Complotti e cambi di scenari
Tutti i mattoni con cui Trump ha costruito il suo vittimismo
Dalla “big lie” del 2020 al prigioniero politico di oggi. Il leader dei Maga è divenuto capro espiatorio di un sistema che tenta in ogni modo di fermarlo. Un po' vittima, un po'Giovanna d'Arco
E’ iniziato tutto con la “big lie”. Quando Donald Trump, allora alla Casa Bianca, ha capito che non avrebbe vinto le elezioni del 2020, ha detto che ci sarebbero stati dei brogli e che il suo rivale, l’attuale presidente Joe Biden, avrebbe modificato il risultato elettorale per vincere. Trump ha iniziato a raccontare alla sua base che i democratici, i poteri forti, le élite stavano cercando di evitare che lui restasse al potere e il risultato immediato del mancato riconoscimento del processo democratico è stato l’attacco al Campidoglio del 6 gennaio 2021: truppe disorganizzate entrate negli uffici del nemico che non rispettava il volere popolare. Volevano impiccare Mike Pence, il loro vicepresidente che aveva permesso la regolare certificazione dei voti. Volevano far fuori Nancy Pelosi e gli altri simboli dell’establishment antitrumpiano.
Se la campagna elettorale del 2016 si è basata su una narrazione – un self made man miliardario non può essere comprato, e quindi è l’unico che può cambiare il paese in meglio – dal 2020 l’immagine di Trump si è trasformata: l’ex presidente è diventato la vittima del sistema americano, vittima della Cia, dell’Fbi, dei media mainstream, di Hollywood, del dipartimento di Giustizia (come se la Corte suprema non fosse dalla sua parte). E’ l’uomo forte, ma talmente forte che un intero apparato statale cerca di fermarlo. Tutto si riassume in una frase che, da quando è stato coinvolto nei processi, Trump tira fuori nei comizi: “Non stanno cercando di far fuori me, stanno cercando di far fuori voi”. Lui è solo il capro espiatorio, si sta sacrificando per il suo popolo. “Se non difendete me, arriveranno anche per voi”, dice. La decisione di giovedì della giuria di Manhattan rafforza questo immaginario. Prima del verdetto Trump si è paragonato a Madre Teresa: “Nemmeno lei riuscirebbe a battere queste accuse. Sono accuse truccate, tutta la cosa è truccata”.
Breitbart, il sito informativo dell’alt right, ha voluto sottolineare che il candidato alla presidenza è stato trovato colpevole il giorno in cui si ricorda la santa guerriera Giovanna d’Arco, “patrona dei prigionieri e dei patrioti eroi”. Un simbolo di determinazione, coraggio e fede. I fan condividono sui social fotomontaggi con Gesù che appoggia le mani sulle spalle di Trump dicendogli: “Va tutto bene. Anche a me hanno dato del colpevole”. Da tempo alcuni gruppi evangelici lo vedono come un messia-peccatore che li proteggerà dal deep state e dal progressismo.
Ogni tanto per il popolo Maga Joe Biden è un burattinaio che usa il dipartimento di Giustizia come arma politica, altre volte è un vecchietto rincitrullito che non riesce a fare due passi senza inciampare. Come fanno le due rappresentazioni a convivere? Nei primi anni, Trump ha trasformato i democratici nei rappresentanti della “palude” di Washington, burocrati grigi, lobbisti malevoli e politici di professione. Ora i democratici sono diventati gli organizzatori di una macchinazione creata per distruggerlo, a cui partecipano tutti coloro che non lo appoggiano. Dice che quello di Biden è “un governo della Gestapo”. Dice che “i democratici sono sempre più totalitari, e cercano di rovesciare la democrazia americana per imporre il loro programma socialista”. I suoi tweet sono pieni di insulti ai giudici e ai procuratori che stanno portando avanti i processi contro di lui, parte, dice, di una grande cospirazione per non farlo tornare a Pennsylvania Avenue.
Il complottismo è comodo perché permette di modellare ogni cosa a favore di una teoria che non ha bisogno di coerenza, fatti o sistematicità. Trump ha sempre negato ogni accusa, ha più volte cambiato le sue versioni, le denunce – politiche, legali, valoriali – nascono solo per attaccare lui come persona, non il suo operato. Non c’è mai accountability sul contenuto perché si finisce a parlare del meccanismo. Questo è palese nelle risposte dei suoi servitori, dei repubblicani costretti a sottomettersi a lui per continuare ad avere un lavoro a Capitol Hill, dell’esercito dei suoi avvocati. “Trump è innocente, c’è del marcio nel sistema giudiziario”, dicono. Ancora adesso la “big lie” è il fulcro teorico della campagna trumpiana, ma si è evoluta. I leader del Partito repubblicano non vogliono dire se accetteranno il risultato del voto di novembre. Intervistato dalla rivista Time, Trump ha detto che l’uso della violenza come risposta al voto “dipenderà dalla correttezza delle elezioni”. Da vittima del broglio democratico a Giovanna d’Arco del Queens, Trump è il messia che si nutre di McDonald’s, il prigioniero politico, la vittima sacrificale del sistema. Esser riconosciuto colpevole dei 34 capi d’accusa non fa che aumentare quest’immaginario con cui si dovrà convivere almeno fino a novembre.