Oltre il pil. L'economia inglese in formato Lilliput spiegata con i fatti
Nei primi tre mesi del 2024, i dati hanno registrato una crescita dello 0,6 per cento. Ma l’economia reale arranca, non è così rosea come i dati macro raccontano. Basta fare un giro ad High Street Kensington, una delle vie più eleganti di Londra, per capirlo. Dicono sia l’effetto di Amazon, ma il vero motivo è che la gente sta spendendo di meno
Nel maestoso palazzo con la scritta Barkers in cima, a metà di High Street Kensington, c’è una lunga fila di grandi vetrine vuote: “Prime Location to Let” (affittasi negozio di alto livello) dicono i poster che ricoprono tutto lo spazio. Prima, ospitava Hema, catena olandese di casalinghi. Fu chiusa, però, durante il Covid. Da allora, e sono passati quattro anni ormai, il negozio è rimasto vuoto. Eppure, non è un posto qualsiasi, e non è neppure una via qualsiasi: Barker era uno storico grande magazzino, sparito decenni prima ma comunque in un immobile di pregio, e si torva nel cuore di una delle vie più eleganti di Londra. High Street Kensington non è un posto da turisti, ma da benestanti veri: poco più avanti c’è Embassy Row, la sede delle ambasciate e, soprattutto, di ville di super ricchi: vivono lì l’ex re della Formula Uno Bernie Ecclestone e la celebrità Robbie Williams, per esempio. La via, privata e sorvegliata da una guardiola, affaccia su Kensington Palace, la residenza dei Principi di Galles, William e Kate. Nonostante il pedigree urbanistico e patrimoniale, lungo tutta la via le vetrine vuote si sprecano: ha lasciato uno storico palazzo d’angolo, su due piani, la libreria Waterstones, trasferitasi in un locale molto più modesto. Ha proprio chiuso, invece, lo Sticky Fingers, il locale di Keith Richards, il leggendario chitarrista dei Rolling Stones. Nemmeno Whole Foods, il primo dei supermercati gourmet di Jeff Bezos aperto fuori dagli Stati Unit, e l’Amazon Fresh se la passano benissimo. Ai piani alti del palazzo di Barker è tutto vuoto da più dieci anni. I negozi sopravvissuti faticano: ci sono sempre meno persone che entrano.
E’ uno shock per la città: anni fa, nessuna vetrina sarebbe rimasta vuota per più di qualche settimana. C’era la fila per affittare i negozi su strada, con tanto di aste al rialzo per accaparrarseli. Oggi, invece, c’è la corsa a chiudere. Dicono sia l’effetto di Amazon: la gente compra da casa. Ma il vero motivo è che la gente sta spendendo di meno. Il ministro del Tesoro, Jeremy Hunt, ha di recente esultato: nei primi tre mesi del 2024, l’economia britannica ha fatto segnare un rialzo dello 0,6%. Modesto, ma essenziale. E’ il segnale che il Regno Unito, finito in recessione tecnica a inizio anno, è rimbalzato: il pericolo della crisi è stato scampato. Ma l’economia reale arranca, non è così rosea come i dati macro invece raccontano. A Canary Wharf, il centro finanziario, agli antipodi di High Street Kensington, è un deserto: dopo il Covid, banchieri d’affari e impiegati vanno in ufficio solo 3 giorni la settimana: lunedì e venerdì lavorano tutti da casa. Per tutta l’economia che gravitava attorno a quei crassi pendolari (treni, centri commerciali, pub, ristoranti, lavanderie, ecc.) è un dramma. Tutta Londra rallenta, e se rallenta Londra, tutto il paese ne risente.
A soffrire è soprattutto il commercio: una sera di metà settimana a South Molton Street, una via pedonale a ridosso di Oxford Street, dove si trovano solo negozi ricercati e raffinati, è il deserto dei tartari. Le boutique del lusso di Sloane Avenue, a Chelsea, sono ugualmente desolate. Il tassametro degli affitti e del personale, però, corre senza sosta. Quando il tassametro diventa esagerato, si chiude: è il caso di Fenwick, altro storico grande magazzino britannico, aperto nel 1890 e sopravvissuto pure alle bombe dei nazisti. Abbassa la saracinesca a Bond Street, altra via di negozi a cinque stelle.
“A dicembre avevamo ordini di nuovi capi da clienti vip – rivela una commessa – ma a inizio anno hanno iniziato a piovere disdette. I ricchi stanno spendendo meno, perché i loro consulenti finanziari gli stanno dicendo di risparmiare”. Viene meno anche la spesa della classe media: la Gran Bretagna è il paese che di più ha alzato i tassi di interesse in Europa. I risparmi sono tornati a fruttare qualcosa, così come i conti correnti, ma chi aveva un mutuo che nel 2023 andava rifinanziato, si è visto cadere addosso una tegola: le rate sono salite fino a 1.000 sterline in più al mese. Se i soldi dello stipendio vanno alla banca per rimborsare il mutuo, ne girano meno per cene al ristorante, serate nei locali e shopping di lusso, tutti peraltro rincarati a dismisura quando l’anno scorso l’inflazione ha toccato picchi del 10%.
Il Tesoro inglese esulta per il Pil, ma lungo Shaftesbury Avenue, forse la via con la più alta concentrazione di ristoranti al mondo, nella zona dei teatri, c’è molta meno gente. Si lamentano gli italiani, che sono i signori dell’industria dell’ospitalità a Londra: “E’ un anno difficile – ammette il proprietario di una steakhouse della via – la clientela è crollata, facciamo prezzo fisso a pranzo per 20 sterline (un prezzo stracciato per mangiare carne in centro a Londra, ndr)”. Le sale vuote sono compensate, solo in parte, dalle consegne a casa. “La gente non rinuncia al suo ristorante preferito, ma non viene a sedersi, se lo fa portare a casa da Deliveroo e Glovo, così risparmia” mastica amaro l’imprenditore.
Nemmeno la Movida si salva dal calo dei consumi: a SoHo non c’è più la fiumana di persone di un tempo. Nel caso della vita notturna, c’è il timore che ci sia anche lo zampino dell’islamizzazione: i giovani musulmani, sempre più numerosi, non fanno serata nei locali perché lo vieta il Corano. Il Fondo Monetario Internazionale prevede che la Gran Bretagna crescerà dello 0,5% nel 2024: abbastanza per evitare lo spauracchio della recessione, e sempre meglio di Germania e altri paesi europei, che rimarranno al palo. Ma è un’economia da Lilliput.
I conservatori inglesi