Chi ha tradito l'Armenia, che lascia la Csto

Micol Flammini

Erevan ha detto che non ha più senso rimanere nell'Organizzazione del trattato collettivo, l'alleanza militare che lega gli armeni alla Russia. Cerca di costruire una nuova rete di alleanze, sapendo che è tardi e contando i tradimenti di chi alle sue spalle aiutava l'Azerbaigian 

A oltre trenta chilometri dal confine armeno, sono iniziate le esercitazioni militari congiunte tra l’Azerbaigian e l’Iran, stanno testando e rodando la loro collaborazione e questa  alleanza intimorisce soprattutto gli armeni, ossessionati da una domanda: fino a quando continueremo a esistere? L’Armenia è il luogo dei tradimenti, è stato tradito a più riprese e adesso che cerca di rimettere in piedi alleanze tutte nuove lo fa con la consapevolezza che potrebbe essere tardi. Lunedì, il primo ministro dell’Armenia, Nikol Pashinyan, ha annunciato che intende lasciare la Csto, l’Organizzazione del trattato collettivo, un’alleanza militare che negli ultimi trent’anni ha legato Erevan alla Bielorussia, al Kazakistan, al Kirghizistan, al Tagikistan, sotto l’ombrello della Russia. Lo scopo dell’alleanza è difensivo: se uno dei paesi viene attaccato, gli altri si tengono pronti per intervenire, ma finora la Csto è stata attivata soltanto una volta: in Kazakistan, per sedare le proteste contro il presidente Toqaev e c’era poco da difendersi dai manifestanti disarmati. L’Armenia viene da anni di guerra contro l’Azerbaigian, nella regione del Nagorno Karabakh sa di avere ormai perso, sente di non essere stata mai difesa e mentre Baku tesseva alleanze importanti e si armava fino ai denti, l’Armenia rimaneva in attesa della Csto, delle decisioni russe, mentre Mosca trattava assieme alla Turchia, alleata dell’Azerbaigian, su come far finire la guerra: tutti sono stati accontentati, tranne l’Armenia. Ma Pashinyan ancora non sapeva che i suoi alleati, oltre a non sostenerlo, stavano aiutando Baku: la Bielorussia ha mandato all’Azerbaigian nuove attrezzature per la guerra elettronica e dei droni e difficilmente la Russia non sapeva cosa stesse macchinando il dittatore di Minsk, Aljaksandr Lukashenka. In passato Lukashenka aveva definito il presidente azero Aliev “il nostro uomo”, aveva detto che opporglisi era insensato e Aliev aveva risposto: “Abbiamo più amici nella Csto che in Armenia”. 

Di più su questi argomenti:
  • Micol Flammini
  • Micol Flammini è giornalista del Foglio. Scrive di Europa, soprattutto orientale, di Russia, di Israele, di storie, di personaggi, qualche volta di libri, calpestando volentieri il confine tra politica internazionale e letteratura. Ha studiato tra Udine e Cracovia, tra Mosca e Varsavia e si è ritrovata a Roma, un po’ per lavoro, tanto per amore. Nel Foglio cura la rubrica EuPorn, un romanzo a puntate sull'Unione europea, scritto su carta e "a voce". E' autrice del podcast "Diventare Zelensky". In libreria con "La cortina di vetro" (Mondadori)