Il logo di The rest Is Politics - foto Wikipedia

La collaborazione

Il podcast inglese "The Rest is Politics" è ora sul Foglio: dialoghi rossoblu sulle elezioni del 4 luglio

Dialoghi appassionati sulla vita politica del Regno Unito tra Alastair Campbell e Rory Stewart, un laburista e un conservatore. Li pubblichiamo da oggi fino alla prossima tornata elettorale, per capire di più del paese d'oltremanica

Oggi inizia una collaborazione tra il Foglio e “The Rest is Politics”, il podcast di Alastair Campbell e Rory Stewart: da qui al voto del 4 luglio nel Regno Unito pubblicheremo le conversazioni di Campbell e Stewart sulla politica britannica e i suoi leader in modo da raccontare la campagna elettorale e la trasformazione in corso nel paese. Abbiamo scelto di condividere i contenuti di questo podcast (nota: è riduttivo definire “The Rest is Politics” un podcast: ci sono spin-off con interviste a personaggi internazionali, c’è un canale YouTube autonomo rispetto ai contenuti del podcast, un tour teatrale e ogni mercoledì fino al voto “The Rest is Politics” viene trasmesso su Channel 4) per due ragioni.

 

 

Prima di tutto per l’esperienza dei due conduttori: Campbell, 67 anni, è stato il capo della comunicazione del New Labour di Tony Blair, ha lavorato con l’ex premier per molti anni e poi è tornato a fare quel che faceva prima, cioè il giornalista, con un’ambiziosa propensione a sperimentare linguaggi e strumenti per raccontare la politica. Rory Stewart, 51 anni, ha iniziato la sua vita lavorativa come diplomatico all’ambasciata britannica di Giacarta quando finì il governo trentennale di Suharto e in Montenegro quando ci fu la guerra in Kosovo. Durante gli anni delle guerre in Iraq e in Afghanistan si è occupato di aiuti e ricostruzione – i suoi lunghi giri a piedi per l’Afghanistan sono diventati un libro molto bello, “The Places in Between”. È stato eletto ai Comuni nel 2010 in quella che fu la “new wave” del Partito conservatore di David Cameron ed è stato ministro nei governi conservatori fino al 2019.
 

La seconda ragione forse l’avete già capita: un laburista e un conservatore riescono ad avere conversazioni appassionate, vivaci e ironiche senza insultarsi dal marzo del 2022. Certo, sono due moderati, su molte cose vanno d’accordo, ma l’appartenenza politica, nel mondo anglosassone, è radicata: si resta o rossi o blu. Questo incontro funziona, ha grande successo di ascolti e di pubblico e continua a crescere: oltre a capire di più la politica britannica, si scopre anche che confrontarsi sulle idee è possibile – non era scontato.
 

Oggi pubblichiamo la conversazione che Campbell e Stewart hanno avuto ieri sulla candidatura di Diane Abbott, la prima deputata nera ai Comuni, eletta per la prima volta con il Labour nel 1987.
 



RS: "Diane Abbott aveva scritto circa un anno fa una lettera aperta in cui sostanzialmente diceva che gli ebrei e gli Irish travellers (i nomadi irlandesi) non hanno subìto il razzismo che è stato riservato alla comunità nera. Abbott poi si scusò, disse che era stata pubblicata una bozza, ma comunque si aprì una discussione sul suo antisemitismo che portò alla sua sospensione. Questa settimana è stata riammessa, ma molti si sono chiesti se si sarebbe candidata con il Labour visto che il suo leader di riferimento, l’ex capo del Labour Jeremy Corbyn, si candiderà come indipendente. Entrambi rappresentano l’ala radicale del Labour".
 

AC: "Mi sembra che un anno per questo procedimento disciplinare sia davvero tanto tempo. Credo, sentendo alcune persone, che molti nel Labour pensavano che non si sarebbe ricandidata. Un po’ perché è stato un anno molto difficile per lei, in cui Abbott ha ricevuto un numero allucinante di attacchi online, e un po’ perché lei non si sente molto parte del Labour-del-cambiamento di Keir Starmer. Ripensavo ieri sera con mia moglie che Jeremy Corbyn e John McDonnell (che è stato numero due di Corbyn) nei miei anni  hanno fatto un’opposizione ai governi di Blair e di Gordon Brown come nessun altro, ma non ci sarebbe mai saltato in mente di espellerli. Bisogna gestire queste opposizioni interne. Diane Abbott sicuramente fa parte di quel che il Labour di Starmer ha voluto superare, oltre che aver contribuito alla sconfitta catastrofica del 2019, ma Abbott è anche una figura storica, la prima donna nera eletta ai Comuni, è molto popolare nella sua circoscrizione, non dovrebbe finire in questa situazione in cui qualcuno – e non so chi sia – ha detto che lei non potrà candidarsi, portandola a dire: mi vogliono cacciare e a portarla a candidarsi come indipendente, anche lei".
 

RS: "Penso che il problema di Starmer sia che la storia di Abbott ha tolto ossigeno alla sua agenda: voleva parlare del Sistema sanitario nazionale, non di candidature. E non penso che sia una questione dei voti più a sinistra: questi elettori sono già  persi per via dell’isolamento di Corbyn, per Gaza – si sentono già traditi".
 

AC: "Credo che sia anche una questione di immagine, al di là della candidatura in sé. In questi mesi il Labour si è costruito un’immagine di solidità rocciosa, la campagna è iniziata in modo solido, con idee e scelte chiare, e questa lite in casa fa un po’ troppo Partito conservatore".