Nikos Christodoulides,Ursula von der Leyen e Najib Mikati al vertice di Beirut (foto LaPresse)

mazzette al partito di dio

Hezbollah ha capito come si tratta con l'Ue sui migranti: dateci soldi o li mandiamo da voi

Luca Gambardella

Nasrallah minaccia di mandare in Europa migliaia di rifugiati siriani. Von der Leyen ha promesso 1 miliardo di euro per fargli cambiare idea ma lui rilancia: "Facciamoli partire e ce ne daranno 30 di miliardi". Il dilemma della Siria come paese sicuro

“Il mare è aperto, facciamoli partire”. Dall’altra parte del Mediterraneo, in Libano, il segretario generale di Hezbollah, Hassan Nasrallah, dimostra di avere imparato la lezione su come trattare con l’Ue quando si parla di migranti. Lo scorso maggio la presidente della Commissione, Ursula von der Leyen, è arrivata a Beirut con in dote una promessa: un miliardo di euro in aiuti da versare in tre anni per gestire il flusso di rifugiati siriani. Dal 2011 il Libano, un paese di  appena 5 milioni e mezzo di abitanti, ne ha accolti quasi due milioni. Da gennaio ad aprile di quest’anno, oltre 3 mila persone hanno tentato di raggiungere l’Europa imbarcandosi verso Cipro, che dista appena 250 chilometri dalle coste libanesi. Un flusso in crescita che la piccola isola del Mediterraneo lamenta di non potere più gestire da sola, al punto da avere sospeso le procedure per i nuovi richiedenti asilo. Ed ecco entrare in gioco von der Leyen, che ha replicato lo stesso copione seguito in Tunisia: viaggio lampo a Beirut accompagnata dal diretto interessato europeo – in questo caso, invece di Giorgia Meloni c’era il premier cipriota Nikos Chirstodoulides – e stretta di mano  con Najib Mikati. Il primo ministro libanese guida un governo tenuto insieme dal partito-milizia di Hezbollah e si ritrova a gestire un paese sull’orlo della bancarotta, con una guerra in corso a sud contro Israele e un vicino come la Siria, alleato dell’Asse della resistenza ma instabile. 

Intanto le condizioni di vita dei rifugiati siriani in Libano peggiorano. Discriminazioni e  odio razziale da parte dei libanesi sono all’ordine del giorno e le deportazioni forzate attraverso la frontiera si traducono spesso in episodi drammatici. Qualche giorno fa, un ragazzo siriano rimpatriato con la forza dalle autorità libanesi è stato ucciso al valico di frontiera dall’esercito di Assad perché aveva rifiutato la coscrizione obbligatoria. La crisi economica in Libano ha fatto dei siriani un capro espiatorio e si sono diffuse teorie del complotto su una fantomatica cospirazione internazionale tesa a mantenere per sempre i rifugiati in Libano.

 

Nasrallah ha capito come  trarre vantaggio dalla situazione e minaccia di favorire le partenze dei migranti verso l’Europa.  “Se li facciamo andare, otterremo dall’Ue non uno, ma 20 miliardi di euro, forse 30”, ha detto lunedì. L’altro modo per liberarsi dell’insostenibile peso dei rifugiati è farli tornare in patria. Assad però si oppone e in cambio di riaccogliere una fetta di popolazione che considera alla stregua di pavidi traditori, vuole che l’occidente tolga le sanzioni contro il suo regime. Ed è qui che si apre un dilemma per l’Europa. La domanda su cosa fare con Assad non trova più risposte scontate nelle cancellerie europee. Lo scorso marzo, il ministro dell’Interno di Cipro, Constantinos Ioannou, ha chiesto al vicepresidente della Commissione Ue, Margaritis Schinas, di ridiscutere il dossier siriano. “C’è la convinzione fra diversi stati dell’Ue che sia giunto il tempo di osare in modo collettivo”, ha detto Ioannu, e di discutere della possibilità di riconoscere alcune zone sicure in Siria dove reinsediare i rifugiati dal Libano. Per il ministro cipriota, “il rimpatrio dei siriani, secondo condizioni precise, potrebbe decongestionare le nostre strutture di accoglienza”. Peter Stano, portavoce della Commissione, ha ammesso che “ci stiamo imbarcando in un processo per vedere in che modo potremmo cambiare la nostra posizione” su Assad. Il tema è delicato, se non altro perché ufficialmente l’Ue finora ha ribadito che, finché non ci sarà una transizione del potere dalle mani di Assad, non ci sarà alcuna normalizzazione. Si seguono poi le linee guida dell’Unhcr, che definisce la Siria paese in guerra e non sicuro in ogni sua regione. Non si è andati oltre i rimpatri volontari dal Libano, che però hanno numeri molto ridotti. “Se si vuole che i rifugiati tornino in Siria, servono le condizioni per farlo. E’ una questione complessa”, ha commentato alla stampa araba Ivo Freijsen, rappresentante dell’Unhcr in Libano. 

 

L’occasione per “osare” e affrontare il tema sarà il prossimo 28 maggio, quando a Bruxelles si terrà l’ottava conferenza intitolata “Sostenere il futuro della Siria”, l’appuntamento che ogni anno riunisce i leader politici e della società civile dell’Ue per stabilire un tesoretto in sostegno ai siriani. La conferenza dello scorso anno ha raccolto 4 miliardi di euro, molto più  del miliardo promesso ora da von der Leyen. Poco più che “una mazzetta”, l’hanno definita i leader politici libanesi, spesa per assicurarsi che i migranti non raggiungano l’Europa. Nasrallah è convinto di potere ottenere molto di più. 

  • Luca Gambardella
  • Sono nato a Latina nel 1985. Sangue siciliano. Per dimenticare Littoria sono fuggito a Venezia per giocare a fare il marinaio alla scuola militare "Morosini". Laurea in Scienze internazionali e diplomatiche a Gorizia. Ho vissuto a Damasco per studiare arabo. Nel 2012 sono andato in Egitto e ho iniziato a scrivere di Medio Oriente e immigrazione come freelance. Dal 2014 lavoro al Foglio.