il paese al voto
La candidata in Iran che vuole liberare i manifestanti e fare pace con l'occidente (ma non sarà ammessa)
Alle elezioni del 28 giugno non andrà nessuno se la Guida suprema non apre un poco alla competizione
Per la Guida suprema Ali Khamenei le elezioni del 28 giugno sono un bivio: può continuare a bandire i candidati riformisti e avere come risultato un altro record di astensione, un’altra sconfessione del suo sistema, oppure può fare un’inversione di marcia rispetto alla strategia degli ultimi anni e ammettere qualche candidatura sorprendente e critica, contando su un tasso di affluenza più alto quantomeno perché il risultato non sarebbe scontato in partenza. (Sala segue nell’inserto VI)
La candidatura dirompente è quella della ex deputata Hamideh Zarabadi, che vuole liberare tutti i detenuti politici, che dice ai pasdaran di tornarsene dentro le loro basi militari, che vuole la de-escalation con l’occidente e più libertà per i giornali e i giornalisti iraniani. Lunedì Zarabadi si è presentata sul podio con un mezzo sorriso e un velo colorato blu e giallo e, davanti a una siepe di microfoni delle televisioni e delle radio, ha pronunciato parole inaudite per la politica iraniana recente – quella del presidente morto nello schianto con l’elicottero Raisi e di Khamenei, la più grigia nella storia della Rivoluzione islamica. Le presidenziali vinte dai Raisi nel 2021 sono state le meno partecipate di sempre, tre anni fa erano andati a votare il 48 per cento degli aventi diritto mentre la volta precedente, nel 2017, l’affluenza era stata del 73 per cento, nel 2013 del 76 per cento e nel 2009 dell’85 per cento. Alle ultime elezioni parlamentari, a Teheran si sono presentati alle urne soltanto un quinto dei maggiorenni e la metà di loro ha votato scheda bianca. Se la Guida vuole provare a frenare questo crollo verticale, è probabile che le elezioni di fine mese saranno meno blindate delle ultime. Significa che il Consiglio dei guardiani – la Corte che ha il potere di squalificare i candidati – potrebbe ammettere alcuni aspiranti alla presidenza riformisti con un po’ di seguito, mentre nel 2021 quelli con un profilo simile erano stati tutti esclusi.
Zarabadi, con i suoi hijab troppo colorati, con il suo Phd in Ingegneria meccatronica, con il suo passato di battaglie per una rete meno sorvegliata e meno censurata, che da portavoce delle donne del Majlis, il Parlamento iraniano, spediva lettere all’ex presidente Raisi per ricordargli che “l’articolo 27 della nostra Costituzione sancisce la libertà di parola” e dirgli che quindi lui doveva liberare la cronista del quotidiano Shargh, Marzieh Amiri, condannata a dieci anni di prigione e a 148 frustate, sembra decisamente troppo femmina e troppo audace per sperare di essere ammessa dal Consiglio dei guardiani. Ma due politici famosi, che alle ultime elezioni vinte da Raisi erano stati esclusi, questa volta potrebbero essere autorizzati a correre. Il primo è l’ex presidente del Parlamento Ali Larijani, un riformista che, il giorno in cui si è registrato ufficialmente per candidarsi alla presidenza, ha messo “la diplomazia necessaria a ottenere la revoca delle sanzioni e di conseguenza il progresso economico” tra le priorità assolute del suo eventuale futuro governo. Larijani sa che la crisi economica preoccupa gli iraniani e le proposte per cambiare rotta e provare a risolverla sono potenzialmente capaci di portare molti elettori alle urne. Per Larijani sistemare l’economia significa un rapporto migliore con l’occidente e meno sanzioni, quindi meno centrifughe che arricchiscono l’uranio per il programma nucleare e meno bellicismo. L’altro candidato che mette l’economia in cima al suo programma è l’ex presidente ultra populista, piuttosto anti clericale e molto social Mahmoud Ahmadinejad, che ha ancora un grande sostegno tra gli iraniani più poveri e che la Guida suprema guarda con sospetto. I preferiti di Khamenei sono i due candidati più conservatori e più cupi, l’ex negoziatore dell’accordo sul programma nucleare Saeed Jalili e Vahid Haganian, che lavora da sempre nell’ufficio della Guida ed è sanzionato dagli Stati Uniti. Nessuno dei due, in assenza di un avversario valido, porterebbe folle di iraniani alle urne.
I conservatori inglesi