Il viaggio in agenda e mai fatto del procuratore dell'Aia in Israele

Micol Flammini

Khan e la sua squadra sarebbero dovuti andare a Gerusalemme per discutere con il governo e vedere cosa è stato fatto. Per i giornalisti israeliani il governo di Netanyhu ancora una volta ha commesso un grosso errore di comunicazione. Le preoccupazioni per il seuqestro delle attrezzature dell’Ap

Dietro alle minacce di un mandato di arresto contro il primo ministro Benjamin Netanyahu e il ministro della Difesa Yoav Gallant c’era un lavorio accorto, una triangolazione assennata tra Stati Uniti, governo israeliano e lo staff del procuratore della Corte penale internazionale Karim Khan. Gli accordi prevedevano che la squadra del procuratore e Khan stesso si recassero  in Israele per discutere le indagini, parlare con il governo, valutare la natura degli aiuti umanitari mandati nella Striscia e verificare il meccanismo per farli entrare a Gaza. La visita di Khan, secondo accordi,  sarebbe stata preceduta da quella della sua squadra che era attesa  ieri in Israele. Nessuno del gruppo però è salito sull’aereo, e il governo israeliano è stato informato della decisione quando ormai Khan aveva mosso le sue accuse. 


 La squadra del procuratore  sapeva già di non dover partire quando Khan dritto davanti alle telecamere ha accusato  Netanyahu e Gallant, accostandoli ai capi di Hamas, Yahya Sinwar, Mohammed Deif, Ismail Haniyeh. Per un attimo, nei mille rivoli in cui è divisa la politica israeliana, si è ritrovata l’unità, perché le modalità di reazione di  Israele  a Gaza sono una decisione comune, presa all’interno del gabinetto di guerra in cui oltre alla maggioranza ci sono anche esponenti dell’opposizione. 


Gli Stati Uniti erano tra i registi della visita di Khan in Israele, volevano che il procuratore si facesse spiegare se Israele si sta impegnando per l’ingresso degli aiuti umanitari o meno. La Casa Bianca ha fatto molta pressione sul governo di Gerusalemme, ha preteso che venisse assicurato un flusso costante di aiuti, ha costruito un molo a Gaza che permette alle navi con i rifornimenti di attraccare e lo ha fatto con la collaborazione di Tsahal, chiedendo anche  a Israele di occuparsi dei valichi. Ma la visita di Khan non è mai avvenuta, il procuratore ha mosso le sue accuse e gli Stati Uniti ora lavorano a una risposta bipartisan da mandare al procuratore dell’Aia. 

Netanyahu e Gallant sono accusati di usare “la fame come metodo di guerra, inclusa la negazione degli aiuti umanitari, di prendere di mira deliberatamente i civili”. Sinwar, Haniyeh e Deif sono accusati di sterminio, omicidio, sequestro, stupro. Il presidente americano Joe Biden, ha detto con chiarezza che “non esiste equivalenza” tra i funzionari di Hamas e i politici israeliani e ha assicurato:  “Saremo sempre al fianco di Israele contro le minacce alla sua sicurezza”. E’ stato il segretario di stato americano Antony Blinken a raccontare del viaggio che Khan e la sua squadra avrebbero dovuto compiere in Israele, ha parlato dell’impegno del governo israeliano di collaborare all’indagine e ha concluso: “Queste circostanze mettono in discussione la legittimità e la credibilità dell’indagine”. Gli Stati Uniti e Israele non hanno ratificato lo Statuto di Roma, che è alla base della Corte penale internazionale, ci vorranno mesi prima che la Corte prenda una decisione sulle accuse contro Netanyahu e Gallant, ma il timore dell’Amministrazione americana è che la prima vittima delle azioni di Khan siano i negoziati per raggiungere un accordo tra Israele e Hamas. Lo scorso fine settimana, il segretario americano per la Sicurezza nazionale,   Jake Sullivan, ha incontrato i leader israeliani e il principe ereditario saudita Mohammed bin Salman, ha detto che Yahya Sinwar si sente abbastanza forte da rifiutare un’intesa perché sa che la pressione internazionale contro Gerusalemme aumenterà, quindi prevede che può chiedere sempre di più allo stato ebraico, qualsiasi accordo anche a costo di compromettere la sua sicurezza. La decisione di Khan di andare davanti alle telecamere prima che in Israele è un colpo a ogni negoziato, mentre gli Stati Uniti stanno coinvolgendo l’Arabia Saudita per strutturare un piano per Gaza. 


Israele è una società molto critica, aspra nei confronti del governo, ma nessuno ha accettato l’equivalenza tra Sinwar e Netanyahu. Alcuni giornalisti israeliani, che da mesi evidenziano i grandi errori di comunicazione del governo, hanno detto che l’accusa di Khan è  il risultato di mesi di  dichiarazioni mal  gestite, della mancanza di sforzi per mostrare cosa stava  facendo Israele, dell’atteggiamento di una classe politica abituata a essere accusata e a essere trattata come il bullo del medio oriente. Ieri il governo, che per un giorno aveva riacquisito l’unità nazionale, si è attirato nuove critiche per la decisione di sequestrare le attrezzature dell’Associated Press, fermando la diretta dell’agenzia. Secondo il ministero delle Comunicazioni i giornalisti stavano violando la legge sulle emittenti straniere accusate di costituire un danno per la sicurezza dello stato. Non ci sono stati chiarimenti, gli Stati Uniti hanno definito la notizia preoccupante e hanno chiesto a Netanyahu di ripensarci. La decisione contro Ap non rafforza la posizione di Israele. 

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  • Micol Flammini
  • Micol Flammini è giornalista del Foglio. Scrive di Europa, soprattutto orientale, di Russia, di Israele, di storie, di personaggi, qualche volta di libri, calpestando volentieri il confine tra politica internazionale e letteratura. Ha studiato tra Udine e Cracovia, tra Mosca e Varsavia e si è ritrovata a Roma, un po’ per lavoro, tanto per amore. Nel Foglio cura la rubrica EuPorn, un romanzo a puntate sull'Unione europea, scritto su carta e "a voce". E' autrice del podcast "Diventare Zelensky". In libreria con "La cortina di vetro" (Mondadori)