La linea rossa

I russi sparano a Kharkiv da impuniti, quindi bombardano di più. La soluzione Stoltenberg sulle armi

Cecilia Sala

Gli ucraini di Kharkiv non sono autorizzati ad abbattere le bombe sparate contro di loro prima che uccidano, anche quando le hanno già nel mirino. Le regole americane che impediscono di rispondere in Russia anche dove la linea di confine corrisponde a quella del fronte

Non è possibile evitare un’avanzata se le regole d’ingaggio prevedono che il nemico possa spararti addosso ma tu non possa rispondere. L’artiglieria con cui i russi colpiscono gli ucraini nella regione di Kharkiv, nel nord-est del paese, è posizionata in territorio russo. I bombardieri che sganciano le bombe plananti – come le due che sabato sono piombate su un centro commerciale affollato uccidendo diciotto persone – si alzano in volo senza uscire dallo spazio aereo russo perché non ne hanno bisogno, la seconda città più popolosa dell’Ucraina con il suo milione e mezzo di civili è a meno di quaranta chilometri di distanza. La guerra nella regione di Kharkiv non funziona come quella in Donbas. Nel Luhansk e nel Donetsk la linea del fronte taglia in due il territorio ucraino e i soldati russi che stanno dall’altra parte sono un esercito di occupazione schierato in un luogo che legalmente sarebbe di Kyiv, dunque secondo le regole decise dagli Stati Uniti per l’utilizzo delle loro armi gli ucraini possono colpirlo. Ma risalendo l’Ucraina verso nord, arrivando nella regione di Kharkiv, le cose cambiano: la linea del fronte combacia con il  confine tra Ucraina e Russia. 

E secondo le regole americane ai russi che sparano non è più possibile rispondere con proiettili fabbricati negli Stati Uniti perché i nemici si trovano a casa loro, in territorio russo. Gli ucraini hanno assistito impotenti all’ammassamento di truppe oltre la frontiera consapevoli che si stava preparando una nuova invasione da nord in direzione della seconda città del paese. Mentre guardavano le nuove truppe e le nuove armi arrivare, i soldati di Kyiv non si potevano neanche avvicinare al confine per irrobustire le fortificazioni perché avrebbe significato finire sotto il fuoco dell’artiglieria russa senza poterle sparare contro per coprire i propri movimenti oppure, nel migliore dei casi, per centrarla facendola smettere. 

Sabato i militari ucraini che manovrano la contraerea a Kharkiv si sono ritrovati in una situazione paradossale: vedevano il bombardiere alzarsi in volo nello spazio aereo russo, sapevano che pochi secondi dopo avrebbe sparato qualche bomba contro un punto della città di cui non era possibile prevedere le coordinate. I militari ucraini avevano il bombardiere nel mirino e avrebbero potuto tirarlo giù prima che sganciasse le sue bombe, ma non sono autorizzati ad abbatterlo e in circostanze come questa possono soltanto aspettare di andare a raccogliere le vittime che quei colpi avranno lasciato a terra da qualche parte, l’ultima volta sotto le macerie di un grande negozio di arredamento e utensili per il giardinaggio.

La sola consapevolezza di Mosca che i suoi aerei in volo sopra la regione russa di Belgorod, di fronte alla regione ucraina di Kharkiv, non rischiano nulla è un incentivo a farne alzare molti e a bombardare molto. La città di Zaporizhzhia, nel sud, è meno bersagliata della città di Kharkiv pur essendo vicina alla linea del fronte perché se sei un generale russo e fai alzare un aereo da guerra per bombardare Zaporizhzhia, rischi che gli ucraini te lo abbattano. Se fai alzare un aereo per bombardare Kharkiv, non corri questo pericolo. Gli abitanti della città ucraina, quando il mese scorso hanno visto le prime bombe plananti da cinquecento chili schiantarsi contro i loro palazzi, hanno soprannominato quei vecchi ordigni sovietici “bombe impunite”, perché chi le riceve rischia moltissimo ma chi le spara non rischia nulla.

Se da domani il Cremlino sapesse che anche per i suoi bombardieri nei cieli di Belgorod uccidere non è a costo zero, che quegli aerei possono essere abbattuti dai missili Patriot americani e pagare un prezzo, è probabile che le Forze armate di Vladimir Putin comincerebbero ad adottare un di più di prudenza in quella zona del fronte, che significherebbe meno bombe contro la città, i suoi abitanti e i soldati che la proteggono. Per questo gli ucraini hanno chiesto al segretario generale della Nato Jens Stoltenberg di farsi portavoce di una loro richiesta: permetteteci di colpire gli obiettivi militari in Russia con cui i russi ci sparano addosso. Il ministro degli Esteri britannico, David Cameron, ha già risposto “sì”. L’appello che Stoltenberg ha lanciato tramite un’intervista all’Economist – citando il diritto internazionale che prevede la legittima difesa e la possibilità di colpire chi ti attacca anche al di fuori dai propri confini – era rivolto, pur senza nominarlo, a Joe Biden, che non ha ancora risposto.