Numeri e prospettive
Modi vince le elezioni indiane ma la valanga promessa non c'è stata, anzi
ll Bjp, il partito del primo ministro, ha conquistato 240 seggi. Si arriva a 294 contanto anche i quelli ottenuti dagli alleati di governo. Un risultato che permetterà la formazione di un nuovo governo ma che si rivela anche molto al di sotto delle aspettative. L'obiettivo dichiarato era superare i 400 scranni
Il fiore di loto, il simbolo del Bharatiya Janata Party (Bjp), il partito del primo ministro Narendra Modi, esce appassito e malconcio dalle elezioni politiche che si sono appena concluse in India. Il Bjp ha conquistato 240 seggi nella Lok Sabha, il Parlamento di New Delhi. Sommando questi seggi a quelli ottenuti dai partiti alleati, la National Democratic Alliance (Nda) che sosteneva il governo Modi, può oggi contare su 294 seggi nel nuovo Parlamento (ne aveva 353). Questo numero permette alla Nda di superare la maggioranza parlamentare (272 seggi) e può così aspirare alla formazione di un nuovo governo. L’Alleanza “India” dei partiti di opposizione, smentendo clamorosamente tutti gli exit poll di domenica scorsa, conquista 231 seggi di cui 99 di un “risorto” Partito del Congresso.
Straordinari sono stati i risultati ottenuti dall’Alleanza “India” negli stati dell’Uttar Pradesh e del Maharashtra. L’Uttar Pradesh, lo stato più popoloso dell’India con i suoi 240 milioni di abitanti, manda nella Lok Sabha di New Delhi ben 80 parlamentari. Nelle ultime elezioni il Bjp aveva vinto 62 seggi, il Samajwadi Party (Sp) 5 e il Partito del Congresso 1. Quest’anno, grazie all’accordo tra il Samajwadi Party e il Partito del Congresso, l’Alleanza “India” ha ottenuto 42 seggi di cui 36 del solo Samajwadi Party, il vero vincitore di queste elezioni in Uttar Pradesh. Le due circoscrizioni elettorali di Amethi e di Rae Bareli, sempre in Uttar Pradesh, da cui sono stati eletti tutti i membri della famiglia Nehru-Gandhi a partire da Jawaharlal Nehru, quest’anno sono state entrambe vinte dal Partito del Congresso. Rahul Gandhi è stato eletto a Rae Bareli (e anche nella circoscrizione di Wayanad in Kerala). Stesso successo per l’Alleanza “India” nel Maharashtra. In questo stato che manda a New Delhi 48 parlamentari, nelle ultime elezioni l’Nda aveva ottenuto 41 seggi, mentre i partiti che oggi formano “India” sono solo 5. Quest’anno i parlamentari dell’Nda sono scesi a 19 mentre quelli di “India” sono diventati 28.
All’inizio della campagna elettorale, il primo ministro Narendra Modi aveva annunciato in Parlamento che il suo partito, il Bjp, avrebbe conquistato 370 seggi in questa tornata elettorale e, con i seggi dei partiti alleati, la Nda avrebbe ottenuto “più di 400 seggi”. Da qui era nato lo slogan dei militanti del Bjp: Abi baar char sau paar, “Questa volta più di 400”, che ha accompagnato tutte le sei settimane di votazioni. Le cose sono andate diversamente. La Nda non ha raggiunto nemmeno i 300 seggi.
Gli osservatori politici parleranno adesso di “inflazione” e di “disoccupazione” per spiegare la clamorosa perdita di consensi della formazione che sosteneva il primo ministro. Ma c’è un motivo più nascosto. Il Bjp, il partito di Modi, altro non è che il braccio parlamentare del Rashtriya Swayamsevak Sangh (Rss), la potente organizzazione paramilitare hindu di estrema destra. E’ lo Rss, con l’ideologia dell’hindutva, a dettare le linee guida della politica del Bjp. E’ l’Rss a designare il candidato premier del Bjp nelle consultazioni politiche nazionali. Nelle elezioni del 2019, i volontari dello Rss hanno battuto l’intero territorio indiano, casa per casa, per invitare la gente a votare Bjp. Quest’anno invece, i volontari dell’Rss sono rimasti freddi, distaccati, durante l’intera campagna elettorale. Probabilmente lo Rss ha ritenuto che la figura di Modi stesse diventando troppo ingombrante. Durante la cerimonia della consacrazione dell’idolo del dio Rama ad Ayodhya, Modi ha recitato sia il ruolo di leader politico sia quello di sommo sacerdote, relegando in un angolo Mohan Bhagwat, il sarsanghchalak, il leader supremo dello Rss. La cosa non è stata molto gradita. Modi ha adesso 73 anni. Al compimento dei suoi 75 anni, lo Rss potrebbe invitarlo a lasciare il posto di primo ministro a Rajnath Singh, l’attuale ministro della Difesa del governo indiano, un fedelissimo dello Rss.
Ma il terremoto politico provocato dai risultati elettorali indiani potrebbe avere altri sbocchi inaspettati. Alcuni partiti che fanno parte della Nda, come il Telugu Desam Party dell’Andhra Pradesh o il Janata Party (United) del Bihar, preso atto che Narendra Modi fagocita tutti suoi partiti alleati – è successo nello stato dell’Odisha al partito Biju Janata Dal –, potrebbero abbandonare la coalizione guidata dal Bjp e unirsi all’Alleanza “India” permettendole così di formare un nuovo governo. Molte soluzioni sono ancora possibili alla crisi politica che si è aperta in India. L’unica cosa certa è che Narendra Modi è oggi un uomo sconfitto e, forse, politicamente finito.