in ciabatte sul drone

L'attacco (smentito) degli houthi all'Eisenhower e l'ennesimo drone abbattuto

Luca Gambardella

Ansar Allah dice di avere preso di mira la portaerei americana, ma il Pentagono non conferma. I Reaper degli Stati Uniti invece continuano a cadere sotto i colpi dei terroristi e il Mar Rosso è sempre più vuoto

Oggi il gruppo terroristico yemenita degli houthi ha detto di avere lanciato un attacco con missili balistici contro la portaerei americana Eisenhower nel Mar Rosso, come risposta ai bombardamenti anglo-americani di alcune ore prima. Dal Comando centrale degli Stati Uniti non sono arrivate conferme, ma la guerra a bassa intensità combattuta al largo dello Yemen si gioca anche a colpi di annunci, rivendicando attacchi veri o falsi che siano. I terroristi che controllano metà dello Yemen, inclusa la capitale Sana’a e il porto di Hodeidah, sanno che talvolta prendersi il merito di operazioni militari inesistenti, fra le tante che invece sono reali, è sufficiente a spaventare le compagnie di shipping e a svuotare il Mar Rosso dalle navi commerciali occidentali. Finora, la coalizione militare guidata da Stati Uniti e Regno Unito che da gennaio tenta di ristabilire la libera navigazione nel Mar Rosso è intervenuta sporadicamente con attacchi diretti contro le postazioni di lancio dei missili e dei droni degli houthi. Quelli di oggi sono stati comunque fra i bombardamenti più violenti degli ultimi mesi. Secondo il portavoce di Ansar Allah, Yahya Saree, l’attacco ha ucciso 16 persone e ne ha ferite altre 41, fra cui diversi feriti. Gli obiettivi stavolta erano concentrati fra il porto di Hodeidah e la città di Ghulayfiqah. Il ministero della Difesa britannico ha dato altri dettagli. I raid anglo-americani con missili teleguidati hanno coinvolto i caccia Typhoon della Raf – probabilmente partiti dalla base di Akrotiri, a Cipro – e gli F18 della Quinta flotta americana, guidata proprio dalla USS Eisenhower. “Questi bombardamenti sono stati lanciati per autodifesa e contro la minaccia posta dagli houthi”, ha detto il premier britannico Rishi Sunak.

 

   
Secondo il Comando centrale americano, il raid è stato una risposta agli ultimi attacchi di Ansar Allah,  che lunedì scorso hanno interessato altre tre navi commerciali fra il Mar Rosso e l’Oceano indiano e due della Marina americana. Fra i cargo colpiti, i danni più gravi sono stati riportati dalla Laax, una nave battente bandiera delle Isole Marshall e di proprietà greca che trasportava grano in Iran. Ormai non sorprende più che Ansar Allah prenda di mira una nave di un paese alleato. La riduzione drastica dei cargo che circolano nel Mar Rosso induce ora gli houthi a colpire anche le navi che fanno rotta verso Iran, Russia o Cina. Talvolta sono errori nell’identificazione dei target, talvolta sono scelte deliberate, a sostenere la tesi che a differenza delle altre forze dell’Asse della resistenza, gli houthi vantano una certa autonomia rispetto a Teheran.

 


 

Poi, mercoledì, gli houthi hanno rivendicato l’abbattimento di un altro drone Reaper americano, il sesto da novembre. Per dare un impatto mediatico forte, la notizia è stata diffusa con una foto che somiglia a un affronto per gli Stati Uniti e che mostra un gruppo di combattenti armati e in ciabatte, in posa mentre calpesta il drone da oltre 30 milioni di dollari. Anche in questo caso non è arrivata alcuna conferma dal Pentagono, ma nei cieli dello Yemen volano anche i Reaper della Cia, che non hanno insegne sulla livrea, proprio come il velivolo abbattuto stavolta. I servizi segreti americani non hanno commentato la notizia, ma a ogni modo per i Reaper degli Stati Uniti la campagna yemenita si sta risolvendo in un mezzo disastro, soprattutto per i costi che si è costretti a sostenere per sostituire ogni mezzo abbattuto. D’altra parte, la capacità bellica degli houthi sembra essere ancora in espansione. L’agenzia di stampa iraniana Tasnim ha detto che Ansar Allah ha acquisito la tecnologia necessaria per iniziare a costruirsi da solo i missili balistici usati per attaccare le navi. Il modello in questione, denominato Muhit, si ispira ai Ghadr iraniani che possono coprire rapidamente fino a 2 mila chilometri di distanza, riuscendo a prendere di mira potenzialmente sia il porto israeliano di Eilat sia il Mediterraneo orientale. 

Tutti questi sviluppi hanno un alto costo economico per il settore dello shipping. Dallo Stretto di Bab el Mandab transita fino al 15 per cento del commercio globale e il 30 per cento dei container che viaggiano in tutto il mondo, ma secondo la società di consulenza Marsh il flusso delle navi cargo in transito fra Europa e Asia diminuirà del 20 per cento entro la fine dell’anno a causa degli attacchi degli houthi. Costringendo le compagnie ad allungare le rotte, i costi del gasolio sono in aumento del 40 per cento e per l’Istituto di politica internazionale di Milano, oggi trasportare un container da Shanghai a Genova costa il quadruplo rispetto allo scorso novembre. 

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  • Luca Gambardella
  • Sono nato a Latina nel 1985. Sangue siciliano. Per dimenticare Littoria sono fuggito a Venezia per giocare a fare il marinaio alla scuola militare "Morosini". Laurea in Scienze internazionali e diplomatiche a Gorizia. Ho vissuto a Damasco per studiare arabo. Nel 2012 sono andato in Egitto e ho iniziato a scrivere di Medio Oriente e immigrazione come freelance. Dal 2014 lavoro al Foglio.