Il fronte esteso
L'obiettivo russo per l'estate non è la conquista di una grande città ma l'esercito ucraino in sé
Putin schiera contro Kyiv un esercito doppio rispetto a quello che aveva invaso il paese nel 2022. Il discorso degli ucraini sulla fine della guerra
Alle incursioni russe oltre il confine nella regione ucraina di Kharkiv, nel nord-est del paese, e a quelle oltre la linea del fronte nel sud, in direzione della città di Zaporizhzhia, si sono aggiunte le provocazioni dei soldati schierati in Bielorussia di fronte alla città ucraina di Chernihiv – che è molto più a ovest (quasi in asse con la capitale Kyiv) e da dove i soldati di Putin si erano ritirati nel 2022. Le incursioni russe in punti molto lontani tra loro sulla mappa, che si spingono anche oltre la linea del fronte consolidata e già lunghissima, di 1.200 chilometri, fanno intuire quale sia la strategia del Cremlino adesso. L’obiettivo russo, in questo interludio tra lo stallo e l’offensiva vera e propria, è costringere i soldati ucraini a uno stretching estremo che Mosca si augura porti presto a un punto di cedimento.
Secondo le ultime stime, Vladimir Putin e gli apparati di sicurezza russi sono riusciti a portare sul campo di battaglia mezzo milione di uomini. Anche se i nuovi soldati sono meno addestrati ed esperti di quelli che avevano partecipato alla prima ondata dell’invasione nel 2022 – che in molti casi sono rimasti uccisi o sono tornati a casa feriti oppure erano combattenti della Wagner e sono stati spostati in Africa – sono un numero circa doppio di quello, poco superiore a duecentomila, che aveva varcato il confine per cominciare la guerra di aggressione su vasta scala il 24 febbraio di due anni fa. Con questi numeri l’esercito russo ha tutto l’interesse a estendere i combattimenti anche oltre i più di mille chilometri di linea del fronte, perché sa di potersi permettere molte battaglie contemporaneamente. Secondo Jack Watling, un esperto di combattimenti di terra del think tank britannico Royal United Services Institute: “L’Ucraina ha passato molti mesi a fortificare le difese attorno alla città di Kharkiv, ma l’assalto alla città non è il modo con cui la Russia intende combattere in questa fase. L’obiettivo russo per quest’estate è l’esercito ucraino stesso”.
Stando a un calcolo del Financial Times, a prescindere dal numero di truppe schierate sul campo, in totale l’esercito di Putin oggi è più grande del quindici per cento di quanto lo fosse due anni fa, nonostante le centinaia di migliaia di perdite tra morti, feriti e catturati da Kyiv. Per sostenere queste dimensioni ed evitare una nuova mobilitazione forzata ufficiale e impopolare, il governo russo sta allargando agli indagati il patto che già proponeva ai detenuti: se vai a combattere ti annullo la pena. Che adesso diventa: se vai a combattere cadono le accuse contro di te.
Se Watling ha ragione, lo scopo di Mosca nei prossimi mesi non sarà tanto una sfondamento o la conquista di una grande città come Kharkiv, per cui servirebbe una concentrazione di truppe in un punto solo e forse non basterebbe comunque, ma sfiancare gli ucraini e aumentare il divario tra i due eserciti per preparare il terreno in vista di offensive future. Oppure per costringere Kyiv a negoziare da una posizione di debolezza (cioè per convincere gli alleati dell’Ucraina a costringere il presidente Volodymyr Zelensky a negoziare da una posizione di debolezza), per arrivare a un cessate il fuoco in cui il presidente russo si tiene i territori ucraini che illegalmente occupa e che non contempli garanzie forti da parte dell’occidente per proteggere almeno il resto dell’Ucraina, come una procedura rapida di ingresso nella Nato.
Secondo l’ultimo sondaggio dell’Istituto internazionale di sociologia di Kyiv, che risale a cinque mesi fa, la maggioranza assoluta degli ucraini – il cinquantotto per cento – dice che il proprio paese dovrebbe continuare a combattere l’invasore anche se gli alleati europei e americani “riducessero in modo significativo gli aiuti”. Mentre circa un terzo dei cittadini, il trentadue per cento, dice che – soltanto nel caso di una riduzione drastica degli aiuti militari e finanziari occidentali – preferirebbero che “le ostilità cessassero anche senza la liberazione di tutti i territori occupati (che sarebbe rinviata a tempo indeterminato), ma solo a patto che ci siano serie garanzie di sicurezza da parte dell’occidente”, cioè a patto di far entrare il pezzo libero del paese – circa l’ottanta per cento del territorio ucraino – nell’Alleanza atlantica.