il reportage

Il governo georgiano ha ottenuto la “legge russa” e ha iniziato la caccia ai “traditori”

Cecilia Sala

Il partito di maggioranza ha approvato la misura "sugli agenti stranieri". La presidente Zourabichvili porrà il veto, ma i parlamentari hanno un sistema per aggirarlo. La piazza europeista urla: “Gadadeki”, dimettetevi 

Tbilisi, dalla nostra inviata. Natia ha la maschera da sci per proteggere gli occhi dai gas lacrimogeni, è nelle prime file dei manifestanti sballottata dai movimenti di chi le sta accanto e alza la testa soltanto quando la polizia muove un passo in avanti. Ha lo sguardo sullo smartphone, su una chat piena dei consigli di un’amica più grande, Olga, un’ucraina trentunenne che dieci anni fa aveva occupato Maidan a Kyiv durante una rivoluzione che i ventenni georgiani di oggi guardano con ammirazione. Visti dall’alto i manifestanti di Tbilisi, che sono migliaia, sono un rettangolo colorato di rosso, bianco, blu e giallo dalle bandiere della Georgia, dell’Unione europea, dell’Ucraina e degli Stati Uniti. Di fronte hanno un quadrato compatto e nero, formato dai poliziotti con il passamontagna calato sulla faccia, che in questo punto sono centinaia disposti per file.

 

 

I poliziotti danno gli scudi ai manifestanti e le spalle al Parlamento, dove gli uomini del partito al governo, Sogno georgiano, stanno approvando la legge “sugli agenti stranieri” che per i manifestanti è soltanto la “legge russa”. Una misura copiata da quella con cui Vladimir Putin, nel 2012, ha zittito o costretto all’esilio un po’ di media indipendenti, di associazioni e di ong che non gli piacevano. La legge russa dice che se prendi il 20 per cento dei finanziamenti dall’estero, per esempio dai paesi europei, finisci in una lista speciale molto sorvegliata e ammetti di: “Perseguire gli interessi di una potenza straniera”. Negli ultimi giorni alcuni parlamentari di Sogno georgiano e i picchiatori professionisti pagati da loro hanno gettato la maschera, hanno superato l’ambiguità della formula “agente straniero” e hanno cominciato a usare parole più schiette – a chiamare i manifestanti “traditori”.

 

 

La moglie incinta al nono mese di un attivista ha ricevuto telefonate spaventose nel cuore della notte. Il padre settantenne di un attivista è stato menato per strada. Una giornalista e una professoressa si sono ritrovate le auto vandalizzate: qualcuno ha disegnato dei peni con la bomboletta spray rossa sulla carrozzeria e ha scritto “sei una venduta”. Sui portoni delle case, degli uffici, delle sedi di partito, sono comparsi i manifesti con le foto degli inquilini, degli impiegati, dei militanti che manifestano con stampata sotto la scritta: “Traditore”. La protesta ha la risposta pronta e dice ai parlamentari e ai picchiatori: “Circa l’80 per cento dei georgiani vuole portare il proprio paese nell’Unione europea. Questo obiettivo è scritto nella nostra Costituzione, leggetela e scoprirete chi sono i veri traditori”. La presidente, Salomé Zourabichvili, cittadina francese e georgiana, ha già detto alla maggioranza che porrà il veto sulla legge che fa assomigliare la Georgia un po’ più alla Russia e un po’ meno a un paese dell’Unione europea. Ma i parlamentari hanno un sistema per aggirare quel veto, così qualcuno dalla testa del corteo fa partire il coro: “Gadadekit!”, “dimettetevi!”.

 

Qualcuno con il volto mascherato e la bandiera dell’Unione europea legata al collo prova a sfondare le barricate di metallo erette a protezione del Parlamento, non ci riesce e allora prende la bandiera blu con le stelle gialle, la appende da un angolo e la fa scivolare oltre le lastre d’acciaio – di modo che quelli dentro i palazzi delle istituzioni blindati la possano vedere. Qualcuno finisce in carcere, qualcuno in ospedale. Ci si fa male per provare a invertire la tendenza: per riposizionare lo sguardo verso Bruxelles e allontanarlo da Mosca.

 

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