Il ruolo di Meloni
A Bruxelles ci sono due linee di pensiero sulla strategia europea di Meloni
L'"enigma Giorgia" sta diventando un fardello per Ursula von der Leyen. È la più conservatrice dei moderati o la più pragmatica tra gli estremisti? Neanche il Financial Times è riuscito a trovare una risposta
Le dichiarazioni di Giorgia Meloni sul suo progetto di esportare nell’Ue la maggioranza tutta di destra che guida a Roma e l’ambiguità intrattenuta sul sostegno a Ursula von der Leyen e i rapporti con Marine Le Pen hanno permesso al presidente del Consiglio di assurgere al ruolo di “kingmaker” nella partita sulle nomine che si aprirà dopo le elezioni europee. I riflettori dei grandi giornali internazionali sono puntati su di lei. Assieme a Emmanuel Macron, Olaf Scholz e Donald Tusk, Meloni giocherà un ruolo importante per la nomina del presidente della Commissione. Ma nessuno a Bruxelles e nelle altre capitali ha compreso davvero chi è e cosa farà Meloni. È la più conservatrice dei moderati o la più pragmatica degli estremisti? L’“enigma Giorgia” sta diventando un fardello per von der Leyen, perché ha risvegliato tra socialisti e liberali l’immagine di una leader di estrema destra pronta a distruggere l’Ue dall’interno. Se dopo il voto sceglierà di creare un grande gruppo dei nazionalisti con Le Pen, Meloni potrebbe passare dal ruolo di “kingmaker” a quello di “paria”.
Nell’Ue esistono due scuole di pensiero su Meloni. La prima è quella di von der Leyen, Spitzenkandidat del Ppe per un secondo mandato come presidente della Commissione (e che ha bisogno dei voti di Fratelli d’Italia per la fiducia al Parlamento europeo), quando dice che Meloni è “chiaramente pro-europea e pro Ucraina”. La presidente del Consiglio italiano ha dimostrato di stare alle regole del gioco europeo, è cooperativa ai vertici, negozia e accetta compromessi, fa da ponte per moderare Viktor Orbán. Sul tema esistenziale dell’Ucraina Meloni non ha sgarrato, nonostante le pressioni interne del suo alleato di coalizione filo russo, la Lega. Il pragmatismo in Europa è nel suo stesso interesse, dato che può ottenere molto in cambio, dai fondi del Pnrr agli accordi firmati da von der Leyen con la Tunisia e l’Egitto sui migranti. Convinto che a Meloni interessi più il potere che l’ideologia, l’Economist ha consigliato ai partiti tradizionali di farla entrare nella maggioranza europeista, perché sarebbe il miglior modo di tenere Le Pen e gli altri anti europei ai margini. Diversi leader – compreso il francese Emmanuel Macron – sono convinti che, finite le elezioni, Meloni sosterrà la riconferma di von der Leyen.
La seconda scuola di pensiero è quella che prevaleva prima dell’arrivo di Meloni a Palazzo Chigi e che continua a considerare il suo partito come di estrema destra. Guarda alle radici post fasciste di Fratelli d’Italia e ai legami tessuti con gli altri partiti nazionalisti in Europa. Ricorda le campagne per uscire dall’euro e dall’Ue, l’ammirazione per Donald Trump e per Vladimir Putin, gli attacchi viscerali contro la Commissione o Macron. Legge della riforma costituzionale, dell’occupazione della Rai e degli anti abortisti negli ospedali. La campagna elettorale ha riacceso i vecchi pregiudizi. Meloni ha dato un contributo con il suo intervento all’evento organizzato da Vox a Madrid, dove c’erano altri leader dell’estrema destra, compresa Le Pen. Gli ammiccamenti al Rassemblement national, che si prepara a trionfare con oltre il 30 per cento in Francia, hanno peggiorato le cose. Quando Le Pen ha offerto di unire le forze in un unico grande gruppo, la risposta di Meloni è stata ambigua. “Marine Le Pen, secondo me, sta facendo un percorso interessante”, ha detto la presidente del Consiglio. Nicolas Schmit, lo Spitzenkandidat del Pse, ha fissato una linea rossa a von der Leyen: nessuna cooperazione formale con Meloni e il suo gruppo sovranista Ecr, altrimenti perderà i voti socialisti. Lo stesso hanno fatto i liberali di Renew. Negli altri paesi i dibattiti sulle europee sono diventati scontri su Meloni. In Finlandia il confronto televisivo tra il premier conservatore, Petteri Orpo, e il leader dell’opposizione socialdemocratica, Antti Lidtman, è ruotato attorno all’“enigma Giorgia”.
Il Financial Times con un lungo articolo ieri non è riuscito a risolverlo. “La domanda ora è quale ruolo Meloni deciderà di svolgere dopo le elezioni: la pragmatica desiderosa di unire le forze di destra e di centrodestra, o una rottamatrice estremista che vuole rivoluzionare il sistema”. Secondo Ft, il futuro di von der Leyen potrebbe dipendere dalla pragmatica Meloni, mentre Le Pen spera nella rottamatrice Giorgia. Ma anche il futuro di Meloni ne potrebbe dipendere. Cinque anni fa era Matteo Salvini sotto i riflettori, corteggiato discretamente dal Ppe dopo aver ottenuto il 35 per cento alle elezioni europee. Lui scelse Le Pen. E fu subito paria.