Il presidente francese Emmanuel Macron - foto Ansa

L'analisi

In Francia Macron ha mosso tutto. L'azzardo di Ciotti e le possibilità del Rn

Jean-Pierre Darnis

La dissoluzione dell'Assemblea nazionale da parte del presidente francese porterà quasi sicuramente a una vittoria del partito di Marine Le Pen. All'inquilino dell'Eliseo, però, potrebbe tornare utile la spaccatura dei repubblicani: la mossa e l'esclusione di Ciotti, ora i gaullisti potrebbero allearsi con i macroniani

La dissoluzione dell’Assemblea nazionale pronunciata dal presidente Macron domenica sera ha innescato un terremoto. Con le elezioni convocate per il 30 giugno, assistiamo a un’accelerazione delle ricomposizioni politiche. Se prendiamo come base statistica il risultato delle varie circoscrizioni, si prefigura una vittoria netta del Rassemblement national (Rn) che raggiungerebbe la maggioranza assoluta dei seggi, mentre verrebbero eliminate le formazioni presidenziali (Renaissance, Modem, Horizons) o la destra classica del partito Les Républicains. È in gioco la sopravvivenza parlamentare di un partito che nelle ultime legislative, quelle del 2022, era comunque riuscito a far eleggere 62 deputati malgrado l’erosione a opera del campo macronista. In Francia però non conta solo l’aritmetica: con un voto uninominale maggioritario a doppio turno, entrano in gioco sia il peso locale delle personalità, sia la capacità di andare avanti fra il primo e il secondo turno, stipulando alleanze oppure chiedendo la desistenza fra candidati repubblicani, come stanno facendo già molti fra campo presidenziale e sinistra.
 

La mossa dell’(ex?) presidente del partito Les Républicains, Eric Ciotti si inserisce in questo particolare contesto. Ciotti è sempre stato un candidato che picchiava duro sui temi dell’immigrazione e della sicurezza, esprimendo delle convergenze con il Rassemblement National, anche perché eletto a Nizza, un territorio tradizionalmente favorevole al partito dei Le Pen. Ciotti tra l’altro è onnubilato dalla conquista della poltrona di sindaco di Nizza che vorrebbe rubare a Christian Estrosi, un ex dei Républicains passato con Macron. Le elezioni europee hanno illustrato quanto il voto per il Rassemblement national non sia più un semplice voto di protesta antisistema, ma sia anche un voto di adesione, quella di una parte dei francesi che vogliono dare l’opportunità al Rn di governare per provare delle soluzioni in rottura con le pratiche precedenti, quelle di Sarkozy, Hollande e Macron, che suscitano grandi insoddisfazioni. Una parte dell’elettorato dei Républicains si è infatti spostato su Rn a nome del tema della preferenza nazionale. Ma la mossa di Ciotti ha colto di sorpresa l’apparato del partito che ne era rimasto all’oscuro e che per la stragrande maggioranza non ne condivide né i modi né la sostanza. Ed è anche per questo che la quasi totalità della struttura del partito si è ribellata contro l’azione del presidente, che poi è stato escluso dal consiglio di direzione politica. Questa reazione, che Ciotti non si aspettava, ha creato un groviglio politico intorno al partito che ha visto Ciotti chiudere a chiave la sede parigina del movimento e denunciare con carta bollata l’illegalità delle procedure di esclusione. Malgrado il suo isolamento, Ciotti ha continuato a definirsi legittimo presidente del partito, creando di fatto una situazione nella quale non si capisce bene chi potrà avvalersi del nome “Les Républicains” per fare campagna elettorale: i candidati presentati dalla struttura del partito, anti-Ciotti, o i pochi candidati che Ciotti riuscirà a trovare per inserirli nell’alleanza con Rn?
 

Questa crisi sta spingendo i Républicains a fare chiarezza politica. Prima di tutto, e per certi versi a sorpresa, hanno in modo quasi unanime rigettato l’alleanza con Rn in nome della loro identità storica, quel gollismo incarnato da De Gaulle, Pompidou, Chirac e Sarkozy che ha sempre rifiutato qualsiasi compromesso con l’estrema destra. Si tratta di una costante che ha le sue radici nell’intransigenza di De Gaulle con la Francia collaborazionista dopo la Seconda guerra mondiale e che non è mai venuta meno, anche di fronte all’evoluzione in senso moderato di Rn. Ed è paradossale osservare come, mentre l’elettorato sembra permeabile, il partito si alza per riaffermare il suo no pasarán. Si tratta sicuramente di un fallimento per chi, Rn per prima ma anche Eric Zemmour, teorizzava l’unione delle destre. Ed è paradossale costatare come mentre i partiti di sinistra e i macroniani si stanno  attrezzando per non insistere sulla sola questione morale e dare risposte programmatiche alle questioni sociali ed economiche sollevate da Rn, sono i Républicains ad alzare la bandiera del “mai con l’estrema destra”. Si tratta di un gesto non da poco che potrebbe apparire come l’ultima battaglia di una formazione che ha scelto di perire con onore, ma sta anche aprendo la porta ad accordi, o per lo meno desistenze fra il partito macroniano e loro. Da questo punto di vista possiamo osservare come l’ex primo ministro Edouard Philippe, che proviene  dalla stessa famiglia politica, ha iscritto il suo movimento Horizons come forza autonoma nel contesto delle legislative, il che gli permette di avere un dialogo aperto con i Répubblicains senza tirare il ballo la figura di Macron. Se dovesse funzionare questa logica di alleanze e desistenza su un campo repubblicano largo, e se si riuscisse a fare risalire la partecipazione al voto ai livelli di alcuni anni fa, intorno al 60 per cento, allora lo scenario potrebbe cambiare.