alleanze e strategie

Da Israele a Teheran, tutti i contatti di Aliev, che ha reso Baku sempre più rilevante

Micol Flammini

L’Iran e l’Azerbaigian sono tutt’altro che alleati, l'asse è con Gerusalemme e il fatto che il presidente azero abbia accolto Raisi non vuol dire che abbia cambiato schieramento

Roma. Prima di salire sull’aereo che avrebbe dovuto portarlo a Tabriz, non lontano dal luogo dello schianto, il presidente della Repubblica islamica aveva incontrato il presidente azero Ilham Aliev e insieme avevano inaugurato la  diga di Qiz Qalasi,  in Azerbaigian. Nel momento dell’incontro Aliev aveva stretto la mano di Raisi per diversi secondi, una stretta insistente e movimentata, accompagnata da un sorriso cordiale. L’Iran e l’Azerbaigian sono tutt’altro che alleati, ma ci sono affari che possono essere portati avanti, per questo Raisi era con Aliev, ben sapendo che l’azero ha ottimi contatti con Israele, ne compra le armi e rifornisce lo stato ebraico di petrolio. Lo scorso anno l’ambasciata dell'Azerbaigian a Teheran era stata colpita da un attacco terroristico, c’era stato un morto e il ministro degli Esteri azero aveva rilasciato una dichiarazione decisa: “Tutta la responsabilità dell’attacco è dell’Iran”. Il modo per costruire un rapporto, i due paesi lo hanno trovato pochi giorni dopo l’attacco di Hamas del 7 ottobre e l’inizio della guerra a Gaza, quando l’Iran ha firmato un accordo con l’Azerbaigian per costruire una via di transito chiamata corridoio di Aras che dà agli azeri l’accesso diretto all’exclave di Nakhchivan attraverso il territorio iraniano e senza contatto con l’Armenia. 

 

L’Azerbaigian faceva parte dell’Unione sovietica, ma dopo il collasso dell’Urss, Aliev che subentrò a suo padre alla guida del paese, costruì una rete di rapporti molto varia, scelse alleati forti, in grado di rifornire il paese di armi, sfruttò la sua ricchezza di petrolio e la sua posizione nel Caucaso, inclusa la sua vicinanza all’Iran. In una foto pubblicata sul sito presidenziale, Aliev posa sorridente vicino a un drone di fabbricazione israeliana Harop, l’alleanza tra i due paesi e strategica e il fatto che Aliev abbia accolto Raisi non vuol dire che abbia cambiato schieramento. Difficile che Aliev dimentichi che, nel costruire la loro rete di milizie armate, i pasdaran iraniani si sono impegnati anche  in Azerbaigian, e c’è un anello di “Asse della Resistenza” – come si autodefinisce il sistema creato e armato dall’Iran per muovere guerra a Israele – anche tra le montagne azere, chiamato Huseyniyun. La sua bandiera è uguale a quella del gruppo sciita libanese Hezbollah – un pugno che imbraccia un fucile – e la sua esistenza è stata presa dall’Azerbaigian come uno dei tentativi di destabilizzazione da parte di Teheran. 

 

Qualcuno ha notato che molti dei fatti di cronaca della scorsa settimana, hanno sottotraccia un racconto  azero: il premier slovacco Robert Fico aveva scelto Baku come  prima destinazione fuori dall’Unione europea del suo mandato; la Francia ha accusato l’Azerbaigian di fomentare le proteste in Nuova Caledonia; l’ultimo viaggio di Raisi prima dell’incidente è stato nel territorio azero. Non vuol dire che l’Azerbaigian abbia una responsabilità,  ma c’è un elemento da notare: Aliev è stato in grado di rendere Baku  sempre più rilevante.

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  • Micol Flammini
  • Micol Flammini è giornalista del Foglio. Scrive di Europa, soprattutto orientale, di Russia, di Israele, di storie, di personaggi, qualche volta di libri, calpestando volentieri il confine tra politica internazionale e letteratura. Ha studiato tra Udine e Cracovia, tra Mosca e Varsavia e si è ritrovata a Roma, un po’ per lavoro, tanto per amore. Nel Foglio cura la rubrica EuPorn, un romanzo a puntate sull'Unione europea, scritto su carta e "a voce". E' autrice del podcast "Diventare Zelensky". In libreria con "La cortina di vetro" (Mondadori)