L'insurrezione nel territorio francese del Pacifico ha già fatto 4 morti. Lo spettro della Cina
Da giorni nel territorio d’oltremare ci sono violente rivolte guidate dagli indipendentisti. Protestano contro il progetto di riforma costituzionale votato dall’Assemblea nazionale di Parigi che, in caso di approvazione definitiva, concederebbe il diritto di voto alle elezioni locali ai francesi che abitano nell’arcipelago da più di dieci anni
Parigi. “Questo territorio rischia di scivolare nell’apocalisse. La situazione non è grave, è gravissima”. Ieri, in conferenza stampa, l’alto commissario della Repubblica, Louis Le Franc, ha spiegato ai giornalisti quanto sia pericolosa la situazione in Nuova Caledonia, territorio d’oltremare in balìa da tre giorni di violente rivolte guidate dagli indipendentisti contro il progetto di riforma costituzionale votato martedì sera dall’Assemblea nazionale di Parigi (351 voti favorevoli e 153 contrari) che, in caso di approvazione definitiva, concederebbe il diritto di voto alle elezioni locali ai francesi che abitano nell’arcipelago del Pacifico del Sud da più dieci anni.
Per gli indipendentisti, la riforma ridurrebbe il peso elettorale degli autoctoni kanaki, emarginandoli sempre di più a beneficio degli abitanti originari della Francia europea. “Il popolo originario è stato reso una minoranza da una politica di insediamento che non aveva altro scopo se non quello di renderci una minoranza. Allargare il corpo elettorale significa perpetuare questa ingiustizia”, ha detto lunedì Jean-Pierre Djaïwé, portavoce del Partito di liberazione Kanak, presentando al Congresso della Nuova Caledonia una risoluzione che chiedeva il ritiro della riforma costituzionale.
L’insurrezione in corso a Nouméa, capitale della Nuova Caledonia, con scontri, sparatorie, incendi e guerriglia urbana, che ha provocato centinaia di feriti e per ora quattro morti, ricorda gli anni tra il 1984-1988, quando l’arcipelago visse in un clima da guerra civile. All’epoca ci furono un’ottantina di morti, e gli “événements” culminarono con la presa di ostaggi nella grotta sacra di Ouvéa qualche giorno prima della rielezione di Mitterrand. Fu un massacro: diciannove indipendentisti uccisi assieme a due gendarmi che erano nelle mani dei militanti del Fnkls (Fronte di liberazione nazionale kanak e socialista).
Gli accordi di pace – Matignon nel 1988 con Michel Rocard primo ministro, e Nouméa nel 1998 con Lionel Jospin – hanno trasformato l’arcipelago, grazie a una politica di riequilibrio economico e sociale, ma non hanno ridotto le enormi disuguaglianze tra i “caldoches”, i discendenti dei coloni, e gli autoctoni kanaki. Il 17 per cento della popolazione, la maggior parte kanaki, vive al di sotto della soglia di povertà, il doppio rispetto alla Francia metropolitana.
Fino a poche settimane fa le manifestazioni erano più o meno pacifiche, ma da lunedì, complice una retorica anti-francese sempre più incendiaria da parte della Ccat (Cellule de coordination des actions de terrain), l’alleanza che raggruppa i partiti e i sindacati indipendentisti, la situazione è degenerata. Dopo l’annuncio del coprifuoco in tutto l’arcipelago da parte del ministro dell’Interno Gérald Darmanin, ieri il presidente della Repubblica francese, Emmanuel Macron, ha dichiarato lo stato di emergenza in Nuova caledonia: “Ogni violenza è intollerabile e sarà oggetto di una risposta implacabile per garantire il ritorno dell’ordine repubblicano”.
L’arcipelago fa parte della Francia dal 1853, e dal 2018 al 2021 si sono tenuti tre referendum sull’indipendenza, tutti vinti da chi desidera che le isole rimangano parte della Francia. L’esito dell’ultima votazione, che si è tenuta nel dicembre del 2021, non è stato accettato dagli indipendentisti e dagli indigeni kanak, che lo hanno boicottato perché svoltosi durante la pandemia di Covid. Dopo il referendum, Macron aveva annunciato di voler riformare le regole di voto e l’ordinamento della Nuova Caledonia, anche per riaffermare e consolidare la presenza francese nell’area in un momento storico in cui il Pacifico è oggetto dello scontro geopolitico fra Stati Uniti e Cina. “Macron considera la Nuova Caledonia e gli altri territori francesi del Pacifico come un baluardo contro la Cina nell’Indo-Pacifico”, ha detto al New York Times Adrien Muckle, docente di Storia alla Victoria University neozelandese. Il sospetto di Parigi, inoltre, è che dietro le rivolte degli indipendentisti ci sia proprio Pechino, interessata alle miniere di nichel dell’arcipelago: la Nuova Caledonia è il quinto produttore mondiale del minerale, il cui sfruttamento rappresenta un altro punto di attrito tra le popolazioni locali e il governo francese.
La riforma costituzionale avrà bisogno dei tre quinti dei voti dei parlamentari riuniti in congresso a Versailles per essere approvata in via definitiva. Ma Macron ha promesso che non lo convocherà “prima della fine di giugno” per dare ai partiti locali un’ultima possibilità di discutere la questione e accordarsi su un testo condiviso.