La "pace" di Mosca
La Russia sposta i confini nel Baltico, poi ci ripensa. Gli atti ostili cui la Nato non può non rispondere
L’Ue e l’Ucraina non vogliono negoziare? E' Vladimir Putin che prepara il paese per una guerra lunga che arrivi fino al cedimento di Kyiv e dei paesi dell’Alleanza atlantica
Martedì, sul sito del ministero della Difesa russo, era comparso un piano per espandere i confini marittimi di Mosca a danno della Lituania e della Finlandia. La decisione unilaterale è stata interpretata dai paesi interessati e da tutta l’Alleanza atlantica come un’operazione per diffondere “paura, incertezza e dubbio” nel Mar Baltico. Il piano è poi scomparso dal sito del ministero, il portavoce del Cremlino Dmitri Peskov si è presentato alla conferenza stampa quotidiana raccontando ai giornalisti ansiosi di sapere se il territorio russo si stesse espandendo nel Baltico, che il piano non aveva nulla di politico e ha detto: “Si può vedere come le tensioni si stanno intensificando, il livello di confronto, in particolare nella regione baltica, richiede passi necessari da parte delle nostre agenzie competenti per garantire la sicurezza”. Secondo il ministero della Difesa i confini attuali nelle acque vicine all’enclave russa di Kaliningrad “non corrispondono pienamente alla situazione attuale geografica”.
La pratica di cambiare la geografia e di spostare i confini non è iniziata con l’invasione dell’Ucraina, la Georgia sa bene cosa vuol dire avere delle frontiere che cambiano. La regione georgiana dell’Ossezia del sud occupata dai russi si estende in modo strisciante, tanto da dividere famiglie, case, campi. E’ un fenomeno che va avanti da anni a danno della Georgia che ha già il venti per cento del suo territorio sotto occupazione, ma non riesce a fermare questa avanzata lenta che prende il nome di borderizzazione. Nel Mar Baltico la Russia vuole decidere quali acque sono russe e quali no, imponendo le conseguenze della sua scelta. La decisione di cambiare i confini marittimi è un atto ostile e aumenta la tensione tra la Russia e i paesi della Nato, la provocazione è unilaterale, dall’altra parte ci sono soltanto le possibili risposte e la necessità di sicurezza. In una lettera indirizzata al Corriere della Sera, undici personaggi del mondo politico e intellettuale scrivono che è arrivato il momento di negoziare e l’Unione europea dovrebbe chiamare le due parti, Ucraina e Russia, e condurle verso una trattativa. I firmatari dicono che l’Ue anziché impegnarsi per la pace ha deciso di armarsi, e invitano la popolazione a mettere in pratica una diplomazia dal basso perché “non è scritto da nessuna parte che la pace e la sicurezza comune siano una responsabilità soltanto dei governi”. Se l’Ue in questi mesi si è trovata nella necessità di ripensare ai suoi arsenali, di riscrivere le sue politiche di sicurezza, di difendere l’Ucraina è perché la Russia ha invaso un paese sovrano che si trova ai confini dell’Europa.
In un’intervista fosca al New York Times il presidente ucraino Volodymyr Zelensky dice di non capire perché la Nato non voglia aiutare l’Ucraina a fermare i bombardamenti di Mosca. Parlando dei missili russi dice: “Quindi la mia domanda è: qual è il problema? Perché non possiamo abbatterli? E’ difesa? Sì. E’ un attacco alla Russia? No. Stiamo abbattendo aerei russi e uccidendo piloti russi? No. Allora qual è il problema nel coinvolgere i paesi della Nato nella guerra? Non esiste un problema del genere”. L’escalation è già iniziata e la ragione non è il rifiuto dell’Ucraina a negoziare né quello dell’Ue di costringere a negoziare. Vladimir Putin prepara il paese per una guerra lunga che arrivi fino al cedimento di Kyiv e dei paesi dell’Alleanza atlantica.