business diplomatico
Così Seul corteggia l'Asia centrale con la “Via del K-pop”
Il piano coreano è ben instradato e si sostanzia in una formula che fa leva sullo scambio di materie prime con le repubbliche dell'area. In cambio, tecnologia e investimenti in progetti energetici o ambientali
La Cina non ha il monopolio sulla Via della seta, nemmeno a livello di comunicazione. Consapevole della forza del brand “K” – come K-pop e in generale come tutta l’ondata coreana – la Corea del sud ha infatti appena lanciato una sua versione dell’iniziativa, denominata appunto K-Silk road. L’annuncio ufficiale è avvenuto nel corso della visita che il presidente sudcoreano Yoon Suk-yeol sta svolgendo in Asia centrale: una cinque giorni che, dopo la tappa in Turkmenistan, lo vede al momento impegnato in Kazakistan e che poi lo porterà in Uzbekistan. Non è un caso che la regione centroasiatica sia stata scelta come base di lancio per il progetto: lo stesso leader cinese Xi Jinping annunciò al mondo la Belt and Road Initiative durante una visita in Kazakistan. L’area è al centro di mire contrapposte e viene sempre più vista alternativamente come un bacino di influenza (geo)politica e cortile di casa – nel caso della Russia –, un hub logistico – nel caso della Cina – e un forziere di risorse naturali, nel caso della Corea del sud.
Detto che l’attenzione con cui Seul guarda all’Asia centrale non è una novità, nel 2013 l’allora presidente Park Geun-hye si fece promotrice della cosiddetta Eurasia Initiative, l’accelerazione impressa è comunque evidente. La visita in corso è la prima sortita all’estero di Yoon Suk-yeol dal dicembre scorso e dal viaggio ufficiale compiuto nei Paesi Bassi e la prima in assoluto nella regione dall’ottenimento del suo mandato nel maggio 2022. Le discussioni che si stanno svolgendo porteranno, come detto, alla messa a terra della Korea-Central Asia Initiative K-Silk Road, dove l’acronimo Road sta per Resources, Official Development Assistance, Alliance, and Development Cooperation. Uno degli obiettivi è rendere strutturale questo forum di dialogo, come fatto da altri paesi come per esempio l’Italia, prevedendo già un nuovo summit in Corea del sud per il 2025.
Il fatto che il presidente coreano sia accompagnato da una delegazione di rappresentanti di oltre 60 aziende del paese fa capire bene la natura degli incontri. Certo non stanno mancando dichiarazioni di vicinanza politica e intensificazione dei rapporti sul fronte diplomatico, ma è il business ad aver spinto la Corea del sud in direzione dell’Asia centrale. La relazione è già bene instradata e si sostanzia in una formula che prevede lo scambio di tecnologia e materie prime. Inutile dire che Seul fornisce la prima e le repubbliche dell’area le seconde: il flusso è già significativo e riguarda, tra gli altri, materiali e minerali come il cotone, l’alluminio, l’oro, l’uranio, il rame, lo zinco e il ferro. In cambio, come detto, investimenti e tecnologia. In Turkmenistan è stato firmato un accordo quadro di cooperazione tra la società di Stato Turkmengaz e la Hyundai Engineering Co., che prevede lo sviluppo di progetti in ambito energetico e ambientale. Lo stesso avverrà sicuramente in Kazakistan, dove risiedono circa 120 mila cittadini di origine coreana discendenti dei deportati durante l’epoca sovietica, e Uzbekistan, paesi per i quali la Corea del sud rappresenta un bacino di investimenti e know-how di primissimo livello.
Il viaggio del presidente coreano arriva a pochi giorni dal summit che ha riunito quest’ultimo, il premier cinese Li Qiang e il primo ministro giapponese Fumio Kishida, il primo colloquio trilaterale dopo cinque anni, segno di una ritrovata, parziale, distensione. Sulla carta la Cina non si oppone quindi all’attivismo della Corea del sud in Asia Centrale, ma è evidente come da Pechino si guardi con attenzione ai possibili sviluppi. Questo perché Xi Jinping ha fatto della cooperazione con le repubbliche regionali uno dei suoi obiettivi geopolitici più importanti, sia per ribadire agli occhi di Mosca la sempre più capillare capacità di proiezione cinese, sia per una reale necessità logistica. E’ recentissimo, infatti, anche l’annuncio della finalizzazione, dopo decenni di discussioni, dell’accordo per la realizzazione della ferrovia Cina-Kirghizistan-Uzbekistan. Un’opera non così estesa, circa 500 chilometri che, una volta superati i numerosi ostacoli geografici, si snoderanno dalla parte occidentale della Repubblica popolare a quella orientale dell’Uzbekistan. Estensione limitata per un’infrastruttura però fondamentale per garantire la realizzazione di una rotta di collegamento alternativa a quella più settentrionale attraverso il territorio della Russia. I grandi beneficiari del corteggiamento internazionale in corso sono sicuramente i paesi dell’area, oggetto di un attivismo diplomatico che non ha precedenti.
Dalle piazze ai palazzi