L'ombrello di Parigi
Il modello di deterrenza nucleare francese può essere quello europeo. Una lezione
Da De Gaulle a Macron, la Francia l'ha sempre considerata un elemento chiave per la protezione dell'Europa. Oggi, la crescente minaccia russa rende cruciale la discussione sulla difesa collettiva europea, pilastro per la sicurezza del continente
La questione dell’uso potenziale dell’arsenale nucleare francese nel contesto europeo sta crescendo nel dibattito europeo. Era stata evocata dal presidente Emmanuel Macron durante il discorso alla Sorbona e sta suscitando prese di posizioni come se fosse una vera e propria novità. Bisogna pero ricordare che la dottrina nucleare francese aveva dall’inizio concepito questa ipotesi.
Già De Gaulle nel 1964 faceva sapere alla Germania e ai paesi del Benelux che la Francia considerava un attacco ai loro territori come una minaccia diretta, e quindi suscettibile di una risposta nucleare. E il libro bianco della difesa del 1972 inquadrava l’uso della dissuasione nucleare francese nella protezione degli interessi vitali estesi non soltanto al territorio nazionale ma anche ai territori vicini e alleati. La visione francese è molto chiara, è quella della condivisione della dissuasione nel contesto della vicinanza territoriale e delle alleanze. Tra l’altro anche nell’ambito Nato la dissuasione francese veniva poi valutata in modo positiva, in quanto complicava il calcolo strategico del nemico sovietico nello scenario europeo. Questo allargamento degli “interessi vitali” francesi al di fuori dei confini nazionali appare come logico: la dinamica dell’integrazione europea, i trattati di alleanza militare (con in particolare l’articolo 5 del Trattato Nato) e l’impatto diretto che un attacco nucleare avrebbe nel contesto geografico europeo fanno si che la Francia è giustificata a considerare l’Europa come un’estensione del proprio territorio in termini di sicurezza. Per decenni quindi la dottrina francese non ha destato particolare scalpore. Nella maggior parte dei paesi europei le opinioni pubbliche si dimostravano piuttosto ostili all’arma nucleare, mentre negli stati maggiori si conosceva questa dimensione francese che veniva discretamente apprezzata come una forma di assicurazione nel caso di conflitto globale da parte di un alleato affidabile. Tra l’altro con l’uscita del Regno Unito, la Franca è rimata l’unico paese dotato dell’arma nucleare dell’Ue, ed è una capacità che non sembra affatto superflua di fronte alla crescita delle minacce, quella russa in primis.
Macron ha poi posto un’problema ulteriore: quello della dissuasione nucleare all’interno della politica europea di sicurezza e difesa, il ché significa una potenziale condivisione dei meccanismi della dissuasione nucleare. Anche li niente di nuovo nel contesto francese perché già negli anni 1990 la Francia poneva la questione di superare il concetto di “dissuasione condivisa” per porre la questione della “dissuasione concertata”, ovvero sia di un coordinamento politico dell’uso del nucleare. Si tratta di un’idea che tra l’altro veniva espressa sia dal presidente François Mitterand che da Alain Juppé, allora ministro degli esteri. Però bisogna sottolineare che i partner europei non abbiano mai espresso un desiderio di cogliere queste aperture francesi, la questione del nucleare rimanendo un quasi-tabu nella stragrande maggioranza dei Paesi-membri. Emmanuel Macron aveva riprovato a lanciare questo dibattito nel febbraio 2020 quando dichiarava la volontà francese di esaminare il ruolo della dissuasione nucleare francese nella sicurezza collettiva europea, senza riuscire però ad avviare un dibattito.
L’interesse suscitato dalle posizioni francesi non proviene dunque da particolari novità da parte di Parigi che da almeno 30 anni va avanti con la stessa linea di condivisione, ma dalle recenti evoluzioni delle opinioni europee scosse dalle minacce nucleare espresse dalla Russia nel contesto della guerra in Ucraina. Pensare oggi a un meccanismo unificato di decisione nucleare condivisa al livello dell’Unione può sembrare prematuro. Bisogna però riconoscere ai francesi il merito della loro visione strategica che da decenni mantengono questa forma di assicurazione militare, tutt’altro che inutile nel contesto attuale. Ed è magari tempo per porsi il problema della componente nucleare di future forze europee federali, un’evoluzione politica maggiore per l’Europa resa necessaria da una nuova minaccia russa che ci impone di rilanciare la difesa collettiva dell’Unione.