La bandiera dell'Onu a mezz'asta in onore del defunto presidente iraniano Ebrahim Raisi (Foto di Fatih Aktas/Anadolu via Getty Images) 

palazzo di vetro

L'Onu è una vedova in lutto per la morte dell'iraniano Raisi

Giulio Meotti

Per il defunto presidente iraniano piangono di più al Palazzo di vetro che a Teheran. Per i morti del 7 ottobre, niente

Prima i membri del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite hanno osservato un minuto di silenzio per il defunto presidente iraniano, Ebrahim Raisi. Le missioni russa, cinese e algerina hanno chiesto che si tenesse un momento di cordoglio durante una sessione del Consiglio di sicurezza sulla prevenzione di una corsa agli armamenti. L’ambasciatore del Mozambico, Pedro Comissàrio Afonso, che questo mese detiene la presidenza di turno del Consiglio, ha chiesto ai membri di alzarsi in piedi per onorare Raisi. Poi il capo dell’Autorità internazionale per l’energia atomica, Rafael Grossi, ha espresso le sue condoglianze per la morte di Raisi e anche lui ha chiesto un minuto di silenzio durante la Conferenza internazionale sulla sicurezza nucleare a Vienna.

   
L’iniziativa di Grossi è arrivata pochi giorni dopo che aveva espresso l’allarme per la minaccia dei funzionari iraniani di sviluppare armi nucleari e si era lamentato della loro mancanza di cooperazione con gli ispettori delle Nazioni Unite. Poi c’è stata la bandiera a mezz’asta dell’Onu in onore di Raisi. Ieri, il segretario dell’Onu, Antonio Guterres, è andato anche nella sede della delegazione iraniana all’Onu, si è seduto al tavolo con le foto di Raisi e del ministro degli Esteri iraniano, Amir-Abdollahian, e ha firmato il libro di condoglianze. Poi è stata la volta della vicesegretaria dell’Onu, Amina Mohammed, che ha anche pregato al tavolo. 
    
E giovedì prossimo, l’Assemblea generale delle Nazioni Unite terrà un incontro per rendere omaggio al defunto presidente iraniano Raisi.

   
In una lettera inviata martedì, il presidente dell’Assemblea generale, Dennis Francis, ha scritto: “Ho l’onore di informarvi che una riunione plenaria per rendere omaggio alla memoria del defunto presidente della Repubblica islamica dell’Iran, Sua Eccellenza Seyyed Ebrahim Raisi, si terrà giovedì 30 maggio 2024 alle ore dieci, presso la Sala delle Assemblee Generali”. La decisione di onorare Raisi è in netto contrasto con la silenziosa reazione dell’Assemblea generale sugli attacchi terroristici di Hamas del 7 ottobre, che non ha approvato la sua prima risoluzione in risposta alla guerra tra Israele e Hamas fino al 27 ottobre, venti giorni dopo il massacro iniziale di Hamas. E l’Assemblea generale delle Nazioni Unite non è riuscita ad adottare un emendamento alla risoluzione che condannava gli attacchi del 7 ottobre. Anne Bayefsky – direttrice del Touro Institute on Human Rights and the Holocaust e presidente di Human Rights Voices – dice che “questo segno di rispetto delle Nazioni Unite per gli assassini di massa e i carnefici terroristici non è una sorpresa”. Ne avevamo viste. L’Iran è stato eletto alla “Commissione delle Nazioni Unite sulla condizione femminile e l’uguaglianza di genere”.

 

L’Alto Commissario per i diritti umani, Louise Arbour, è andata a Teheran a una conferenza su “i diritti dell’uomo e la diversità culturale”. La Repubblica islamica  è stata eletta anche alla presidenza del “Forum sociale del Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite”. E mentre il regime iraniano vietava ai genitori di Mahsa Amini di andare a Bruxelles a ritirare il Premio Sacharov, il ministro degli Esteri iraniano (morto con Raisi nell’elicottero) era a Ginevra al Consiglio dei diritti umani dell’Onu per le sue raccomandazioni per il “rispetto dei diritti umani”. Ali Montazeri, il grande ayatollah successore di Khomeini, che  chiamava “il frutto della mia vita”, scriverà a proposito del bagno di sangue del 1988 orchestrato dal “comitato della morte” di cui faceva parte Raisi: “Nel resto del mondo credono che la sola attività praticata in Iran sia uccidere”. Per Raisi, ci sono stati più lutti all’Onu che in Iran.

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  • Giulio Meotti
  • Giulio Meotti è giornalista de «Il Foglio» dal 2003. È autore di numerosi libri, fra cui Non smetteremo di danzare. Le storie mai raccontate dei martiri di Israele (Premio Capalbio); Hanno ucciso Charlie Hebdo; La fine dell’Europa (Premio Capri); Israele. L’ultimo Stato europeo; Il suicidio della cultura occidentale; La tomba di Dio; Notre Dame brucia; L’Ultimo Papa d’Occidente? e L’Europa senza ebrei.