Olaf Scholz (LaPresse)

I dati

Tra dispersione e populismo, in Germania i moderati cantano vittoria. Male Spd e Verdi

Daniel Mosseri

Cdu e Csu superano complessivamente il 30 per cento. Il partito del cancelliere Scholz si ferma al 14. Gli estremisti di destra di Afd al 16,4; centrano anche il bersaglio i comunisti nazionalisti di Sahra Wagenknecht, l’ex capogruppo della Linke, che arrivano 5,7

Dispersione e populismo. Sono questi i fenomeni più apparenti da una prima analisi dei voti inseriti nell’urna dagli elettori tedeschi. Con 96 eurodeputati, la Germania invia la più nutrita rappresentanza parlamentare in seno al Parlamento di Strasburgo. Poco avvezzi agli eccessi elettorali del partitismo italiano, i tedeschi votano un giorno solo, di solito la domenica, fra le 8 e le 18. E alle 18.01 i canali televisivi cominciano a diffondere le prime proiezioni che vengono pian piano sostituite dai numeri dello spoglio. La prima proiezione non dà speranza né al cancelliere Olaf Scholz né ai suoi socialdemocratici né alla maggioranza semaforo (rosso-verde-gialla) messa in piedi a dicembre 2021. La Spd ha incassato una sonora sventola prendendo, nelle prima proiezione, un misero 14% dei consensi rispetto al già poco commendevole 15,8% delle europee di cinque anni fa.

Pochissimo soprattutto se confrontato con il 25,7% delle legislative del 2021. Lo schiaffone peggiore lo incassano i Verdi, giù al 12,7% dal 20,5% del 2019. I Grünen sembrano stabilizzarsi sul 14,7% preso al Bundestag nel 2021. La formazione ecologista non ammalia più i giovani tedeschi e le contorsioni dei mesi passati sulle pompe di calore, diesel sì diesel no, e la chiusura delle centrali nucleari nel pieno della crisi energetica hanno pesato nel voto. Male vanno anche i Liberali, inchiodati al 5% sul 5,4% del 2019 (ma nel 2021 avevano strappato l’11,4% dei voti). Il fronte moderato canticchia vittoria con il 30,1% (ossia il 23,5% della balena bianca Cdu e il 6,11% dei bavaresi della Csu): un risultato di 0,7 punti al di sopra di quello del 2019 e più forte del 24,2% delle legislative.

 

Ursula von der Leyen, lei stessa targata Cdu, sarà contenta. Ma la soddisfazione per il partito guidato da Friedrich Merz è contenuta: con oltre il 30 per cento dei voti l’Unione Cdu-Csu avrebbe bisogno dell’appoggio di altri due partiti per guidare il governo federale. Vanno bene invece le estreme: AfD passa dall’11 al 16,4% diventando il secondo partito su scala nazionale: un ottimo risultato lontano però dal 20% e oltre promesso nei sondaggi di inizio anno. Centrano invece il bersaglio i comunisti nazionalisti di Sahra Wagenknecht, l’ex capogruppo della Linke, che strappano un solido 5,7% al primo test elettorale. Soffre ovviamente la Linke che si dimezza al 2,8%. Da notare però che destra-destra, sinistra-sinistra e “rosso-bruni” pesati insieme contano per il 24,9% poco meno di socialdemocratici e Verdi messi insieme. Notevole anche la ripartizione dei voti secondo i gruppi d’età: nella Germania che vota alle europee con il proporzionale puro e che ha concesso il voto agli over 16, i Verdi non sono più il partito dei giovani mentre Cdu e Spd sono sempre più il partiti degli over 50 (ma soprattutto dei pensionati). E gli under 34? Gli elettori meno agé si sono buttati in massa su partiti nuovi, ma non sul Bsw rosso bruno. Tra i partiti “storici”, solo AfD ha fatto bene nelle prime due classi di età che altrimenti hanno disperso il voto fra gli “altri”, un gruppo eterogeneo che comprende, in ordine di voto, Volt (2,7%), i Liberi Elettori (2,7), la lista “Die Partei” (1,8), il partito animalista (1,4), gli ecologici-democratici (0,8), la Famiglia (0,6) e i Pirati con lo 0,5%. E se la dispersione non vi sembra abbastanza, un altro pugno di liste mette assieme un altro 4% di voti.



 

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