(foto EPA)

Il caso

Parigi accusa l'Azerbaigian per il caos in Nuova Caledonia

Mauro Zanon

Le rivolte nel territorio d’oltremare francese sono diventate un tema di scontro politico interno alla politica transalpina. E il ministro dell'Interno Darmanin se la prende con il governo azero

Parigi. Nonostante le misure draconiane imposte da Parigi, con l’instaurazione dello stato di emergenza in tutto l’arcipelago, l’invio di rinforzi di polizia e di gendarmeria, la protezione dei porti e dell’aeroporto internazionale da parte dell’esercito, e il divieto di TikTok, la Nuova Caledonia, territorio d’oltremare francese situato a ovest dell’Australia, continua a essere nel caos. Dopo quattro giorni di rivolte aizzate dalla Ccat (l’alleanza che raggruppa i partiti e i sindacati indipendentisti radicali) contro il progetto di riforma costituzionale che mira ad allargare ai francesi che abitano nell’arcipelago da più di dieci anni il diritto di voto alle elezioni locali, i danni sono ingenti, i saccheggi e le violenze anche, e il bilancio delle vittime si aggrava. Ieri, il ministro dell’Interno francese, Gérald Darmanin, ha annunciato la morte di un secondo gendarme (ucciso  da un colpo accidentale sparato da un suo collega), per un totale di cinque vittime dall’inizio dell’insurrezione (tre giovani caledoniani e due funzionari della gendarmeria). E nel pomeriggio, secondo le informazioni di Actu17 confermatedal Figaro, sono stati feriti da colpi di arma da fuoco altri tre agenti appartenenti alla Bac, la Brigata anticriminalità. 

 

Il primo ministro francese, Gabriel Attal ha annunciato 1.000 rinforzi supplementari a supporto dei 1.700 agenti già sul campo. Attal, in seguito, ha annunciato la pubblicazione di una “una circolare penale” da parte del ministero della Giustizia, che garantirà “le pene più severe contro i rivoltosi e i saccheggiatori”. La Nuova Caledonia è diventata rapidamente un tema di scontro politico interno, con Jean-Luc Mélenchon, leader della sinistra radicale, che dal Senegal ha parlato di un ritorno del “neocolonialismo” nell’arcipelago del Pacifico del sud, mentre la sovranista Marine Le Pen ha proposto un “nuovo referendum”, “un compromesso vantaggioso per tutti, che tenga conto delle aspirazioni e delle tradizioni del popolo Kanak e del suo attaccamento alla terra”. Ieri, il presidente della Repubblica, Emmanuel Macron, aveva provato a intavolare una mediazione con i rappresentanti locali della Nuova Caledonia, proponendo una videoconferenza. L’incontro, tuttavia, non ha avuto luogo perché “i vari attori non vogliono dialogare gli uni con gli altri”, ha fatto sapere la presidenza della Repubblica. 

 

Nell’arcipelago del Pacifico del sud, non c’è  un movimento unico e compatto dietro la ribellione al referendum voluto da Macron. In un’intervista a France 2, il  ministro dell’Intero, Gérald Darmanin, ha fatto una  distinzione tra la Ccat, “un gruppo mafioso che vuole apertamente instaurare la violenza”, e i lealisti, con i quali c’è un “dialogo”. La prima, emanazione della frangia più estremista del Flnks (il Front de libération nationale kanak et socialiste fondato negli anni Ottanta), è “un gruppuscolo che si definisce favorevole all’indipendenza, ma che in realtà commette saccheggi, omicidi e violenze. Non devono essere confusi con i militanti politici”. Le stesse parole di condanna sono state pronunciate dall’Alto commissario della Repubblica Louis Le Franc, che ha definito la Ccat “un’organizzazione di teppisti”. Durante il suo intervento su France 2, Darmanin ha inoltre detto che considera l’Azerbaigian un regista delle rivolte in Nuova Caledonia. “Mi dispiace che alcuni dei leader pro indipendenza abbiano stretto un accordo con l’Azerbaigian”, ha dichiarato il ministro dell’Interno, riferendosi al memorandum di cooperazione firmato ad aprile tra il Congresso della Nuova Caledonia e l’Assemblea nazionale azera, in cui si parla di “diritto del popolo caledoniano all’autodeterminazione”. Alcuni rivoltosi di Nouméa, capitale della Nuova Caledonia, indossavano in questi giorni magliette con la bandiera azera e sventolavano ritratti del presidente dell’Azerbaijan Ilham Aliyev. Quest’ultimo, nel 2023, aveva invitato a Baku gli indipendentisti della Martinica, della Guyana Francese, della Nuova Caledonia e della Polinesia francese, creando il Gruppo di Iniziativa di Baku, che si propone di sostenere “i movimenti di liberazione e anticoloniali francesi”. Per Parigi, la regia azera sarebbe una rappresaglia contro il sostegno del governo francese agli armeni nel Nagorno-Karabakh.

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