Il nodo cinese

Sostegno alla Russia e concorrenza sleale. Il G7 cerca una strada per gestire Pechino

Giulia Pompili

Meloni dovrà affrontare il suo viaggio in Cina, tra una quindicina di giorni, non solo come presidente del Consiglio ma anche nel ruolo di presidente di turno del G7. I piani del business e della diplomazia si sovrappongono, e sull’aiuto di Xi a Mosca c’è qualche riserva

Bari, dalla nostra inviata. Fra tutti i dossier affrontati dalle delegazioni internazionali in questi giorni di G7, ce n’è soprattutto uno con un finale aperto e meno prevedibile ma cruciale per la politica internazionale che verrà. E’ quello che è stato chiamato laicamente   “Indo-Pacifico e Sicurezza Economica”, ma che è di fatto una discussione sui rapporti dei paesi G7 con la Cina. Il portavoce della Casa Bianca John Kirby ha detto martedì che il presidente americano Joe Biden vuole portare sul tavolo dei suoi alleati “il sostegno della Repubblica popolare alla base industriale della Difesa russa”. 

 

Per ora, però, sembra non esserci consenso tra i paesi membri sull’esplicitare l’aiuto cinese alla guerra di Vladimir Putin contro l’Ucraina, e soprattutto fra i tre paesi dell’Ue: a quanto si apprende, dopo l’annuncio dei dazi da parte della Commissione europea sulle auto elettriche cinesi, Roma, Parigi e Londra vorrebbero tenere aperto un canale di dialogo con la leadership di Pechino per tentare una via diplomatica di convincimento della Cina a mollare, almeno per il momento, il Cremlino, in cambio di una risoluzione della questione dei dazi sulle auto elettriche da trovare sul breve periodo. Ufficialmente però, Pechino continua a negare ogni coinvolgimento con la Russia, e i suoi funzionari parlano di “normali rapporti commerciali” e di controlli attenti sulle tecnologie dual use. E così i piani si sovrappongono, quello del business e quello della diplomazia, e la questione delle pratiche commerciali scorrette da parte della Cina si lega indissolubilmente anche al suo sostegno economico – non è ancora chiaro se anche militare, secondo alcune agenzie d’intelligence lo è  – alla guerra di Putin. 

 

E’ un problema cruciale anche per Meloni. Oggi che la Via della seta è diventata uno spirito, che aleggia nei rapporti fra il governo italiano e la leadership cinese – la metafora non è nostra, l’ha detto l’ambasciatore cinese Jia Guide tre giorni fa a Milano, alla presentazione del rapporto annuale della Fondazione Italia-Cina: “I due paesi sostengono lo ‘spirito della Via della seta’ e continuano a rafforzare il dialogo economico e commerciale per promuovere il miglioramento delle relazioni bilaterali” – Meloni dovrà affrontare il suo viaggio a Pechino, tra una quindicina di giorni, non solo come presidente del Consiglio ma anche nel ruolo di presidente di turno del G7, e quindi portare al leader Xi Jinping dei messaggi precisi e collettivi.

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  • Giulia Pompili
  • È nata il 4 luglio. Giornalista del Foglio da più di un decennio, scrive soprattutto di Asia orientale, di Giappone e Coree, di Cina e dei suoi rapporti con il resto del mondo, ma anche di sicurezza, Difesa e politica internazionale. È autrice della newsletter settimanale Katane, la prima in italiano sull’area dell’Indo-Pacifico, e ha scritto tre libri: "Sotto lo stesso cielo. Giappone, Taiwan e Corea, i rivali di Pechino che stanno facendo grande l'Asia", “Al cuore dell’Italia. Come Russia e Cina stanno cercando di conquistare il paese” con Valerio Valentini (entrambi per Mondadori), e “Belli da morire. Il lato oscuro del K-pop” (Rizzoli Lizard). È terzo dan di kendo.