il colloquio
L'appello della cugina di Toomaj, il rapper iraniano condannato a morte: “Mobilitiamoci”
"Con le sue canzoni ha detto quello che il popolo iraniano vuole e cioè la fine della Repubblica islamica". Shabnam Khosravi racconta la sua battaglia per salvare Toomaj
Il megafono europeo per cercare di salvare la vita alla voce più potente del dissenso iraniano, Toomaj Salehi, è sua cugina Shabnam Khosravi, che è ingegnera e vive a Parigi, dove è diventata cittadina francese. E’ lei che, attraverso un avvocato, sta facendo petizioni, reclami all’Onu, appelli agli artisti per chiedere di usare anche la loro voce e impedire la condanna a morte del rapper che ha cantato la ribellione del movimento Donna, vita, libertà, accusato del reato più grave per i mullah e più incomprensibile per il mondo libero: corruzione sulla terra.
Bionda, espressione segnata dalla tensione, dal terrore di non riuscire a vincere la corsa contro il tempo e soprattutto contro la ferocia del regime iraniano per salvare suo cugino, su Skype ci racconta che anche Toomaj si è laureato in Ingegneria, lavorava nella piccola azienda del padre che produce macchinari medici e usava la sua musica per combattere il regime. “Non parlate di me, però, parlate di lui che oltre a essere un eroe per gli iraniani, è anche un genio del rap”, dice al Foglio. Shabnam Khosravi è arrivata in Francia quando era adolescente e ha deciso di parlare con il Foglio anche se non concede mai interviste perché non ama esporsi – i suoi genitori vivono ancora in Iran e potrebbero subire ripercussioni – nella speranza di aiutare suo cugino. “Siamo una grande famiglia e come tutte le famiglie iraniane che non hanno voluto vivere sotto il giogo della Repubblica islamica, ci siamo sparpagliati in tanti paesi occidentali”, racconta. “L’ho visto poco da vicino perché quando vivevo in Iran era piccolo ma ricordo sua madre che mi ripeteva sempre quanto suo figlio fosse fuori dal comune”.
Shabnam Khosravi è diventata il riferimento della diaspora iraniana in Europa e attraverso l’avvocato Dylan Slama ha presentato un reclamo ufficiale alla Commissione dei diritti umani dell’Onu per chiedere la sua liberazione: “Toomaj mi ha chiamato a novembre, così come ha chiamato mia sorella che vive in Canada, quando lo hanno liberato. Lo hanno lasciato libero solo 12 giorni perché ha denunciato le torture e l’isolamento a cui era stato sottoposto ed è stato arrestato di nuovo. Dopo aver saputo della condanna a morte, abbiamo contattato chiunque. Molti artisti e giornalisti francesi mi hanno sostenuto, ma la prima ad aiutarmi è stata Marjane Satrapi. Dobbiamo salvarlo. Ha passato più di 150 giorni in isolamento per le sue canzoni, vi rendete conto?”.
Shabnam descrive così suo cugino Toomaj: “Pacifista, coraggioso, gentile, generoso. Semplicemente non può, non riesce a comprendere l’ingiustizia e la mancanza di libertà. Capisce il dolore delle persone”. E ci tiene a sottolineare che la ribellione in Iran è l’unica rivoluzione femminista nella storia dell’umanità “ma non vedo tante femministe al nostro fianco, purtroppo”. “Dal giorno della sua condanna a morte, nell’aprile scorso, il regime ha interrotto ogni suo contatto con l’esterno. Non sappiamo nulla di lui”, dice. Nel frattempo si moltiplicano gli appelli e le campagne per cercare di sottrarlo alla mano del boia. Sting e i Coldplay hanno chiesto la sua liberazione. Nazanin Boniadi, attrice, e Golshifteh Farahani, che ha recitato nel film “Extraction”, hanno fatto un video (pubblicato da Deadline, il blog dedicato alle notizie di Hollywood) per chiedere a tutti gli artisti del mondo di mobilitarsi. In Iran 460 veterani della guerra con l’Iraq si sono offerti di essere giustiziati al posto di Toomaj Salehi. “Lui è molto amato in Iran perché con le sue canzoni ha detto quello che il popolo iraniano vuole e cioè la fine della Repubblica islamica”, spiega ancora Shabnam, che non si sarebbe esposta se non fosse convinta che, davanti all’indifferenza della comunità internazionale, si deve fare molto “rumore”. E ora che per lui è arrivato il momento del “couloir de la mort” (braccio della morte), ci dice, bisogna fare in fretta. “Noi siamo tutti orgogliosi per ciò che ha fatto perché con i suoi brani di protesta riesce a descrivere tutte le ingiustizie subite dal popolo iraniano da 45 anni. Inoltre è il primo artista che ha dato voce alla prima rivoluzione femminista nella storia dell’umanità”.
E infatti una delle sue strofe più famose è: “Il loro crimine è stato danzare con i capelli al vento. / Il loro crimine è stato che lui o lei era coraggioso e criticava i 44 anni del vostro regime. / 44 come gli anni del vostro fallimento”. Come canta Toomaj, si muore davvero quando muore la speranza, e sua cugina sente l’angosciosa urgenza di tentare la strada della mobilitazione globale. “Abbiamo poco tempo, se il regime vuole ucciderlo può farlo anche domani, salviamolo, vi prego”.