele si interroga sul dopo Hamas

Giulio Meotti

"Dal punto di vista strategico la guerra è un disastro", dice al Foglio Brom, ex direttore della divisione strategica dell'Idf. Ma non è d'accordo l'ex consigliere della sicurezza nazionale di Netanyahu Amidror: "Dobbiamo essere forti e avere successo". Due interviste

“La guerra a Gaza plasmerà il futuro di Israele nei decenni a venire”, ha dichiarato oggi il ministro della Difesa di Gerusalemme, Yoav Gallant, alla cerimonia per i caduti sul Monte Herzl. Intanto le truppe israeliane si spingevano ulteriormente dentro a Rafah, da cui sono fuggiti 300 mila palestinesi, ma erano anche impegnate in aspri combattimenti in aree precedentemente sgomberate intorno a Gaza City, mostrando la difficoltà di ottenere ancora una vittoria decisiva su Hamas. Anche se gli Stati Uniti hanno messo in guardia contro un assalto su vasta scala a Rafah, il premier israeliano Benjamin Netanyahu ha detto che le ultime formazioni combattenti di Hamas devono essere sconfitte per “ottenere la vittoria totale”.
 

I combattimenti si sono intensificati anche nel nord di Gaza, in cui almeno cinque soldati israeliani sono stati uccisi nei giorni scorsi e dove i terroristi si stanno ristabilendo (oggi anche cinque feriti gravi). L’ala militare di Hamas si è presa il merito di diversi lanci di razzi vicino a Kerem Shalom, sede di un terminal chiave per gli aiuti umanitari israeliani a Gaza. Sabato sera, un altro lancio di razzi su Beersheba. Israele ha risposto attaccando trenta obiettivi a Jabalia, a nord di Gaza City, prima di iniziare raid di terra a Beit Hanoun e Beit Lahia. “Te ne vai e due minuti dopo Hamas ritorna”, ha detto Michael Milshtein, ex capo degli Affari palestinesi per l’intelligence militare israeliana. “La fine della guerra può essere raggiunta solo attraverso la decisione politica delle due parti di concordare un cessate il fuoco”, ha affermato oggi al Wall Street Journal il generale di brigata in pensione Shlomo Brom, ex direttore della Divisione di pianificazione strategica dell’esercito israeliano. “Da un punto di vista militare sta andando bene, dal punto di vista strategico è un disastro” dice al Foglio Brom. “Una delle leggi della strategia militare è che se non hai un obiettivo politico, non conta quanto successo avrai nella battaglia. E questo è il problema principale della campagna a Gaza. Non sanno decidere quale sia il fine politico per la composizione del governo. Il day after a Gaza, qual è? Stiamo indebolendo Hamas, ma non la distruggeremo a causa della guerriglia che è ancora molto forte. Chi governerà Gaza? Israele non lo vuole certamente. Hamas sta già tornando nelle aree da cui era stato scacciato. E l’unica alternativa che esiste è riportare l’Autorità palestinese a Gaza. È vero che l’Anp era già a Gaza, ma la storia non si ripete mai due volte. Hamas deve essere militarmente indebolito e devono essere rafforzate le forze di sicurezza palestinesi. Sappiamo come è finita per gli americani nel sud del Vietnam. O Hamas tornerà a controllare Gaza, pur indebolito; oppure bisognerà ripristinare il controllo israeliano su Gaza, che non vogliamo”.
 

Non è d’accordo con Brom l’ex generale Yaakov Amidror, già consigliere per la Sicurezza nazionale di  Netanyahu, che ha combattuto a Gaza durante la Guerra dei sei giorni e che oggi è membro del Jinsa (The Jewish Institute for National Security of America). “Siamo in una nuova fase, in cui lentamente stiamo entrando a Rafah, ci sono molti civili e 300 mila persone si sono spostate” dice al Foglio Amidror. “E allo stesso tempo  stiamo entrando nei campi del centro di Gaza, dove Hamas è ancora forte. Forse è l’ultima fase intensa della guerra. Quando finirà, il sud sarà come ora il nord di Gaza”. Venendo al dopo, Amidror è contrario a un ritorno al passato. “Chiedo a queste persone se possono garantire che la nuova entità, ‘stato’ o ‘autorità’, sarà controllata da Hamas. A Washington non me lo hanno potuto mai assicurare. Come nel 2007. Quindi non è una opzione realistica. Ci troveremmo ancora di fronte a Hamas. Dipende da quale soluzione ci sarà offerta. Ma prima deve essere eliminato completamente Hamas, che non consentirà mai a nessuno di subentrargli”. Amidror è fiducioso. “Ricordo la guerra dello Yom Kippur, che fu più o meno la stessa cosa, con i fallimenti di esercito e intelligence, ma alla fine è finita come volevamo noi. E così ancora una volta. Non abbiamo scelta: dobbiamo essere forti e avere successo”.

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  • Giulio Meotti
  • Giulio Meotti è giornalista de «Il Foglio» dal 2003. È autore di numerosi libri, fra cui Non smetteremo di danzare. Le storie mai raccontate dei martiri di Israele (Premio Capalbio); Hanno ucciso Charlie Hebdo; La fine dell’Europa (Premio Capri); Israele. L’ultimo Stato europeo; Il suicidio della cultura occidentale; La tomba di Dio; Notre Dame brucia; L’Ultimo Papa d’Occidente? e L’Europa senza ebrei.