regno unito
L'Snp è in crisi e la Scozia potrebbe essere il trampolino del Labour
Alle prossime elezioni politiche lo Scottish national party rischia di crollare, a vantaggio dei laburisti. Pesano sia guai giudiziari che la mancanza di un'agenda davvero indipendentista dopo che la Corte suprema ha bocciato la praticabilità di nuovi referendum secessionisti senza il consenso di Westminster
Quindici mesi dopo le dimissioni di Nicola Sturgeon da premier della Scozia e da leader dello Scottish national party (Snp), il movimento politico degli indipendentisti è ancora in crisi d’identità. Il suo successore Humza Yousaf ha fallito nel tentativo di ridare combustibile al partito e un mese fa ha lasciato anche lui entrambe le cariche. Al suo posto è appena subentrato John Swinney, che si troverà subito ad affrontare una sfida da cui il suo partito rischia di uscire ancora più malconcio: le elezioni politiche indette per il 4 luglio dal premier conservatore Rishi Sunak. I sondaggi indicano infatti che il candidato laburista Keir Starmer potrebbe trovare proprio in Scozia il trampolino elettorale da cui spiccare il suo salto verso Downing Street.
Secondo una recente rilevazione di YouGov in Scozia, dove si assegnano 59 dei 650 seggi dei Comuni, i laburisti dovrebbero ottenere il 39 per cento dei voti, l’Snp il 29, i Tory il 12, i Lib-dem l’8 e i Verdi il 7. Data la natura del sistema elettorale inglese, con i collegi uninominali che assegnano la vittoria secondo il metodo del first-past-the-post, è sempre difficilissimo tradurre in seggi le percentuali dei sondaggi, ma gli esperti calcolano che in Scozia i laburisti potrebbero ottenere ben 35 dei 59 seggi in palio (ne avevano solo uno) mentre gli indipendentisti dovrebbero accontentarsi di 11 (nel 2019 se ne erano accaparrati 48, due anni prima 35 e nel 2015 addirittura 56). I conservatori e i liberaldemocratici si spartirebbero le briciole.
Gli elementi che hanno condotto alla crisi del partito indipendentista hanno a che fare sia con i problemi giudiziari – le indagini della magistratura intorno a delle supposte appropriazioni indebite di fondi elettorali che hanno coinvolto in pieno il marito di Nicola Sturgeon e di striscio anche l’ex premier scozzese sono ancora in corso e, in caso di clamorose novità prima del 4 luglio, potrebbero suscitare ulteriori contraccolpi nelle urne – sia con la difficoltà di proporre agli elettori un’agenda davvero indipendentista dopo che la Corte suprema del Regno Unito, nel novembre del 2022, ha definitivamente chiarito che a Edimburgo non potranno essere indetti ulteriori referendum secessionisti legali senza il consenso del Parlamento e del governo di Londra.
L’annaspare dell’Snp è evidente. Lo dimostra un altro sondaggio di YouGov da cui si evince che la Sturgeon, che è ormai fuori dai giochi, rimane comunque la figura dell’Snp con il più alto tasso di approvazione tra i cittadini scozzesi. Ma lo stesso sondaggio invita anche a non sottovalutare le capacità di tenuta dell’Snp: in Scozia, infatti, il tasso di approvazione per l’ex premier Sturgeon è superiore a quello di tutti gli altri politici scozzesi ed è inferiore solo di un soffio a quello per il leader laburista nazionale Starmer. Inoltre, dieci anni dopo il fallito referendum di autodeterminazione in cui i “no” prevalsero con il 55,3 per cento, il 40-45 per cento degli scozzesi rimane a favore dell’indipendenza ed è quindi tendenzialmente restia a votare candidati unionisti. Oltretutto, il leader dei laburisti scozzesi, Anas Sarwar, non è un politico particolarmente abile: nel 2010 suo padre Chaudhry Mohammad, che è stato per cinque anni deputato laburista a Londra in rappresentanza della circoscrizione di Glasgow Central, gli ha lasciato “in eredità” la candidatura in quello stesso collegio per tornare in Pakistan a fare il governatore della regione del Punjab e poi il senatore a Islamabad, ma Anas, dopo aver vinto una volta le elezioni, è stato poi sconfitto da un candidato dell’Snp, ha perso per sempre il seggio paterno e da allora si è ritirato, senza brillare, nel Parlamento scozzese. In più molti elettori di religione islamica e anche i non pochi nostalgici del sempre più scompostamente antisraeliano Jeremy Corbyn, l’ex leader dei laburisti espulso dal suo stesso partito, potrebbero dare il loro voto all’Snp visto che Sarwar è stato molto più morbido nel criticare l’intervento militare a Gaza di quanto non lo sia stato l’ex leader degli indipendentisti Yousaf.
Sarebbe quindi sbagliato dare per elettoralmente spacciato l’Snp. Ma con il sistema elettorale britannico basta un modesto spostamento di percentuali per suscitare enormi travasi di seggi. E il potere attrattivo del Labour di Starmer sembra molto forte anche in Scozia. Proprio da lì potrebbe quindi arrivare l’iniezione di deputati necessaria a fargli ottenere quella maggioranza assoluta nel Parlamento di Londra a cui l’attuale capo dell’opposizione sta puntando.