podemos e pasdaran
Dalla Spagna al Belgio, le università isolano Israele. E il boicottaggio comincia a sentirsi
La Conferenza dei rettori delle università spagnole ha approvato la sospensione di tutti gli accordi con università e centri di ricerca israeliani che “non sono impegnati per la pace e il rispetto del diritto internazionale umanitario”. Una dinamica sempre più comune in tutta Europa
“Israele è il fulcro della civiltà occidentale”, disse l’ex premier spagnolo José María Aznar, che in Europa promosse la “Friends of Israel Initiative” assieme allo scrittore e primo presidente della Repubblica ceca post comunista, Václav Havel. Appena quindici anni fa, ma sembra un secolo. Oggi la Spagna è Podemos e Pasdaran. I rettori delle università spagnole hanno ceduto alle pressioni degli studenti e annunciato la rottura dei rapporti con le università israeliane. La Conferenza dei rettori delle università spagnole ha approvato la sospensione di tutti gli accordi con università e centri di ricerca israeliani che “non sono impegnati per la pace e il rispetto del diritto internazionale umanitario”. Le cinquanta università pubbliche spagnole e le ventisette università private riunite nella Conferenza dei rettori hanno deciso che sospenderanno gli accordi con università e centri di ricerca israeliani a causa della sua guerra contro Hamas a Gaza.
Una scelta che in Italia ha fatto scandalo a Pisa e Torino, ma che è relativa alla sospensione dei progetti legati al bando Maeci. In Spagna si va verso una generale cancellazione dei rapporti con le facoltà israeliane.
Due anni fa, Iran e Spagna hanno invece tenuto il primo simposio congiunto dei rettori per rafforzare i legami accademici. I rettori spagnoli sono stati invitati dall’Università Allameh Tabataba’i in Iran. Hanno partecipato l’Università autonoma di Madrid, di Alicante, la Complutense, di Lleida, di Santiago de Compostela e altre. Ido Wolf è preoccupato. In qualità di eminente specialista del cancro in Israele e preside della facoltà di Medicina dell’Università di Tel Aviv, Wolf parlando al giornale israeliano Yedioth Ahronoth questa settimana rivela che è in corso un boicottaggio massiccio contro Israele, informale ma non meno pericoloso. “Negli ultimi sei mesi il danno è diventato molto evidente” ha detto Wolf. “Mentre un tempo le aziende farmaceutiche ci cercavano, oggi dobbiamo combattere solo per essere inclusi in uno studio. Anche le riviste scientifiche che un tempo favorivano e pubblicavano i nostri articoli ora si rifiutano con varie scuse, una realtà nuova e minacciosa, che non conoscevamo in passato e certamente non in questa misura”.
Intanto Peter Thiel rimaneva intrappolato in una sala dibattiti presso l’Università di Cambridge, mentre una folla di attivisti anti israeliani si è rifiutato di lasciarlo andare via per un’ora, dopo che era stato accusato di facilitare il “genocidio” a Gaza. Thiel, fondatore e presidente di Palantir, una società di software che annovera tra i suoi clienti Israele, doveva parlare alla Cambridge Union, la famosa società di dibattito, ma è stato interrotto dai manifestanti filopalestinesi. Una manifestazione lunedì all’Università di Amsterdam è arrivata dentro alle aule dell’ateneo, dove è stato organizzato un walkout di studenti e professori che hanno sospeso le lezioni, chiedendo di interrompere le relazioni accademiche con Israele. Università chiusa per tre giorni. Tra le centinaia di dimostranti anche giovani vestiti di nero. Molti i danni materiali all’università. Proteste studentesche si sono svolte anche a Groninga, Nimega e Utrecht. Azioni simili si sono svolte anche all’università francofona della capitale belga e in quelle di Gand e di Liegi. Intanto a Torino è stata occupata la facoltà di Fisica: “E’ l’intifada studentesca”.
Di ieri la notizia che la Libera università di Bruxelles, dove si manifesta anche contro la conferenza della celebre “colomba” israeliana Elie Barnavi, ha interrotto le collaborazioni con le università dello stato ebraico sull’intelligenza artificiale, mentre il premier belga, Alexander De Croo, forniva il proprio sostegno alle occupazioni studentesche: “Se fossi giovane, occuperei”. Da lì a “se fossi palestinese, sarei di Hamas”, il passo è breve, brevissimo, anzi praticamente lo hanno già fatto.
L'editoriale dell'elefantino