l'intervista

A tu per tu con la presidente georgiana Salomé Zourabichvili

"Il mio veto è un simbolo, che però non chiude la questione"

Micol Flammini

Non è l’Euromaidan della Georgia, a Tbilisi tutto è già successo. La presidente ci racconta la lotta dei cittadini, l'europeismo che vuol dire indipendenza e il suo piano per il round finale contro la "legge russa": il voto di ottobre sarà un referendum 

Quattro mesi fa, a dicembre, la Georgia aveva ricevuto lo status di candidato all'ingresso all'Ue.  Era pronta, con la lista delle cose da rifare in mano, a lavorare sulle riforme, a raddrizzare lo stato di diritto, consapevole che aveva davanti a sé un lavoro lungo, non semplice. Tutti erano pronti e determinati e anche il partito di governo, Sogno georgiano, sembrava ostentare con strafottenza  la prontezza  a  prendersi il merito del successo europeo della Georgia. L’Ue aveva mostrato la sua disponibilità verso Tbilisi   dopo che il governo aveva ritirato la “legge russa” e  pareva  aver ascoltato la piazza che lo scorso anno come quest’anno aveva presidiato insonne gli spazi davanti al Parlamento – l’Ue aveva voluto premiare i manifestanti. L’allora primo ministro, Irakli Garibashvili, aveva promesso che non ci sarebbero stati passi indietro,  l’esperienza della “legge russa” sarebbe stata chiusa con il suo ritiro, e  il paese avrebbe avuto  davanti a sé soltanto l’impegno europeo. Non è andata così, la proposta della “legge russa” è tornata in Parlamento più ipertrofica di prima, a rappresentarla c’è il nuovo primo ministro della Georgia, Irakli Kobakhidze, voce ringiovanita dell’oligarca creatore e padrone di Sogno georgiano, Bidzina Ivanishvili. A contrapporsi alla legge russa, oltre ai manifestanti che non mollano le strade di Tbilisi da giorni e da notti, c’è la presidente, Salomé Zourabichvili. E’ nata e cresciuta a Parigi, conosce l’Europa e cosa rappresenta, è determinata, ambiziosa, guarda dritta fino a ottobre, quando ci saranno le elezioni e arriverà  l’occasione di ribaltare i piani di Sogno georgiano e soprattutto di rimettere la Georgia, un paese in cui l’80 per cento della popolazione si definisce europeista, sul  suo sentiero verso l’Unione europea. Zourabichvili va di fretta per i tanti impegni, deve spiegare al mondo cosa sta succedendo alla Georgia, si concede al Foglio per poco tempo, ma spiega tutto con calma. Sorride e si mette davanti alla telecamera vestita di un blu Europa che sembra un messaggio: la Georgia è Europa.

 

Presidente, la “legge russa” non è la prima norma controversa approvata dal Parlamento, ce ne sono altre di leggi russe?

“Questa è una vera ‘legge russa’  perché copia i metodi e la terminologia di quella introdotta in Russia nel 2012 che ha permesso di reprimere la società civile. Ecco perché da noi ha creato tanto scalpore: prende di mira le organizzazioni non governative sostenute dai nostri partner proprio mentre  entriamo in campagna elettorale e la voce della società civile si fa estremamente importante. Ci sono altre leggi, che non vengono definite ‘russe’ ma definirei antieuropee, che non coincidono con  i valori dell’Ue e vanno contro lo spirito delle raccomandazioni presentate alla Georgia e che dovrebbero permetterci di fare il passo successivo: aprire i negoziati per l’adesione all’Ue. Sono leggi che riguardano il nostro codice elettorale, il sistema dei dispositivi di controllo della società e poi c’è una legge approvata di recente, in modo molto urgente, che consente di trasformare la Georgia nell’offshore degli offshore, toglie la trasparenza sull’origine dei beni che verrebbero trasferiti e non ci sarebbe alcuna tassa da pagare per circa otto anni. Queste leggi sono state adottate in un modo tutt’altro che democratico, senza le consultazioni necessarie. La cosa ancora più preoccupante è che stiamo sprecando il tempo molto prezioso che ci separa dalle conclusioni della Commissione che dovrebbero portarci alla fase successiva. E’ tempo che dovrebbe essere usato per adottare la legislazione necessaria secondo le  raccomandazioni”. 


Invece il governo è tornato indietro, non ha mantenuto la promessa di non riprovarci più con la “legge russa”. Quali sono le raccomandazioni dell’Ue?

“Abbiamo ancora passi molto importanti da compiere in termini di stato di diritto e trasparenza. Questi sono i campi in cui c’è stato detto di agire per andare avanti e invece di ultimare questo lavoro necessario che tutti vogliono, si perde tempo, energia, con  una questione che era stata risolta lo scorso anno, quando  i nostri partner avevano già detto che questa legge non ha nulla a che vedere con la trasparenza e con gli standard europei. Questa legge è un ostacolo artificiale che il governo sta mettendo nel mezzo della strada verso l’Ue”. 


Il governo insiste sul fatto che sia una legge per proteggere la sovranità della Georgia,  cosa intende?

 “La loro concezione di sovranità è: facciamo quello che vogliamo, siamo abbastanza grandi e maturi per prendere le nostre decisioni, non ci interessa l’Europa e perché dovremmo dare retta ai nostri partner? E’ una narrazione politica ascoltata già in altri paesi, Mosca l’ha ispirata e poi è stata tradotta altrove. Ogni volta che viene usata in Georgia arriva qualche reazione della Russia, dal portavoce del Cremlino o dalla Duma, che si complimentano con  il governo georgiano, ne lodano l’atteggiamento. La popolazione è preoccupata, vede che il futuro europeo le viene rubato e si chiede: perché adesso? Perché questa minaccia?”. 

 

Lei ha deciso di mettere il veto, quando lo farà?

“Sì, metterò il veto e ho due settimane di tempo per farlo, probabilmente verrà annullato dal Parlamento, a meno che il governo non voglia usare la tattica di ritardare la decisione. Ma penso che la situazione sia chiara e non si tratta soltanto di questa legge. Il mio veto è un simbolo, che però non chiude la questione. La vera risposta il popolo georgiano la potrà dare a ottobre, quando ci saranno le elezioni e saranno i cittadini a decidere se rimettere in carreggiata il paese o se preferiscono  leggi di questo tipo. Non c’è altra opzione, sarà come un referendum e io mi assicurerò che la scelta sia chiara, proporrò una piattaforma europeista ai partiti e alla società civile in modo che capiscano per cosa possono votare e cosa aspettarsi”.  Pensa di mettersi a capo di una coalizione contro il governo?  “Sono la presidente e non sarò la leader dell’opposizione, ma sarò la leader di una piattaforma europeista che consisterà in un insieme di misure da adottare se vogliamo ottenere l’apertura dei negoziati di adesione all’Ue. Sarò molto chiara con l’opinione pubblica e i partiti, poi saranno loro a doversi riunire per sottoscrivere gli impegni”. 

Nel 2013 la Russia intervenne per sabotare l’accordo di associazione tra l’Ue e l’Ucraina, crede che interverrà per fermare il cammino europeo della Georgia?  

“Tutto ciò che è stato fatto in Ucraina è già accaduto in Georgia, quindi non è una novità.  Georgia e  Ucraina sono paesi molto diversi, anche nei rapporti con la Russia. Abbiamo avuto tre guerre nel passato recente. Quindi l’opinione pubblica è  ben consapevole della propaganda di Mosca e conosce i carri armati russi. Abbiamo parte del nostro territorio occupato e sappiamo che è la Russia a occuparlo. Dall’indipendenza e con la lotta per mantenerla, il percorso verso l’Europa è così legato alla mente dei georgiani da talmente tanto tempo, che non è facile per la Russia usare i suoi strumenti di propaganda. Quindi non penso che vedremo gli eventi ripetersi, non sarà sovrapponibile. Ci sono somiglianze, ma siamo molto diversi”.

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  • Micol Flammini
  • Micol Flammini è giornalista del Foglio. Scrive di Europa, soprattutto orientale, di Russia, di Israele, di storie, di personaggi, qualche volta di libri, calpestando volentieri il confine tra politica internazionale e letteratura. Ha studiato tra Udine e Cracovia, tra Mosca e Varsavia e si è ritrovata a Roma, un po’ per lavoro, tanto per amore. Nel Foglio cura la rubrica EuPorn, un romanzo a puntate sull'Unione europea, scritto su carta e "a voce". E' autrice del podcast "Diventare Zelensky". In libreria con "La cortina di vetro" (Mondadori)