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L'intervento

Da Putin ad Hamas. Caro Rovelli, ecco i veri criteri per scegliere chi votare

Franco Debenedetti

Il divulgatore scientifico scrive una disamina delle posizioni dei partiti politici italiani sulla riduzione bilanciata delle spese militari, sottolineando che produrre armi è economicamente conveniente senza necessità di guerre: una tesi antistorica

L’aveva già fatto nel gennaio 2023 per la mobilitazione “Natale in tempo di pace” a Verona; poi, nell’aprile 2024 per la traduzione del rapporto “Arming Europe” sugli effetti della spesa militare in Italia e in Europa. Figuriamoci se Carlo Rovelli poteva resistere alla tentazione di scrivere, alla vigilia delle elezioni, una disamina delle posizioni dei partiti politici italiani in merito a quello che è il suo chiodo fisso: una riduzione bilanciata globale delle spese militari, come mezzo di risoluzione dei conflitti e dei massacri in corso.
 

Una tesi che contrasta con i fatti: si guadagna a fabbricare gladii e a produrre scudi, a incurvare archi e a laminare corazze. Non è necessario fare guerre in cui le armi vengano distrutte, ci pensano le tecnologie, inventando nuove armi e corrispondenti mezzi per difendersi, a gonfiare i budget delle aziende militari. Si fabbricano radar per intercettare gli aerei, e si progettano aerei invisibili ai radar; si fabbricano droni con una tecnologia nata per tutt’altri scopi, e con le più sofisticate tecnologie elettroniche si costruiscono batterie di razzi capaci di intercettarli. È molto più conveniente rendere obsolete le armi esistenti con la tecnologia che con una guerra.
 

Una tesi che contrasta con la storia. È bastato constatare che c’è un paese disposto a distruggere due città per evitare che muoiano un milione di suoi soldati invadendo l’isola nemica: e, grazie ai Rosenberg, si sono accumulati numeri insensati di bombe, di silos per nasconderle, di sottomarini per lanciarle; la deterrenza della mad (mutual assured destruction) ci ha dato uno dei più lunghi periodi di pace della storia. I trattati per la riduzione bilaterale si possono scrivere, possono anche portare qualche risultato, finché uno dei contraenti (la Russia di Putin nella fattispecie) non dichiara di considerarsi non più impegnato dal trattato.
 

È per ricostruire l’impero perduto, non per arricchire gli oligarchi, che Putin ha assalito la Cecenia, poi la Georgia, e ora ci sta provando con il boccone grosso dell’Ucraina: ed è per questo che i paesi che si sentono minacciati chiedono di entrare nella Nato, che è un patto di mutua protezione. E non c’è niente che aiuti più la pace della scelta non già di costruire l’esercito più forte del mondo e metterlo in mano a uno, ma di costruire ciascuno il suo esercito e cooperare per rendere questi eserciti complementari tra di loro. Quella di Putin non è solo un’aggressione militare, ma un attacco deliberato ai valori fondanti dell’occidente; è per questo che la loro difesa è scritta nei programmi politici di alcuni  partiti che concorrono alle prossime elezioni. E questo sì che dovrebbe essere un criterio per scegliere chi votare.
 

In medio oriente, è per consolidare il loro potere che i capi politico-religiosi scrivono nelle loro costituzioni l’impegno a distruggere “l’entità sionista”; è per conquistare potere che i capi dei gruppi terroristi, eredi di quelli che hanno rifiutato la soluzione dei due stati quando gli era stata offerta, diffondono nel mondo lo slogan che non ci debbono più essere ebrei from the river to the sea, cioè che proprio non ci debbono più essere. Alcuni partiti sanno che solo eliminando alla radice quell’odio si può far sì che si estendano anche ai palestinesi le condizioni di democrazia e lo sviluppo che Israele ha costruito nei territori che il mondo ha dato a quelli che sono scampati agli orrori del secolo scorso (e di quelli precedenti). E anche questo può essere un criterio per scegliere chi votare.
 

Non farò l’esame che Rovelli, a pochi giorni dal voto, ha fatto ai programmi dei partiti. Credo che sia facile vedere chi, rifuggendo dai facili populismi, ha il coraggio di dire che è necessario difendere, e se del caso difendersi, dagli aggressori e dai terroristi.

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