La visita
Nella nuova èra a guida cinese, Xi vuole da Putin soprattutto fedeltà politica e militare
Il leader russo a Pechino e Harbin. I tappeti rossi, il ricatto sul gasdotto Power of Siberia 2, l’integrazione nella Difesa e l’ordine capovolto, contro America e Nato
Il presidente della Federazione russa Vladimir Putin è atterrato ieri a Pechino alle 4 del mattino. Dopo tappeti rossi e picchetto d’onore, la giornata nella capitale cinese è iniziata prestissimo, segnale di una visita di stato di due giorni particolarmente impegnativa. Come sempre, quando si tratta dei rapporti fra Mosca e Pechino e soprattutto della leadership cinese guidata da Xi Jinping, c’è un aspetto esteriore da tenere in considerazione, cioè il messaggio che i due leader vogliono mandare al resto del mondo, e poi uno più recondito, oscuro, cioè le trattative fra i due e gli equilibri nella relazione bilaterale. Come in altre conversazioni formali fra Putin e Xi, l’espressione “amicizia senza limiti” è scomparsa dai rapporti ufficiali: secondo diverse interpretazioni sarebbe stata la Cina – di cui la Russia è ormai junior partner, il “fratello minore”, come ha scritto l’Economist – ad aver modificato un po’ l’espressione trasformata in “imperitura”. Perché i limiti dell’amicizia, se è Pechino a comandare, ci sono eccome, e riguardano sostanzialmente un solo punto: l’alleanza con l’Unione sovietica, prima dello split e dell’allontanamento definitivo fra Pechino e Mosca, prevedeva che la Cina entrasse in guerra a sostegno dell’Urss. Ora è Pechino a scegliere le guerre in cui entrare direttamente, e nessuno al Zhongnanhai, il luogo della leadership cinese, ha intenzione di farsi tirare dentro direttamente nelle guerre di Putin, al suo primo viaggio fuori dai confini nazionali dopo aver ottenuto il suo quinto mandato.
E’ per questo che davanti ai giornalisti Xi e Putin hanno firmato l’accordo sulla “partnership per una cooperazione strategica nella nuova èra”, un’espressione cinese con la quale la leadership di Pechino intende marchiare tutte le nuove relazioni diplomatiche (un documento simile l’ha firmato la scorsa settimana anche Aleksandar Vucic). La partnership fra Pechino e Mosca resta soprattutto politica: Putin ieri ha detto che le relazioni tra i due paesi sono “fattori stabilizzanti nell’arena internazionale, non sono opportunistiche e non sono dirette contro nessuno”, e Xi ha ribadito la sua “proposta di pace” per l’Ucraina, molto apprezzata da Putin, e che è riassumibile in un punto: dare alla Russia quello che vuole, lasciandola almeno in parte vittoriosa. Per Xi vuol dire avere la forza di imporre il dialogo diplomatico, rafforzando la sua leadership nell’alleanza dei paesi anti America e anti Nato.
Secondo i dati doganali cinesi, il commercio fra Cina e Russia è esploso sin dall’inizio dell’invasione su larga scala dell’Ucraina, arrivando a 240 miliardi di dollari nel 2023 – una cifra record, il 60 per cento in più del periodo pre bellico. In sostanza la copertura economica (e diplomatica) di Putin continua ad arrivare soprattutto da Pechino, nonostante qualche cautela recente, per esempio delle banche cinesi. Per questo da tempo la diplomazia occidentale lavora a una specie di secondo split sino-russo, e minaccia sanzioni contro le aziende cinesi che fanno affari con la Russia e l’aiutano a eludere le sanzioni economiche. Ma da questo punto di vista, la fotografia del rapporto fra Xi e Putin mostrata ieri al mondo è stata abbastanza eloquente: oltre a un bilaterale segretissimo e a porte chiuse fra le delegazioni, i due leader hanno firmato diversi accordi commerciali (non c’era l’atteso accordo sul gasdotto Power of Siberia 2, che il Cremlino aspetta da tempo, ma la Cina non glielo concede perché sta trattando ancora sui termini dell’accordo).
E dopo Pechino, Putin volerà anche nella città di Harbin per partecipare a una fiera commerciale e per visitare l’Istituto di tecnologia di Harbin: il segnale che Pechino offre l’accesso del Cremlino alle sue tecnologie più sofisticate, anche in campo militare. Xi sta costruendo una Russia dipendente e integrata alla Repubblica popolare cinese, specialmente nel settore della Difesa, e ieri il Financial Times scriveva che è questa la preoccupazione più urgente per l’occidente e i suoi alleati asiatici.