il negoziato

Cosa ha risposto Hamas alla proposta israeliana per la liberazione degli ostaggi

Micol Flammini

Il gruppo ha apportato modifiche sui tempi del cessate il fuoco e chiede il ritiro dei soldati israeliani. La pressione degli Stati Uniti ha costretto i miliaziani a rispondere, ma non è detto che sia il punto d partenza di un negoziato più serio. I tempi, le richieste e i quasi duecento razzi di Hezbollah contro Israele 

Hamas ha risposto alla proposta israeliana per il rilascio degli ostaggi e il cessate il fuoco a Gaza attraverso una dichiarazione congiunta con il Jihad islamico, il gruppo terroristico attivo nella Striscia che ha partecipato all’attacco del 7 ottobre contro Israele e che tiene in prigionia alcuni dei rapiti dai kibbutz assaltati. Il gruppo ha apportato delle modifiche al piano e ha consegnato la sua risposta formale ai mediatori dell’Egitto e del Qatar. Israele non ha rilasciato nessuna dichiarazione ufficiale, secondo un funzionario però la risposta di Hamas cambia molto il piano israeliano e prevede delle modifiche sui tempi per il rilascio degli ostaggi e il cessate il fuoco e il completo ritiro dei soldati anche dal tzir filadelfi, il corrodoio che divide Egitto e la Strscia di Gaza usato, secondo Israele, da Hamas per rifornirsi. 

 

 

Egitto e Qatar hanno trasmesso la risposta di Hamas agli Stati Uniti e hanno detto di essere pronti a continuare i loro sforzi di mediazione per “coordinare i prossimi passi”. La risposta era attesa e inevitabile, gli Stati Uniti hanno deciso di aumentare la pressione sul gruppo della Striscia di Gaza, dopo essersi accorti che mesi di critiche e accuse contro Israele da parte della comunità internazionale non avevano fatto altro che convincere la leadership di Hamas di poter trascinare lo stato ebraico in un pantano di condanne. La pressione internazionale contro Israele è diventata parte della strategia del capo di Hamas Yahya Sinwar, rimasto nella Striscia di Gaza e non incline al compromesso. 

 

L’ultima proposta israeliana, annunciata dal presidente americano Joe Biden a fine maggio aveva ottenuto un grande sostegno sotto la regia degli americani che hanno anche portato il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite ad approvare una mozione per esortare Hamas ad accettare l’accordo. 

Hamas ha apportato delle modifiche alla proposta iniziale, modifiche che Israele ha definito “significative”, saranno i mediatori a stabilire se è possibile ragionare e lavorare su questi emendamenti e se sarà il caso di organizzare un incontro. I tempi si allungano in un contesto in cui i funzionari di Hamas devono portare i loro messaggi alla leadership dentro alla Striscia, in qualche tunnel di Gaza in cui Sinwar continua a nascondersi. 
 

Fino a questo momento, l’eventuale cessate il fuoco a Gaza portava con sé la certezza di una tregua anche tra Israele e Hezbollah, che minaccia lo stato ebraico lungo il confine con il Libano. Questa mattina Hezbollah ha lanciato quasi duecento razzi contro Israele, alcuni hanno raggiunto la parte bassa della Galilea. Ieri l’esercito israeliano ha eliminato Abu Taleb, comandante dell'unità Nasser, un alto capo dei miliziani sciiti finanziati dall’Iran e tanto armati da avere l’arsenale di un esercito. Gli scontri con Hezbollah stanno diventando sempre più pesanti, sessantamila persone sono state evacuate dal nord di Israele per paura degli attacchi e di possibili invasioni.

 

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  • Micol Flammini
  • Micol Flammini è giornalista del Foglio. Scrive di Europa, soprattutto orientale, di Russia, di Israele, di storie, di personaggi, qualche volta di libri, calpestando volentieri il confine tra politica internazionale e letteratura. Ha studiato tra Udine e Cracovia, tra Mosca e Varsavia e si è ritrovata a Roma, un po’ per lavoro, tanto per amore. Nel Foglio cura la rubrica EuPorn, un romanzo a puntate sull'Unione europea, scritto su carta e "a voce". E' autrice del podcast "Diventare Zelensky". In libreria con "La cortina di vetro" (Mondadori)