La data attesa
Sunak va di fretta: nel Regno Unito si vota il 4 luglio
Il premier conservatore ha preso al balzo i buoni dati sull'inflazione per decidere la data. Molti del suo partito non sono contenti. Il Labour è avanti di circa 20 punti percentuali. La strategia di Keir Starmer e un'altra incognita
Il premier britannico, Rishi Sunak, ha deciso la data delle prossime elezioni: il Regno Unito voterà il 4 luglio, cioè tra sei settimane.
Dopo tanti calcoli e ripensamenti, e con sondaggi impietosi che non accennano a migliorare, Sunak ha detto: meglio prima che dopo. A convincerlo, dicono i beninformati, sono stati i buoni dati sull’inflazione che sono stati pubblicati in questi giorni, lo spiraglio di speranza che il Partito conservatore al potere dal 2010 andava cercando e che non trovava da nessuna parte. Pippa Crerar, imprescindibile giornalista politica del Guardian, scrive anche che i consiglieri di Sunak gli hanno detto di accelerare i tempi perché l’altro grande dibattito che coinvolge il paese, cioè l’immigrazione che non cala e il modello Ruanda che non sembra funzionare da deterrente per i flussi (resta però una grande ispirazione per l’Europa fortezza), non è destinato a volgere al meglio.
Naturalmente il Partito conservatore è diviso, come su tutto: c’è chi ipotizza persino una mozione di sfiducia pronta per il frettoloso Sunak che probabilmente avrebbe tempi più lunghi della campagna elettorale stessa, ma che serve a ribadire, come se ce ne fosse bisogno, che questa decisione non è condivisa e che un po’ più di tempo – si pensava a metà ottobre – avrebbe aumentato le chance dei Tory. Il magazine conservatore Spectator esce in edicola con questo editoriale: la follia di un'elezione estiva.
Non sapremo mai chi ha ragione e ci sorbiremo le recriminazioni. Quel che sappiamo invece è che il Labour è circa 20 punti avanti nei sondaggi, le elezioni locali di inizio mese hanno mostrato uno “swing” dai conservatori ai laburisti consistente, il Partito conservatore si è consumato in liti intestine che ne hanno segnato, soprattutto nell’ultimo anno e mezzo, il declino.
Keir Starmer, il leader del Labour, dice da tempo di essere pronto, l’errore più grande che può fare è di considerarsi vincente o, peggio ancora, inevitabile. I Tory possono giocarsi le carte “game changer”: uno su tutti è sempre, da parecchio tempo, l’ex premier Boris Johnson, contestato, allontanato, ma votatissimo.