Il ministro per le pari opportunita britannico Michael Gove - foto via Getty Images

Nel Regno Unito

Il britannico Michael Gove denuncia il doppio standard verso gli ebrei

Cristina Marconi

Il ministro per le pari opportunità della Gran Bretagna si chiede perché tutti, Aia compresa, ce l'abbiano con Israele: la ragione, secondo lui, è sta nell'antisemitismo, moneta corrente dell'odio che porta ad applicare due pesi e due misure nei confronti degli israeliani

Mica faremo come la Germania degli anni Trenta, come la Spagna dell’Inquisizione, come la Russia di oggi, si chiede Michael Gove, pezzo grosso del governo britannico anche se ora si occupa di comunità e infrastrutture abitative, in un discorso molto duro sull’intollerabile ondata di antisemitismo che sta colpendo il mondo e pure le liberali, un tempo accoglienti isole britanniche. Se il premier Rishi Sunak ha condannato la decisione della Corte penale internazionale di emettere un mandato d’arresto per i leader di Hamas e per quelli israeliani, Gove è stato più esplicito, ha detto che non ha senso equiparare Hamas, “organizzazione votata all’assassinio”, e Israele, “che, come tutti gli stati, è imperfetto e cerca di difendere i suoi cittadini”. Bisogna chiedersi perché tutti, Corte compresa, ce l’abbiano con Israele e non, per dire, con Bashar el Assad, per parlare del più sanguinario dei carnefici. La ragione per Gove sta nell’antisemitismo, moneta corrente dell’odio che porta ad applicare “doppi standard” nei confronti degli ebrei, in un’atmosfera di consenso popolare allarmante, perché “quello che inizia con gli ebrei non finisce mai con gli ebrei” e tocca prima o poi tutti quanti. “La sicurezza della comunità ebraica è il canarino nella miniera”: se sta male lui qualcosa non va, “è il segnale di una società che sta andando verso le tenebre”. Che non ci siano state “simpatia o solidarietà” nei confronti di Israele all’indomani del pogrom del 7 ottobre, bensì scetticismo sui fatti e colpevolizzazione delle vittime, è tanto più sconcertante in un mondo in cui “siamo tutti incoraggiati a essere noi stessi, a celebrare la nostra identità”. Tutti tranne un gruppo, per Gove: gli ebrei “possono essere tollerati solo nei termini fissati da altri”.
 

Nel Regno Unito ci sono stati 4.103 episodi di antisemitismo nel 2023, un aumento del 147 per cento rispetto al ragguardevole record dell’anno precedente, con un particolare picco dopo il 7 ottobre. E se c’è una manifestazione in giro, è “pericoloso davvero per le persone essere apertamente, chiaramente, fieramente ebree”, ha avvertito il ministro, secondo cui ovviamente nei cortei c’è anche “gente compassionevole, guidata dal desiderio di avere la pace e di porre fine della sofferenza”. Purtroppo però sono “fianco a fianco con chi promuove l’odio” e gli organizzatori “potrebbero fare tutto il possibile” per impedirlo, per fare in modo che non ci siano svastiche e slogan inneggianti alla distruzione di Israele. Peccato che “molti, la maggioranza, non lo facciano” e che gli ebrei, la cui presenza è sempre esibita come una garanzia di tolleranza, possano essere presenti solo a certe condizioni. Devono “accettare l’appello a globalizzare l’Intifada o a mettere fine all’entità sionista” e possono sentirsi al sicuro solo “a condizione che vivano nel ghetto”, che “non alzino la testa” e che “non contemplino l’uso della forza per l’autodifesa”. Poi ci sono le proteste nei campus, ossia l’antisemitismo “riadattato all’era di Instagram”, in un clima “profondamente intimidatorio per gli studenti ebrei”, come nel caso dell’università londinese Soas, autoproclamato “spazio storicamente antisionista con il compito di applicare il Bds”,  il boicottaggio e le sanzioni, mentre a Leeds oltre al genocidio si favoleggi di furto di organi palestinesi.
 

L’antisemitismo è sempre stato il primo anello di una catena di convinzioni deliranti e nocive per la democrazia e per questo va contrastato: il governo sta legiferando per impedire alle università di sostenere i boicottaggi, ma Gove vuole che tutti gli organismi pubblici, dalle scuole agli ospedali, adottino la definizione ufficiale di antisemitismo dell’Ihra e “mettano in chiaro che a ogni iniziativa antisemita si risponderà con un’azione disciplinare”. Inoltre le manifestazioni vanno gestite meglio dai politici e gli organizzatori dovrebbero contribuire ai costi per garantire ordine e sicurezza durante i cortei. Tutti, infine, devono denunciare il relativismo morale, sempre.