A borgo egnazia

Meloni va al G7 in Puglia sotto steroidi (elettorali)

Giulia Pompili

La premier esce rafforzata dalle europee, ma ha costruito il vertice sulle sue priorità nazionali: immigrazione e Mediterraneo allargato. La Russia fa ironie, ma la Cina guarda con attenzione

Dopodomani, quando si aprirà  la riunione più importante del G7 sotto la presidenza italiana, la presidente del Consiglio Giorgia Meloni sarà la leader più forte tra quelli che arriveranno in Puglia, al vertice di Borgo Egnazia. A livello diplomatico non cambia nulla: la piattaforma del G7, composta dalle sette grandi economie del mondo, è costruita per resistere all’impatto dell’alternanza democratica. E non a caso il comunicato finale della riunione a livello di capi di stato e di governo, quello che dà la linea  del gruppo nell’anno successivo, viene in realtà negoziato per mesi, a livello di sherpa, cioè gli uomini delle istituzioni che lavorano nell’ombra, per mantenere la continuità. Meloni però si presenterà fra gli altri leader con un forte mandato popolare dalla sua.

 

L’ha sottolineato la stessa Meloni ieri mattina, commentando i risultati del voto alle europee: il suo è il governo in carica più forte dell’Ue, un fattore che probabilmente si farà sentire nelle riunioni a margine del G7, nei bilaterali e nelle consultazioni che quasi sicuramente ci saranno con il presidente della Repubblica francese, Emmanuel Macron, che ha deciso di indire elezioni anticipate, e con il cancelliere tedesco Olaf Scholz, il cui partito Spd ha preso meno voti di quello di estrema destra Afd. E poi con Rishi Sunak, il primo ministro inglese che ha costruito un rapporto molto personale con Meloni, che ha indetto elezioni anticipate per il 4 luglio prossimo, e soprattutto con il presidente americano Joe Biden, candidato dei democratici per le elezioni del novembre prossimo i cui risultati sono un’incognita molto presente nelle relazioni internazionali di questi mesi. Dopodomani a Borgo Egnazia – tra il primo ministro canadese Justine Trudeau e l’invitato primo ministro indiano, Narendra Modi, appena uscito da elezioni nazionali con meno consensi della tornata precedente, tra i due i rapporti sono  critici – Meloni accoglierà poi Ursula von der Leyen, presidente della Commissione europea in cerca di nuove alleanze per una riconferma, e secondo diverse indiscrezioni il vertice del G7 sarà  un appuntamento importante per capire come si muoveranno i negoziati sui candidati alla guida della prossima Commissione Ue. 

 


Vista da fuori, Meloni in questo G7 rappresenta la destra moderata, con le idee chiare sull’Ucraina e sulla Russia, ma il suo è un appuntamento ritagliato per lo più  sulle sue priorità da  governo nazionale: l’immigrazione, il Mediterraneo allargato e il Piano Mattei per l’Africa, e si capisce anche da un numero record di paesi invitati al vertice – dalla Mauritania, presidente di turno dell’Unione africana, al Kenya, e poi tra gli altri l’Algeria, la Tunisia (che non avrebbe però ancora confermato la presenza), la Turchia di Erdogan, il Sudafrica. Secondo fonti di Palazzo Chigi, la questione su cui preme di più Washington, quella dell’utilizzo dei beni congelati russi per finanziare la Difesa ucraina, non sarà risolta in settimana per questioni non tanto politiche, piuttosto tecniche, perché non è così facile trasformare certi asset in finanziamenti. Nel documento finale, però, ci sarà una menzione sulle pratiche commerciali  sleali della Cina e sulle forniture di armamenti alla Russia da parte della Corea del nord: forse non a caso, negli stessi giorni del vertice pugliese, è prevista una missione diplomatica del presidente russo Vladimir Putin dal dittatore nordcoreano Kim Jong Un. 

 


Ieri la propaganda russa si faceva beffa dei risultati alle elezioni di Macron e Scholz, ma è soprattutto da Pechino che i risultati delle elezioni, e del prossimo G7, sono guardati con attenzione: Von der Leyen, Macron e Scholz hanno tre modi diversi d’interpretare le relazioni con la Repubblica popolare. Pechino ha fatto molta lobby  a Bruxelles per tentare di attenuare  le indagini, aperte da questa Commissione e ancora pendenti, su diverse pratiche commerciali sleali, prima di tutto sulle auto elettriche. Non solo: sebbene ieri sia stato escluso dai delegati al Parlamento europeo, il frontrunner dell’estrema destra tedesca Maximilian Krah, prima ancora delle polemiche per le sue battute a Repubblica sulle SS, era stato messo sotto osservazione perché il suo braccio destro, Jian Guo, sarebbe un uomo del ministero della Sicurezza di Pechino, cioè l’intelligence cinese. Ieri il tg serale della Cctv cinese non ha fatto menzione delle elezioni europee, ma a dare la linea è stato il solito Chen Weihua, capo dell’ufficio di Bruxelles del China Daily, che ha rilanciato una narrazione piuttosto frequente fra i  populisti/complottisti/autoritari: l’élite politica europea non ascolta il popolo, che vuole l’estrema destra.   

  • Giulia Pompili
  • È nata il 4 luglio. Giornalista del Foglio da più di un decennio, scrive soprattutto di Asia orientale, di Giappone e Coree, di Cina e dei suoi rapporti con il resto del mondo, ma anche di sicurezza, Difesa e politica internazionale. È autrice della newsletter settimanale Katane, la prima in italiano sull’area dell’Indo-Pacifico, e ha scritto tre libri: "Sotto lo stesso cielo. Giappone, Taiwan e Corea, i rivali di Pechino che stanno facendo grande l'Asia", “Al cuore dell’Italia. Come Russia e Cina stanno cercando di conquistare il paese” con Valerio Valentini (entrambi per Mondadori), e “Belli da morire. Il lato oscuro del K-pop” (Rizzoli Lizard). È terzo dan di kendo.