tra budapest e kyiv
L'artiglieria dei veti del problematico Orbán è ormai strutturale
L'Ungheria blocca il nuovo “Fondo di assistenza per l’Ucraina” costringendo l'Unione europea a rinviarne l'entrata in vigore. E sulla Nato il primo ministro dice di voler negoziare un nuovo status
Dopo sei mesi di pausa, Viktor Orbán è tornato a paralizzare la capacità dell’Unione europea di sostenere l’Ucraina nella sua difesa dalla guerra di aggressione della Russia. Il primo ministro ungherese ha annunciato di voler negoziare un nuovo status nella Nato per non prendere parte “ad azioni della Nato al di fuori del territorio della Nato”. Nel mirino c’è la missione che l’Alleanza atlantica potrebbe lanciare durante il suo vertice di luglio a Washington per coordinare l’assistenza militare all’Ucraina, compreso l’addestramento delle truppe ucraine in territorio ucraino. Per quanto dirompenti, le dichiarazioni di Orbán lasciano intendere che l’Ungheria non userà il veto sui progetti della Nato. E’ a livello europeo che Orbán sta facendo sempre più danni, ridicolizzando promesse, impegni e perfino accordi già raggiunti a livello politico.
L’ultimo caso è il veto dell’Ungheria al nuovo “Fondo di assistenza per l’Ucraina”, costruito all’interno della European Peace Facility e dotato di 5 miliardi di euro (a cui se ne dovrebbero aggiungere altri 2,7 dai proventi straordinari derivanti dagli attivi congelati russi), che dovrebbe finanziare gli acquisti di armi e munizioni. L’accordo politico per la sua creazione era stato raggiunto a marzo, senza obiezioni di Budapest. Lunedì prossimo i ministri degli Esteri dell’Ue dovrebbero adottare le decisioni giuridiche necessarie per far diventare operativo il Fondo. Ma il veto ungherese costringe l’Ue a rinviare. Gli ottimisti sperano in un’approvazione a giugno. Ma l’Ungheria può bloccare altre tre decisioni chiave: l’apertura formale dei negoziati di adesione, l’accordo di sicurezza tra l’Ue e l’Ucraina e il quattordicesimo pacchetto di sanzioni contro la Russia.
“Ciò che sta accadendo è oltraggioso”, dice al Foglio un diplomatico di uno stato membro esasperato da Orbán: “A ogni angolo della strada l’Ungheria sta danneggiando la capacità dell’Ucraina di difendersi dall’aggressore”. Secondo il diplomatico, il comportamento di Orbán “è diventato altamente problematico”. Da un anno l’Ungheria blocca l’ottava tranche della European peace facility da 500 milioni di euro per rimborsare i trasferimenti di armi all’Ucraina. A catena, sono ferme anche la nona e la decima tranche, oltre al nuovo “Fondo di assistenza”. Dodici mesi fa la ragione era la presenza sulla lista ucraina degli sponsor del terrorismo della banca ungherese Otp, che opera in Russia e nei territori occupati. L’Alto rappresentante, Josep Borrell, e i suoi servizi hanno convinto Kyiv a togliere Otp dalla lista. Ma Orbán oggi ha inventato un’altra scusa: il boicottaggio delle imprese ungheresi in Ucraina. “Davvero ridicolo”, commenta il diplomatico: “Le richieste e le condizioni poste dall’Ungheria continuano a cambiare. Questo non è un modo di negoziare”.
Alcuni nell’Ue sospettano che Orbán voglia usare gli aiuti all’Ucraina per sbloccare altri miliardi di fondi dell’Ue congelati per le violazioni dello stato di diritto, come accaduto con 10 miliardi lo scorso dicembre. Altri si sono convinti che il problema Orbán sia diventato “strutturale” perché il premier ungherese non ricorre più a tattiche transazionali, ma vuole semplicemente la vittoria di Putin. Al Consiglio europeo di marzo, Orbán ha detto agli altri leader che il veto sull’ottava tranche gli serve per avere una “leva” sull’Ucraina. Quando gli è stato risposto che i soldi bloccati della European Peace Facility non vanno a Kyiv, ma servono a rimborsare gli stati membri che hanno trasferito armi, il premier ungherese ha fatto spallucce. Tra gli altri, la Polonia sta ancora aspettando 400 milioni di rimborsi. Giugno sarà un mese di decisioni sull’Ucraina. Oltre all’accordo di sicurezza, ai negoziati di adesione e al quattordicesimo pacchetto di sanzioni contro la Russia, Budapest minaccia anche la sicurezza dell’Ue. L’Ungheria sta bloccando l’adozione del nuovo regime di sanzioni contro la disinformazione e le campagne di influenza della Russia.