tra Mosca e Pechino

Putin rafforza la squadra cinese prima di incontrare Xi

Micol Flammini

Tutti gli uomini del presidente russo che vanno spesso a Pechino maneggiano i dossier, hanno progetti e parlano cinese

Servono almeno due batterie di Patriot per proteggere i cieli della regione di Kharkiv, da cui sono state evacuate seimila persone, perché i russi avanzano,  rosicchiando i territori dell’oblast che l’esercito ucraino aveva liberato nel settembre del 2022, con una controffensiva smaniosa, di successo, che portò sollievo, gioia, ma disseppellì le violenze dell’occupazione. Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha accolto a Kyiv il segretario di stato americano Antony Blinken, arrivato per rassicurare  che il sostegno degli Stati Uniti non è cambiato. Ma il paese paga i ritardi delle scelte politiche americane, ha bisogno di proteggere le sue città e  di prepararsi per la  nuova offensiva di Mosca che ancora non è iniziata. 


 I viaggi tra alleati sono febbrili in questi giorni, sembra che tutti abbiano bisogno di rimarcare le loro posizioni per i prossimi mesi, di riaffermare i legami. Come Zelensky chiede sostegno ai suoi sostenitori, così Vladimir Putin inaugura il suo quinto mandato andando a trovare il leader cinese Xi Jinping, reduce da un tour europeo tra Francia, Serbia e Ungheria. 


Il quinto mandato di Vladimir Putin è cominciato la scorsa settimana e il capo del Cremlino ha fatto qualche piccolo cambiamento, ridistribuendo i suoi collaboratori. Nikolai Patrushev, collaboratore e collega dai tempi in cui i due – entrambi pietroburghesi – lavoravano nel Kgb, è diventato assistente di Putin con una delega  per la costruzione navale. Patrushev è un uomo potente, è stato a capo del Consiglio di sicurezza e lo ha reso un organo importante nonostante non abbia alcun valore istituzionale. La nomina ad assistente sembra una retrocessione, Patrushev diventerà lo scagnozzo degli scagnozzi,  ma potrebbe accadere che, come con il suo passato ruolo, sarà lui a rendere la posizione importante e non viceversa. È arrivata la nomina di un altro nuovo assistente, Aleksej Djumin, ex guardia del corpo di Putin, poi governatore di Tula, ora richiamato a Mosca.  Nei giorni scorsi Sergei Shoigu,  ministro della Difesa per dodici anni, è stato spostato in una posizione fintamente di rilievo come il Consiglio di sicurezza, al suo posto è stato scelto Andrei Belousov, un economista che ha affiancato Putin, tra vari incarichi, quasi dal principio della sua carriera al Cremlino. Belousov è tra i funzionari russi che hanno coltivato rapporti stretti con la Cina, i suoi viaggi a Pechino sono stati frequenti, il suo coordinamento con i politici cinesi assiduo. La nomina del nuovo ministro della Difesa indica che Mosca si prepara a un conflitto lungo, è pronta a impostare un’economia di guerra, a resistere anche a una possibile mobilitazione. Il disegno è ampio e l’alleanza con la Cina è un dettaglio importante: Belousov seguirà Putin in Cina il 16 maggio, parteciperà alla visita di due giorni assieme all’ex ministro della Difesa Shoigu. Putin e Xi conducono dei vertici annuali, parlano durante i summit a cui sono presenti entrambi come  Brics e  il rito dei rapporti russo-cinesi comprende anche un incontro annuale tra i premier, cinque commissioni che si riuniscono presiedute dai vice premier, oltre ai contatti tra funzionari militari e i capi di stato maggiore. 


Alexander Gabuev, direttore del centro  Carnegie Russia Eurasia Center, ha notato che tra  smottamenti e rimpasti, tutti i funzionari del Cremlino che si sono occupati di Cina in questi anni sono rimasti ai loro posti. Il premier Mikhail Mishustin è stato riconfermato: ha un buon rapporto con il suo omologo Li Qiang, nel 2023 è stato due volte in Cina e ha incentivato il suo governo a coltivare le relazioni con Pechino. Altri uomini che gestiscono i rapporti con Pechino sono rimasti ai loro posti, segno del fatto che il Cremlino cerca continuità. Alexander Novak è stato riconfermato vice primo ministro, continuerà a presiedere i bilaterali della commissione Energia assieme a Ding Xuexiang. Novak è nato ad Avdiivka, la città ucraina che l’esercito russo ha catturato a febbraio, non ha mai parlato delle sue origini e adesso partecipa alla guerra assicurandosi la collaborazione con Pechino su petrolio e gas: uno dei temi dell’incontro tra Putin e Xi sarà il raddoppio del gasdotto Power of Siberia 2 (Sila Sibiri), la cui costruzione sarebbe già dovuta partire, dovrebbe collegare la Russia alla Cina passando per la Mongolia, e il ruolo di Novak è molto importante. Anche Denis Manturov è stato riconfermato, è l’unico vice premier responsabile dell’industria compresa quella della Difesa, parla cinese, ha trascorso molti anni a Pechino e negli ultimi anni  era presente a tutti i colloqui che riguardavano la collaborazione in materia di Difesa. Dopo la marcia della Wagner su Mosca, fu Manturov a volare a Pechino per dire che andava tutto bene e la Russia continuava a essere un paese stabile e un alleato affidabile. 


Il quadrato cinese attorno al presidente russo è pronto, è un altro segnale che la Russia non si prepara per la pace, ma al contrario cerca gli appoggi per andare avanti con la  guerra.  

Di più su questi argomenti:
  • Micol Flammini
  • Micol Flammini è giornalista del Foglio. Scrive di Europa, soprattutto orientale, di Russia, di Israele, di storie, di personaggi, qualche volta di libri, calpestando volentieri il confine tra politica internazionale e letteratura. Ha studiato tra Udine e Cracovia, tra Mosca e Varsavia e si è ritrovata a Roma, un po’ per lavoro, tanto per amore. Nel Foglio cura la rubrica EuPorn, un romanzo a puntate sull'Unione europea, scritto su carta e "a voce". E' autrice del podcast "Diventare Zelensky". In libreria con "La cortina di vetro" (Mondadori)