Un foglio internazionale
Hamas, versione Normale sotto la Torre Eiffel
Un umanesimo in kefiah nel futuro? Che succede quando i nuovi guardiani della repubblica ideale si impadroniscono di una grande école francese
Il 26 maggio 2024, al Collège de France, si è tenuta la cerimonia di consegna dei diplomi agli studenti dell’École normale supérieure, uno degli antichi templi di formazione dell’élite francese – scrivono sul Figaro la docente di Scienze linguistiche all’Università di Paris III-Sorbonne Nouvelle Yana Grinshpun e il professore universitario, linguista, psicoanalista e fondatore dell’École française d’analyse et de thérapies existentielles Georges-Elia Sarfati. In questo contesto, dato che il cortile dell’Ens era stato occupato e ricoperto di rifugi precari da grandi combattenti per la libertà, autoproclamatisi rappresentanti del “popolo palestinese”, ontologicamente oppresso e metafisicamente innocente, la valorosa direzione della scuola ha annunciato a tutti e tutte che, “poiché il dialogo è d’ora in avanti interrotto, cosa di cui ci rammarichiamo molto, il perdurare dell’occupazione pone seri rischi per la sicurezza, e abbiamo deciso di chiudere l’edificio situato al 45 della rue d’Ulm (tranne a quelle e quelli che vi soggiornano) a partire dalle 17.30 di questo giovedì 23 maggio fino alla fine dell’occupazione”.
L’obiettivo era quello di raggiungere una soluzione “pacifica”, che però non è stata raggiunta. Di conseguenza, la direzione dell’Ens, presieduta da Frédéric Worms, ha trasferito la popolazione dei normaliens al Collège de France, dove si è svolta una delle farse più sinistre, ma anche grottesche e discutibili del nostro tempo. Gli attivisti dell’Ens sembrano soprattutto essere stati addestrati a leggere i testi che hanno segnato la storia delle persecuzioni antiebraiche del Ventesimo secolo, a partire dalla creazione di liste di reietti da ostracizzare dalla società. Le presunte élite progressiste, in fondo, non sono forse soltanto un insieme di illustri fascisti, travolti dalla vertigine dell’ignoranza senza saperlo? Insomma, l’incarnazione stessa di un’ideologia. La pubblicazione dei volti e dei nomi dei membri del consiglio scolastico su Instagram, con l’intento di stabilire un legame con Israele, non è purtroppo uno scherzo di cattivo gusto. Sono appelli alla discriminazione, che, come sappiamo, secondo la scala dei pregiudizi di Allport, porta ai pogrom. Oggi si chiama intifada, e basta dare un’occhiata agli account Instagram dei laureati per averne conferma. O farsi una passeggiata nei corridoi della scuola. Certo, all’Ens ci è stato risparmiato lo spettacolo della conversione di massa all’islam, come è avvenuto alla Columbia University nei mesi di marzo e aprile 2024. Il fatto è che in Francia siamo sempre un po’ in ritardo sui tempi. Tuttavia, l’organizzazione di questa farsa, questa volta, è stata curata dalla direzione, definita “irreprensibile”, come si è affrettato ad assicurarci un collega e membro della direzione, spaventato dall’idea di un articolo di opinione sulla stampa del nostro paese. Almeno su un punto siamo d’accordo: non c’è nulla da rimproverare alla direzione dell’Ens, la sua vigliaccheria è impeccabile e la sua complicità con questo spettacolo di decadenza altrettanto. Se siamo scioccati e preoccupati da tutto ciò, è innanzitutto perché questi laureati di alto livello, che giurano fedeltà ad Hamas, sono personale a contratto, potenziali alti funzionari, pagati dallo stato. Innanzitutto, l’ambiente: il piccolo giardino della rue d’Ulm. L’arco del suo portico accoglie chiunque lo attraversi con lo striscione “Palestina libera”, matrice dello slogan “Dal fiume al mare, la Palestina sarà libera”, che significa: il nostro programma è lo sradicamento di Israele. Lungo gli stretti sentieri del giardino francese, le tende erano ovunque a segnare l’occupazione della scuola da parte di militanti dall’aspetto cupo, travestiti da “rifugiati” e “sfollati”.
Davanti a uno di questi banchi, un giovane con la barba corta e il microfono in mano arringa la folla. Sullo sfondo, ci sono diversi ritratti di terroristi del Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina (Fplp) imprigionati in Israele, che inneggiano al loro martirio o chiedono il loro rilascio. I ritratti sono sottolineati da un altro striscione: “La Palestina vincerà”, preferibilmente in bilingue francese/arabo. Poi lo stato d’animo. I seguaci della nuova religione palestinese chiedono “Prima di tutto, una dichiarazione che includa una condanna nei termini più duri possibili del genocidio israeliano contro la popolazione di Gaza, la solidarietà della scuola con il popolo palestinese, un appello per il cessate il fuoco, e un appello per l’urgente riconsiderazione di tutte le partnership dell’Ens e del Psl con le università e le aziende israeliane (...) che sono complici del genocidio e dell’occupazione israeliana (...), etc.”.
Non manca nulla in termini di linguaggio: “genocidio”, “occupazione israeliana”, insomma è la trasposizione degli slogan omicidi del movimento Boycott, Divestment and Sanctions (Bds), nato all’inizio degli anni Duemila per boicottare lo stato di Israele. Non una parola sull’invasione o sul pogrom del 7 ottobre. Il mondo si è capovolto. Siamo ancora sensibili allo stile jihad-friendly dei “tavoli conviviali” in programma: “Pensare alla Palestina come femminista”, “Pensare alla Palestina come LgbtQueer”, “Pensare alla Palestina come ecologista”, “Pensare alla Palestina come antirazzista”. Tuttavia, non siamo sicuri che tra il 2005 e il 2024 Hamas abbia autorizzato la traduzione di “Le Deuxième sexe”, o “Gender Trouble”. Ecco qual è la coerenza etica e l’alto grado di maturità intellettuale dei nuovi guardiani della Repubblica ideale. A Gaza, tra il 2005 e l’attacco del 7 ottobre 2023, ha regnato uno dei peggiori regimi di polizia del Ventunesimo secolo, prima di tutto contro la sua stessa popolazione; a Gaza e in Giudea-Samaria, quasi due milioni di persone hanno vissuto sotto il terrore dei Fratelli musulmani (…).
Infine, la ciliegina sulla torta: “La cerimonia di laurea dell’Ens-Psl”. Davanti a un pubblico tanto compatto quanto docile, in piedi alla destra della tribuna presidenziale, occupata dai principali membri del corpo docente, una dozzina di studenti ha srotolato la bandiera nera, verde, rossa e bianca. Il fatto che i diplomi di questa grande scuola letteraria vengano consegnati in queste condizioni, sotto lo sguardo benevolo di coloro che hanno il compito di preservare il sapere e di garantirne la trasmissione etica, è il segno evidente di un doppio crollo. Dove sono i Bergson, i Durkheim, gli Halbwach, L. Herr, Mauss, Bloch, Sartre e Desanti? All’Ens, un putsch di delinquentelli ha cancellato la memoria degli anziani che hanno fatto grande la Francia. L’umanesimo in kefiah è ora il profilo dei futuri istruttori della gioventù, dei grands commis dello stato?
(Traduzione di Mauro Zanon)