all'altare a 93 anni
Il segreto di Murdoch per allontanare le ombre della vecchiaia? Sposarsi
Per l'imprenditore quello con Elena Zhukova è il quinto matrimonio. L'annoso problema dell’età che avanza e ci manda in rovina non è mai stato davvero risolto
Murdoch, chi era costui? Ormai ha perso il cavalierato di grande imprenditore e sta diventando il vecchio milionario che si sposa almeno una volta ogni due anni. Questo stesso articolo è stato oggetto, negli anni, di diverse riscritture. L’ho scritto per Jerry Hall, nel 2016. L’ho scritto quando stava per pigliarsi Ann Lesley Smith, e lo scrivo anche oggi, volentieri, all’ennesimo matrimonio.
Si consideri respinta prima ancora di essere formulata la prima obiezione: ma quale amore, sono solo signore avide di soldi con un pollo decrepito da spennare! Ma i polli, pur decrepiti, anzi specie se decrepiti, a certi livelli non possono più essere spennati, signori miei: saranno pure mortalmente affamate, questi pretendenti, ma esistono in America i patti prematrimoniali e la discendenza Murdoch non è nata certo ieri. Se papà fa un passo troppo falso, si riuniscono e lo pronunziano interdetto. Il malloppo ereditario non ha da essere depauperato troppo. Ci saranno, per questo matrimonio, mille accordi e postille il cui senso è: per la nuova signora Murdoch non sono previste stellari buonuscite in caso di morte né per separazione, il matrimonio sarà onesto, è perché al de cuius si vuol bene.
Così Rupert Murdoch, 93 anni, sposa Elena Zhukova, una biologa marina adesso in pensione, 67 anni. Ex suocera di Abramovic. Fidanzati da marzo, hanno firmato le carte del “per sempre” in un vigneto di proprietà di lui, a Bel Air, California.
Per Murdoch è il quinto matrimonio, superata dunque Liz Taylor. Prima si contano: sposalizio con l’assistente di volo australiana Patricia Booker (1956), con la scrittrice scozzese Anna Mann (1967), con l’imprenditrice cinese Wendi Deng (1999), con Jerry Hall che non ha bisogno di troppi curriculum (2016). Non conta il quasi-matrimonio con l’ex cappellana della polizia di San Francisco Ann Lesley Smith – prima che i fati o i figli si mettessero contro, non se ne fece nulla, era l’anno scorso.
Un vecchio che si sposa, si diceva. Cos’è quella punta – più di una punta – di diffidenza che ci fa pensare che non sono matrimoni sinceri? Prima di tutto, la definizione.
“Vecchio” è una parola apparentemente mite, in realtà di mestiere fa l’insulto: la prova è che la pensi spesso, più spesso per cattiveria che per ammirazione, ma rare volte la userai nelle occasioni ufficiali. Anziano, più corretto. Fa sentire meno anni al suo bersaglio, la parola anziano. “Giovane” invece – in qualsiasi contesto – resta sempre un bel complimento, anche quando intendi fesso. Giovane è la parola che dici perlopiù a te stesso nel periodo in cui non sei nulla, ma puoi sempre diventare qualcuno. Nell’età adulta il riferimento al te giovane è per rimarcarne la scemità. Gioventù è la lunga processione di potevi dire, potevi andare, potevi fare. Potevi studiare. Non hai fatto niente. Però, che gioventù. Che vigore. Che capelli che avevi.
L’amore – come poi il suo corollario, l’oggettivazione del sentimento nella struttura sociale, il matrimonio – pare sempre una cosa da gente fresca, corpi sodi e scattanti, facce che vengono bene nelle foto.
Vien da chiedersi però se non sia alla maniera di Murdoch l’unico modo sensato di passarla, la vecchiaia. Sì pieno di soldi, ma soprattutto: innamorato ogni due anni. Feste, viaggi, divorzio, altro matrimonio. Esattamente gli errori che non puoi permetterti prima. Faresti troppe vittime.
Questo annoso problema dell’età che avanza e ci manda in rovina non è mai stato davvero risolto. O meglio, ci hanno provato spesso ma solo al contrario: invece di minimizzare quei dieci anni scarsi della vita, la giovinezza, hanno preferito insistere con i premi di consolazione della maturità. L’esperienza. T’illudono che persi i vent’anni cominci una nuova età dell’oro, quella in cui tu hai ragione e tutti gli altri torto – altre guardie, altri ladri, ma discrete soddisfazioni. Non è vero: la promessa di intelligenza per sedimentazione non la mantiene, la vita.
Quand’è vecchiaia conclamata? C’è un modo per allontanarsela che non sia quello stupido invito a sentirsi giovani in spirito? E se uno fossi giovane nei fatti, come Rupert, rischiando di essere ridicolo senza conseguenze? Marguerite Yourcenar scrive nelle “Memorie di Adriano”: è vecchiaia irreparabile appena inizi a dare udienza ai ricordi. Si è vivi sbagliando, come diceva quello. E come sbagliare meglio se non sposarsi a ogni amore nuovo, dicendo sì, sì, lo voglio, tutta la vita. E poi tutta la vita non dura, ’o sole mio non sta più in fronte a te, avanti un’altra.