Arriva il governo di Wilders (senza Wilders), durissimo coi migranti

Francesco Gottardi

Dopo sei mesi di colloqui, l’accordo è fatto. Nei Paesi Bassi emerge un nuovo corso politico, con un'alleanza di destra decisa a ridefinire le priorità nazionali. Manca solo il nome del premier. Dalla stretta sull'immigrazione e dalle nuove politiche economiche l'Olanda pensa di risparmiare quasi 15 miliardi l'anno. Ma per l’Italia è una pessima notizia

L’Aia. La fumata bianca è stata celebrata con un sacchetto di patatine fritte. “Ecco, tenete”, dice Caroline van der Plas ai cronisti in attesa alla Tweede Kamer nella serata di mercoledì. La leader dei Contadini-cittadini, uno dei quattro partiti alle trattative per la formazione del nuovo governo olandese, non aggiunge altro. Ma il gesto sa di distensione definitiva: dopo ore (e quasi sei mesi) di colloqui, l’accordo è fatto, ci sarà un governo di destra, più politico che tecnico. “Oggi facciamo la storia”, esulta poi Geert Wilders, il leader dell’estrema destra vincitore delle elezioni, e dei negoziati: “Un vento nuovo soffierà nel paese: il motto è speranza, coraggio e orgoglio. Per la prima volta il mio Pvv sarà una forza di maggioranza. Anzi, la principale: preparatevi alle politiche migratorie più severe mai viste”. 

  

L’accelerata è arrivata all’inizio della settimana, quando la traballante coalizione ha trovato l’intesa finanziaria sul programma di governo. Qualche ulteriore scetticismo da parte di Pieter Omtzigt (Nsc) e Dilan Yesilgöz (Vvd, il partito del premier uscente Mark Rutte), i capi delle fazioni moderate, s’è sciolto a mezzanotte, tra mercoledì e giovedì. Due ore più tardi il presidente della Camera Martin Bosma ha ricevuto l’accordo quadripartito: 26 pagine che disegneranno il nuovo corso dei Paesi bassi. Ci saranno tagli a sanità e istruzione e provvedimenti antigreen, ma la priorità dell’esecutivo, come annunciato da Wilders, sarà la stretta su migranti e rifugiati: verrà introdotta una legge temporanea “con strumenti straordinari per combattere l’afflusso alle frontiere”, verrà abolito il permesso di asilo a tempo indeterminato mentre i clandestini e i richiedenti respinti “saranno deportati il più possibile, anche con la forza”. Chi invece sarà accolto non potrà più contare sull’assegnazione prioritaria degli alloggi sociali né sul congiungimento famigliare automatico. Secondo Wilders e soci, queste contromisure consentiranno all’Olanda di risparmiare un miliardo di euro l’anno. Prima che i populisti nostrani prendano nota ammirati: per l’Italia è una pessima notizia, perché sarà contestualmente stroncata la nuova legge sulla distribuzione proporzionale dei rifugiati nei Paesi bassi, cioè il preambolo al meccanismo obbligatorio di solidarietà per l’accoglienza nell’area dell’Unione europea.  

  

Non tutti, fra i conservatori tradizionali, sono favorevoli alle parti più controverse dell’accordo, ma hanno obbedito alla leadership dei partiti, a  partire da quella di Mark Rutte, il premier uscente che scaltro  dice: “Un programma equilibrato e rispettoso di molte istanze del Vvd”. Alla fine, il patto funziona perché dietro Wilders ciascuno ha ottenuto il suo contentino. Yesilgöz (per fortuna) rivendica “la continuità dell’Olanda nella lotta contro Vladimir Putin”, promettendo “un aumento della spesa per la difesa militare fino allo standard Nato del 2 per cento”. Van der Plas è raggiante per le  agevolazioni a pesca e agricoltura, suggellate da alcune  manovre straordinarie in barba a Bruxelles: ripristino dei 130 km/h in autostrada (la velocità massima era limitata a 100 per contenere le emissioni di azoto), nessuna carbon tax sulle spalle delle aziende inquinanti, nessuna riduzione forzata del bestiame o degli spazi agricoli. Perfino Omtzigt, il più rigido in sede di trattativa, si dice “soddisfatto per le politiche di sicurezza sociale e abitativa. Inoltre continueremo a vigilare sull’osservazione dello stato di diritto all’interno dell’esecutivo”. Manca soltanto il nome del futuro premier, atteso nei prossimi giorni: è molto quotato quello dell’ex informateur Ronald Plasterk (PvdA) – in ogni caso sarà una figura super partes

 

L’accordo per l’Olanda prevede un risparmio finale di 14,7 miliardi annui. Ne beneficeranno i lavoratori ad alto reddito, i vertici aziendali, giovani e anziani per cui si prevedono ampi sgravi fiscali. Ma al contempo saranno colpiti i dipendenti pubblici, tagliati i sussidi di disoccupazione e diminuito il salario minimo. I sindacati sono pronti allo scontro, l’agenzia delle Nazioni Unite per i Rifugiati esprime “forte preoccupazione”. E Frans Timmermans, il leader dell’opposizione artefice del Green deal europeo, parla di “svolta disastrosa per le persone, le imprese e le istituzioni: leggo un programma di governo costruito sulle sabbie mobili, solido come un castello in aria. Gli olandesi si ricorderanno a lungo di questo giorno”. Su questo è d’accordo con Wilders. 

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