editoria
Il Washington Post nei guai perde anche la sua direttrice superstar Sally Buzbee
Dopo tre anni il giornale cambia guida. Il bilancio è in chiaroscuro: da una parte sei Pulitzer e altri premi, dall'altra un esodo di firme importanti e di lettori. E Jeff Bezos che dice?
Dopo tre anni Sally Buzbee lascia la guida del Washington Post. La prima direttrice donna del giornale del Watergate e dei Pentagon papers era arrivata nel 2021 dopo una vita passata all’Associated Press. In questo suo breve regno si era dato più spazio alle notizie sul clima, con una nuova sezione specifica, e al benessere. In mezzo c’è stata la pandemia, e un esodo di firme importanti e di lettori (oltre mezzo milione di abbonati). Con Buzbee il giornale ha vinto sei Pulitzer e ottenuto altri importanti riconoscimenti, ma l’obiettivo più di vincere premi era attirare nuovi lettori. Fare come il New York Times che in qualche modo riesce ad avere una solida fanbase con oltre 10 milioni di abbonamenti – alcuni dicono anche grazie al giochino Wordle, e ad altre offerte non legate alle notizie. “Forse in questo momento in America c’è spazio solo per un New York Times”, diceva al Foglio Ben Smith, il fondatore di Semafor.
Quando undici anni fa Jeff Bezos, il proprietario di Amazon, aveva comprato il Post per 250 milioni, voleva trasformarlo in un giornale molto più nazionale di quanto non fosse, toglierlo dal localismo dell’area del District of Columbia. Per un po’ sembrava in ripresa, anche grazie alla presidenza di Donald Trump che aveva portato più persone a interessarsi alle news. Ora i lettori diminuiscono ogni giorno, dimezzati dal 2020. Secondo gli insider solo nel 2023 il giornale avrebbe perso quasi cento milioni di dollari. Bezos è solo uno dei multimiliardari che investono nelle news, ma a differenza di altri sembrava inizialmente molto interessato al meccanismo dei media. Aveva anche scelto uno slogan provocatorio come “Democracy dies in darkness”, una vecchia frase usata da Bob Woodward, giornalista storico del Post. Bezos aveva anche comprato dei costosissimi minuti al SuperBowl per presentare il quotidiano con la voce di Tom Hanks, prima volta che si pubblicizzava un giornale durante la più seguita partita di football dell’anno. Poi sarà che in mezzo c’è stato il divorzio e il fidanzamento ufficiale con il volto tv Lauren Sanchez – e quindi un cambio di vita, quasi crisi di mezza età, da nerd che guidava una Honda del ’97 a cowboy sulle pagine di Vogue fotografato da Annie Leibovitz, feste in piscina e palestra e matrimoni dei vip – ma ora Bezos sembra poco attento al Post, che gli fa perdere troppi milioni ogni anno. Molti insider si chiedono: cosa combina Bezos?
L’addio di Buzbee è solo l’ultima serie di cambi di leadership anche a livello corporate. Il ceo Fred Ryan se n’era andato l’anno scorso, rimpiazzato temporaneamente da una fedelissima di Mr. Amazon, Patty Stonesifer, che aveva subito detto: “Qui bisogna tagliare almeno 240 posti di lavoro”. Aggiungendo che “le proiezioni sulla crescita erano state troppo ottimiste”. Erano seguiti scioperi e proteste. Dopo Stonesifer è arrivato sir William Lewis. Inglese, proveniente dal mondo di Rupert Murdoch, ha trovato il futuro direttore del giornale nella sua terra natia: Robert Winnett, vice del Telegraph, che a lungo si è occupato di politica interna. Da Fleet Street alla palude di Washington. Ma fino all’arrivo di Winnett, per riempire il vuoto fino alle presidenziali statunitensi di novembre, prenderà il comando Matt Murray, già caporedattore del Wall Street Journal. Ma non si tratta, da Buzbee a Winnett passando per Murray, di una semplice sostituzione. Vista la crisi del quotidiano, l’obiettivo del ceo è di approfittarne per cambiare un po’ le strutture e la natura del media per smettere di sanguinare. Domenica Lewis ha mostrato un programma per salvare il giornale creando una nuova divisione che si concentri sui consumatori di notizie non tradizionali. Più video, più infografiche, e tipi di abbonamenti diversi, premium, sul modello del Nyt e di Politico Pro. Dopo le elezioni Murray resterà creando una nuova newsroom parallela, che si occuperà di “social media journalism”. Parlando con i dipendenti Lewis ha detto: “A essere onesti, siamo nei guai, e lo siamo da un bel po’”.