Macron in Nuova Caledonia per cercare di sedare le proteste. L'ombra di Pechino sui gruppi pro indipendenza
La crisi nell'arcipelago del Pacifico del sud è così grave che il presidente francese va in visita a sorpresa. Il nodo della riforma costituzionale, la settimana di violenze e una situazione esplosiva fomentata dalla disinformazione online
Ieri il presidente francese Emmanuel Macron è partito per la Nuova Caledonia, il territorio francese d’oltremare del Pacifico, a circa 1.500 chilometri dalla costa australiana, dove da oltre una settimana vanno avanti scontri violenti che hanno provocato sei morti, tra cui due gendarmi francesi, e diversi milioni di euro di danni. L’Eliseo sarebbe pronto a prolungare lo stato d’emergenza attivato una settimana fa nell’arcipelago – per ora ha prolungato solo la chiusura ai voli commerciali dell’aeroporto internazionale di Nouméa, la capitale, fino a sabato prossimo – mentre l’estrema destra critica il tentativo di negoziato di Macron e invoca l’articolo 36 della Costituzione francese, quello sullo “stato d’assedio” che prevede il trasferimento dei poteri alla polizia o ai militari. Le proteste, le più gravi sin dagli anni Ottanta, sono iniziate dopo che l’Assemblea nazionale di Parigi ha approvato il disegno di legge costituzionale che permetterebbe ai francesi residenti da più di dieci anni in Nuova Caledonia di votare alle elezioni provinciali. La norma è considerata discriminatoria da parte della popolazione indigena dei kanak, principale comunità dell’arcipelago che nel 2019 rappresentava oltre il 40 per cento della popolazione di 270 mila abitanti, perché ridurrebbe ulteriormente il peso del loro voto, ma era stata criticata anche in Francia, vista la delicata situazione dei territori d’oltremare. Nonostante gli appelli dei giorni scorsi anche da parte degli attivisti pro indipendenza a fermare saccheggi e violenze, i disordini non si sono attenuati e gli scontri sono diventati più violenti dopo che Parigi ha mobilitato dalla Francia ulteriori squadre di polizia urbana.
Quella in Nuova Caledonia è una battaglia politica che non si limita ai confini dell’arcipelago, noto soprattutto per le sue spiagge e per i suoi giacimenti di nichel. Macron ha annunciato il viaggio a sorpresa al Consiglio dei ministri di ieri, e la sua presenza dovrebbe servire a “esprimere solidarietà” ma anche a “far comprendere l’attaccamento dello stato alla Nuova Caledonia”. Sempre ieri Australia e Nuova Zelanda hanno avuto il via libera per iniziare a rimpatriare con voli militari i turisti rimasti bloccati all’aeroporto principale di Nouméa, perché i separatisti hanno occupato le vie d’accesso: “Continuiamo a lavorare con i partner su ulteriori voli, dando la priorità ai passeggeri in base alle necessità”, ha scritto su X la ministra degli Esteri australiana Penny Wong.
Per Macron la crisi in Nuova Caledonia è prima di tutto politica, a pochi giorni dalle elezioni europee. Ma riguarda anche il difficile equilibrio con i territori d’oltremare che per anni sono stati oggetto di corteggiamento lusinghe da parte della Repubblica popolare cinese e target di disinformazione e influenza da parte di paesi come la Russia e l’Azerbaigian.
Secondo molti osservatori, in questi anni la Nuova Caledonia è stata quasi immune dall’influenza strategica cinese proprio per via dell’appartenenza ai territori d’oltremare francesi, e questo nonostante il tentativo da parte di Pechino di aumentare gli accordi commerciali con l’intera piattaforma di stati e regioni insulari del Pacifico del sud. Nel 2021 simili proteste e violenze alle Isole Salomone erano iniziate proprio in vista di un accordo di sicurezza – firmato poi un anno dopo – fra il governo sovrano di Honiara e Pechino. Dopo quel patto, la diplomazia sotterranea della Cina aveva iniziato a finanziare il Melanesian Spearhead Group, gruppo composto da Vanuatu, Figi, Papua Nuova Guinea, Isole Salomone e dal principale partito pro indipendenza in Nuova Caledonia. Tre anni fa si è svolto pure il molto contestato terzo – e ultimo, per legge – referendum per l’indipendenza della Nuova Caledonia, dopo quelli del 2018 e del 2020, il cui risultato è stato per la terza volta positivo per Parigi, ma non riconosciuto dai kanak. Sebbene funzionari dell’Eliseo abbiano detto di non vedere un diretto coinvolgimento di Pechino nelle proteste di questa settimana, per la prima volta Parigi ha deciso di bloccare TikTok, il social di proprietà cinese, nei territori della Nuova Caledonia, segnale che la disinformazione che passa da lì è un pericolo concreto per la sicurezza nazionale.
Negli ultimi anni funzionari americani, europei e australiani hanno viaggiato più di frequente nelle isole del Pacifico del sud, per tentare di contrastare quello che Macron ha definito il “nuovo imperialismo cinese”. Ma secondo alcuni osservatori il tentativo muscolare da parte francese di sedare le proteste rischia di essere uno spartiacque in questo delicato equilibrio. Macron ha viaggiato in Nuova Caledonia l’ultima volta a luglio dell’anno scorso, e prima ancora nel 2018.