La fatwa e la Bomba
Più che con il nuovo governo, dall'Iran arriverà una novità se i pasdaran vinceranno sull'atomica
I Guardiani della rivoluzione fanno pressione affinché Khamenei riveda la sua fatwa contro le armi di distruzione di massa. Hanno già vinto un mese fa con il primo attacco diretto e rivendicato contro Israele
Non è sulle prossime scelte politiche del nuovo governo che ci si aspettano sorprese in Iran. Come ha detto la Guida suprema Ali Khamenei, che sa meglio di chiunque altro quanta poca iniziativa e autonomia abbia avuto l’ultimo presidente morto in elicottero Ebrahim Raisi, l’esecutivo ad interim procederà in continuità con il precedente e per il momento andrà tutto come al solito. Poi sarà interessante scoprire chi la Guida sceglierà come nuovo pupillo su cui puntare alle elezioni, che dovrebbero tenersi all’inizio dell’estate, e se gli iraniani andranno ai seggi (l’ultima volta a Teheran ha votato un cittadino su dieci). Ma per il momento la sola novità di peso che si discute nei palazzi delle istituzioni riguarda l’atomica.
Ovvero la pressione dei pasdaran affinché il capo della Repubblica islamica Khamenei ritiri la sua fatwa contro le armi nucleari. Nell’islam sciita una fatwa è un editto religioso vincolante e la Guida suprema dell’Iran ne ha formalmente emessa una contro le armi di distruzione di massa. Nella Repubblica islamica è “haram” – cioè proibito secondo il volere di Allah – costruire o usare armi atomiche. L’Iran arricchisce uranio al sessanta per cento, un livello di purezza inutile per scopi civili (per cui basta il quattro per cento) e pericolosamente vicino al novanta per cento che si utilizza per la bomba, ma – almeno per il momento – non lavora a progettare una testata nucleare perché finora è mancata la volontà politica di farlo.
Il mese scorso un comandante pasdaran è uscito allo scoperto e ha invitato pubblicamente le istituzioni del suo paese a rivedere la fatwa contro la bomba atomica. E’ successo dopo che, nella notte fra il 13 e il 14 aprile, la Repubblica islamica ha infranto un primo tabù lanciando un attacco diretto e rivendicato contro Israele, una cosa che non era mai successa dalla rivoluzione islamica nel 1979 fino al mese scorso. La proposta del comandante è stata contagiosa e nelle settimane successive ha riempito gli editoriali degli opinionisti falchi e conservatori.
Tra gli analisti iraniani è opinione diffusa che la decisione di abbandonare la dottrina durata quarantacinque anni della “pazienza strategica”, che prevedeva di non affrontare mai il nemico “sionista” in uno scontro diretto, sia stata infranta dai vertici delle istituzioni iraniane su pressione dei pasdaran. E in particolare del capo dell’aviazione dei Guardiani della rivoluzione, il generale Amir Ali Hajizadeh, che ha coordinato l’attacco con trecento droni e missili contro lo stato ebraico e che viene considerato il più degno tra i capi pasdaran di interpretare il lascito di Qassem Suleimani, il leader militare che ha progettato l’impero iraniano fatto di milizie alleate sparse per il medio oriente e che è stato ucciso da una bomba sganciata da un drone americano all’inizio del 2020, ai tempi dell’Amministrazione Trump.
Secondo le fonti di Amwaj.media tra gli esponenti del clero della città santa di Qom, se è escluso che un ayatollah possa rivedere una fatwa contro le armi atomiche autorizzandone l’uso, l’escamotage che Khamenei (oppure in futuro il suo successore) potrebbe usare sarebbe: rimuovere gli ostacoli “giuridici e teologici” alla costruzione di una bomba nucleare “specificando che la sua funzione sarebbe soltanto la deterrenza”.
Gli osservatori che seguono il medio oriente sono già stati sorpresi dall’attacco diretto contro Israele perché non aveva precedenti nella storia, e ora sono portati a mettere in discussione anche la solidità di una fatwa, che è vincolante ma non irreversibile. I pasdaran stanno riuscendo nell’intento di militarizzare progressivamente le istituzioni iraniane e sono più interessati alle questioni belliche che a quelle religiose – per esempio il velo obbligatorio – a differenza della parte più conservatrice del clero. Se i pasdaran non fossero capaci di portare Khamenei a rivedere un’altra volta la sua strategia, è comunque probabile che avranno voce in capitolo nella scelta della prossima Guida suprema.