(foto Epa)

la decisione

Il mandato d'arresto a Netanyahu serve a fare d'Israele l'“ebreo fra le nazioni”

Giulio Meotti

Il procuratore capo della Corte penale internazionale ha chiesto alla Camera preliminare del tribunale di emettere mandati di arresto contro il premier israeliano, il ministro della Difesa di Israele, il capo di Hamas a Gaza e in esilio e quello delle Brigate al Qassam a Gaza. Per la Corte, pari sono

Benjamin Netanyahu e Yoav Gallant, Yahiya Sinwar, Ismail Haniyeh e Mohammed Deif. Il premier e il ministro della Difesa di Israele, il capo di Hamas a Gaza e in esilio e quello delle Brigate al Qassam a Gaza. Pari sono. Il procuratore capo della Corte penale internazionale, l’inglese di origine pakistana Karim Khan, ha chiesto alla Camera preliminare del tribunale di emettere mandati di arresto contro i cinque.  Il procuratore Khan ha dichiarato che le accuse a carico dei leader di Hamas riguardano “sterminio, omicidio, presa di ostaggi, stupro e violenza sessuale durante la detenzione”, mentre quelle a carico di Netanyahu e Gallant consistono nell’aver “causato lo sterminio, la fame come metodo di guerra” e nell’aver “colpito deliberatamente i civili”. Un capolavoro di equivalenza morale. 


Mentre gli assassini e gli stupratori di Hamas commettono crimini contro l’umanità a danno dei nostri fratelli e sorelle, il pubblico ministero dell’Aja cita nella stessa frase il primo ministro e il ministro della difesa israeliani insieme ai vili mostri nazisti di Hamas: una vergogna storica che sarà ricordata per sempre”, il commento del ministro degli Esteri israeliano, Israel Katz. Il presidente d’Israele, Isaac Herzog, ha detto che qualsiasi azione del genere “servirebbe solo a legare le mani di tutte le nazioni libere e democratiche nella lotta contro il terrorismo, e deve essere contrastata con determinazione”. Anche il ministro Benny Gantz ha criticato l’Aia: “Israele sta conducendo una guerra giusta a seguito del vergognoso massacro perpetrato dai terroristi Hamas il 7 ottobre. Mentre Israele combatte con uno dei codici morali più severi della storia, nel rispetto del diritto internazionale e vantando un robusto sistema giudiziario indipendente, tracciare un parallelo tra i leader di un paese democratico determinato a difendersi dal terrorismo e i capi di un’organizzazione terroristica sanguinaria è una profonda distorsione della giustizia e un palese fallimento morale. La posizione del procuratore capo  è di per sé un crimine di proporzioni storiche da ricordare per generazioni”. 

 

“È un po’ come se un tribunale internazionale avesse emesso un mandato d’arresto contro Winston Churchill per i bombardamenti su Dresda e Amburgo e non contro Adolf Hitler, il più spregevole mostro umano che l’umanità ha conosciuto” ha commentato su Yedioth Ahronoth Ben Dror Yemini. Il procuratore dell’Aia emette mandati per Israele e Hamas, ponendoli sullo stesso piano, nonostante le tonnellate di aiuti che ogni giorno entrano a Gaza e tutti i modi impiegati da Israele per avvertire la popolazione di Gaza di un attacco militare (telefonate, sms, volantini, apertura di corridoi umanitari da nord a sud). 

 

Israele ha sperimentato per la prima volta il peso della giurisdizione internazionale nel 2001, quando in Belgio è stato emesso un mandato di arresto contro Ariel Sharon e l’ex capo di stato maggiore Raphael Eitan. Nel 2015 l’alto magistrato della Audiencia nacional spagnola, José de la Mata, ha ordinato alla polizia e alla guardia civil di arrestare Netanyahu e altri sei ex ministri se fossero entrati in territorio spagnolo. Dietro questi mandati d’arresto ci sono magistrati zeloti dal forte pregiudizio antisraeliano e gruppi di pressione filopalestinesi che avanzano le cause nei tribunali. Per evitare l’arresto a Londra, la leader dell’opposizione laburista israeliana, Tzipi Livni, aveva dovuto farsi dare l’immunità diplomatica dal governo. Se fosse andata in Inghilterra in “visita personale”, un magistrato avrebbe spiccato il mandato d’arresto. Mandati d’arresto furono spiccati in Belgio per Ariel Sharon. Il generale Doron Almog stava arrivando a Londra con un volo della El Al, quando l’ambasciata lo avvertì che c’era un ordine di arresto emesso da un magistrato per “violazioni della Convenzione di Ginevra”. Almog non scese neppure dall’aereo e Downing Street fu costretta a scusarsi. Anche l’ex direttore dei servizi segreti, Avi Dichter, ha dovuto rinunciare a una conferenza, mentre Aviv Kokhavi, capo di stato maggiore, ha cancellato una conferenza in un’accademia militare britannica. Finora questi tentativi di arresto erano stati vani. Adesso hanno il blasone del procuratore capo dell’Aia. 

 

A differenza dei capi di Hamas, chiusi nei loro tunnel di Rafah e negli hotel di lusso di Doha, da dove ripetono che rifarebbero il 7 ottobre “ancora e ancora”, in spregio a ogni morale o diritto, irridendo mandati d’arresto o condanne internazionali, i politici israeliani devono potersi muovere, viaggiare e lavorare e i mandati di cattura hanno l’obiettivo di intimidire lo stato ebraico. Farne un paria. L’ebreo fra le nazioni.

  • Giulio Meotti
  • Giulio Meotti è giornalista de «Il Foglio» dal 2003. È autore di numerosi libri, fra cui Non smetteremo di danzare. Le storie mai raccontate dei martiri di Israele (Premio Capalbio); Hanno ucciso Charlie Hebdo; La fine dell’Europa (Premio Capri); Israele. L’ultimo Stato europeo; Il suicidio della cultura occidentale; La tomba di Dio; Notre Dame brucia; L’Ultimo Papa d’Occidente? e L’Europa senza ebrei.